Paghe misere, lavoro nero, alloggi di fortuna nelle campagne. È quello che spesso viene raccontato per i migranti economici che, in questo periodo, arrivano nel triangolo fra Campobello-Castelvetrano-Partanna per la raccolta delle olive da mensa. Uno spaccato di sfruttamento che, spesso, ha messo in cattiva luce gli imprenditori agricoli. Da anni l’impegno di Prefettura e sindacati è stato per una campagna massiccia contro lo sfruttamento dei lavoratori e nel sollecitare gli imprenditori agricoli ad accogliere i migranti in luoghi dignitosi e non lasciarli soli nella ricerca di un alloggio dove dormire.

Ma è davvero tutto così nero come viene raccontato? La storia di Mamadou Saidou Diallo è l’espressione più limpida che la buona accoglienza c’è e a farla sono gli stessi imprenditori agricoli. Ventotto anni, originario della Guinea, da 10 anni viene a Campobello di Mazara per raccogliere le olive. Lo incontriamo in un magazzino illuminato dentro il centro abitato dove vive questo periodo insieme ad altre quattro persone, tutte di origini africane: Mamadou, Inghia, Naser e Ismael. Cinque letti con lenzuola e coperte, il bagno con la doccia, un angolo cottura, il tavolo dove mangiare e una zona, con tappeto a terra, dove possono pregare. Tutte cinque sono assunti con regolare contratto di lavoro da un imprenditore agricolo campobellese che gli ha garantito gratuitamente anche l’alloggio e, quando necessario, li accompagna a fare la spesa. E questo micro sistema d’accoglienza è diffuso tra diversi imprenditori agricoli.

Sorride Mamadou, «noi siamo uomini come voi, cosa abbiamo di diverso, il colore della pelle?» racconta. Dal giugno 2011 è in Italia dopo essere arrivato con un barcone di fortuna. «Avevo 14 anni – dice – e dapprima fui portato in una struttura di Barcellona Pozzo di Gotto, poi all’Istituto Antoniano “Cristo Re” di Messina». L’Istituto messinese è diventato la sua seconda “casa”. Mamadou Saidou Diallo, regolare permesso di soggiorno, ha dedicato la sua vita in Italia all’agricoltura. Per cinque mesi vive a Rosarno per la raccolta di mandarini e arance («anche lì l’imprenditore per cui lavoro mi ospita in un appartamento»), poi la raccolta delle patate e, in questo periodo, viene a Campobello di Mazara per la raccolta delle olive. Da 10 anni con lo stesso imprenditore agricolo: «Possiamo dire di essere una famiglia – racconta – qui ci troviamo accolti e trattati bene. Veniamo assunti con un regolare contratto di lavoro, busta paga e nulla ci viene chiesto in cambio».

Se la raccolta delle olive da mensa è possibile farla nel triangolo Campobello-Castelvetrano-Partanna è grazie all’impiego dei migranti economici. Lo sanno bene gli imprenditori agricoli. E lo sa pure chi, come Mamadou, gira le zone di produzione agricole del sud Italia per cercare lavoro e spedire i soldi alla sua famiglia in Guinea. In questo tempo di raccolta delle olive sono strade che si incontrano nel bisogno reciproco quelle tra imprenditori agricoli siciliani e migranti economici del continente africano. Storie di uomini sul filo di un’umanità che non va mai calpestata. Come la storia di Mamadou.

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