[di Max Firreri] Chissà come doveva essere l’antica città di Selinunte nel suo punto di massimo splendore dei circa 240 anni di vita. Un dato certo è quello che la popolazione dei selinuntini arrivò sino a 100.000 abitanti. Chi da più di cinquant’anni scava, angolo dopo angolo, il Parco archeologico più grande d’Europa, l’ha sempre immaginata come una polis così grande da essere autonoma, organizzata e in una posizione strategica nel Mediterraneo.

In questi decenni si è scavato tanto, dapprima nell’area dei templi, poi sull’Acropoli, nella zona dei Santuari, nell’area del Modione lì dove c’era il porto commerciale ma anche nell’area nord, quella che doveva essere adibita alla zona di produzione di ceramiche e artigianato. Le ricerche in questi anni non si sono fermate grazie, soprattutto, agli interventi di istituzioni straniere, delle università, in alcuni casi, anche sostenute da finanziatori privati (come nel caso della New York University”.

A settembre nella magnifica Selinunte si tornerà a scavare. E stavolta tocca all’Istituto archeologico germanico di Roma che studierà l’Agorà arcaica e il santuario punico, per delineare un esaustivo quadro sul settore esterno all’Acropoli di età punica. Ma tornerà anche l’università di Camerino coi geomorfologi che stanno ricostruendo, progressivamente, in un 3D informatizzato, la situazione paleo ambientale di Selinunte, cioè com’era il paesaggio durante la principale colonizzazione storica, quando, circa 2700 anni fa, i greci di Megara Iblea approdarono nell’estremo confine occidentale dell’isola.

L’obiettivo dell’Università di Camerino – che da qualche anno ha avviato le ricerche su Selinunte – mira ad approfondire, con tecniche d’avanguardia, lo stato conoscitivo dello scenario storico e ambientale del territorio, anche mediante l’esecuzione di una serie mirata di sondaggi geognostici, strategicamente ubicati nell’area del Parco e fondamentali alla taratura geoarcheologica, stratigrafica, cronologica e paleo ambientale del sito. «A settembre – spiega Gilimberto Pambianchi dell’università di Camerino – saranno effettuate le perforazioni verticali del diametro di circa 10 centimetri, anche profonde fino a 40 metri che attraverseranno tutta la successione storica e litostratigrafica delle formazioni rocciose presenti nel sottosuolo della polis di Selinunte. Le carote dei litotipi estratti verranno litostratigraficamente descritte, quindi messe a disposizione dei ricercatori archeologi, antropologi, fisici, geologi, botanici, storici, climatologi ed esperti di storia dell’alimentazione».

Il primo sondaggio è posizionato nell’Acropoli, in prossimità del tempio C. Proprio su questo foro verrà eseguita una prova sismica «down hole», indispensabile per la caratterizzazione sismica del promontorio orientale. «Quest’anno il bilancio delle ricerche è alquanto positivo – ha spiegato il direttore del Parco, Enrico Caruso – basti pensare alle ricerche archeologiche fatte dall’Università di New York e dall’Università Statale di Milano che hanno dato risultati straordinari e a volte insperati. Ora riprenderanno anche le ricerche sulla geomorfologia che hanno già delineato un quadro sulla Selinunte dei primordi. Ricerche che, congiunte con i saggi geologici esplorativi e con le letture geo-elettriche del territorio, condotte in sinergia con l’università di Camerino, lasciano ben sperare in uno scenario sicuramente innovativo rispetto alle conoscenze messe a punto in tanti anni di studi».

Su Selinunte sono puntati i riflettori dell’archeologia internazionale: «Questo è uno dei luoghi più interessanti di tutto il Mediterraneo – ha detto il direttore Caruso – da studi e scavi fatti qui si possono avere risposte straordinarie e uniche».

di Max Firreri
per Giornale di Sicilia

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