Pochi medici e nodo sicurezza. I due elementi sono quelli che stanno mettendo in crisi le aree d’emergenza degli ospedali italiani e, quindi, anche della provincia di Trapani. Qualche settimana addietro presso il pronto soccorso dell’ospedale di Castelvetrano si è registrata l’ennesima aggressione. Stavolta a farne le spese è stato un operatore socio sanitario colpito al viso, mentre una dottoressa è stata aggredita verbalmente. Situazione critica aggravata dall’attuale ridimensionamento dei locali dovuti a lavori d’ammodernamento che si stanno prolungando più del dovuto. Un nuovo accesso al pronto soccorso, parenti che stazionano davanti l’ingresso del complesso operatorio che, furbamente, raggiungono dall’ingresso principale dell’ospedale, visto che l’accesso provvisorio all’area d’emergenza è presidiato dalla guardia giurata. C’è, dunque, una questione sicurezza ma anche quella legata ai pochi medici. Situazione che conosce bene Alberto Allotta, medico e sindacalista della Funzione pubblica della Cgil: «Lavoriamo con condizioni di lavoro troppo sotto stress – ammette – in tutta la provincia c’è un organico per le aree d’emergenza ridotto di almeno il 50% e gli standard indicati dalle società scientifiche non vengono rispettati». Per garantire i turni in supporto lavorano anche i medici di altri reparti. «Riscontriamo da un lato l’utenza che ha sempre più difficoltà nell’accesso all’assistenza sanitaria territoriale – dice Allotta – e, quindi, in ospedale arrivano tutti i pazienti, quando dovrebbero accedere solo gli acuti. Dall’altro lato, invece, c’è la carenza di medici che mette a rischio la qualità del lavoro».
Tra le ragioni della difficoltà nel reclutare medici di pronto soccorso c’è il rischio legale a cui sono sottoposti, «ma c’è anche il fatto che i piccoli ospedali sono poco attrattivi – spiega il medico Allotta – bisogna creare l’humus per buone condizioni di lavoro». Un’ultima curiosità. Sul fronte sicurezza l’Anaao, il principale sindacato degli ospedalieri, ha fatto un sondaggio tra i camici bianchi in Italia. L’81% ha subito aggressioni; di queste il 23% sono state di tipo fisico e il 77% verbale. Inoltre il 69% non denuncia. Le aggressioni sono state compiute dal paziente solo nella metà dei casi (51,3%), altre volte sono stati i suoi parenti o accompagnatori.
AUTORE. Max Firreri