Vito Turano, padre dell’attuale presidente della Provincia di Trapani Mimmo Turano, è stato raggiunto lunedì scorso da un avviso di garanzia e da una perquisizione domiciliare.
L’uomo politico, per anni sindaco democristiano di Alcamo, è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Già anni addietro era finito sotto inchiesta dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti che avevano parlato dei suoi rapporti con le cosche, ma la sua posizione era stata archiviata. Al momento gli inquirenti, a causa delle indagini ancora in corso, non entrano nel merito delle accuse, anche se collocano la sua figura all’interno di una brutta storia di mafia, politica e imprenditoria, con un unico denominatore comune: il cemento.
Sono gli stessi inquirenti, insieme al procuratore generale della Repubblica di Palermo, Francesco Messineo a descrivere, in una conferenza stampa a Palermo, gli sviluppi dell’inquietante vicenda.
La Medi Cementi è un’impresa alcamese che fornisce calcestruzzo per lavori sia pubblici che privati, dove si sono succeduti diversi amministratori, tutti sconosciuti prestanome che non hanno mai varcato la soglia dei cancelli. In realtà il vero titolare e amministratore dell’azienda era Diego Melodia, reggente della famiglia mafiosa di Alcamo.
A curare l’altalena dei prestanome per conto dei Melodia era l’avvocatessa Francesca Adamo. “Se vi servono teste di legno, non c’è problema. Io sono qua, ho le persone giuste” dice l’avvocatessa in un’intercettazione delle forze dell’ordine.
Da lunedì scorso la società è sotto sequestro preventivo con quote societarie, beni mobili e immobili per più di un milione di euro.
Le forniture di calcestruzzo venivano di fatto imposte agli imprenditori edili, con minacce, incendi e danneggiamenti, non prima di avere fatto tabula rasa delle altre imprese operanti nel settore, sempre con le stesse intimidazioni e attraverso degli incontri con la criminalità organizzata di Partinico per chiarire una volta per tutte che le aziende del palermitano avrebbero dovuto operare solo nella loro provincia e che non sarebbero state più tollerate interferenze nella città di Alcamo. Infatti per un bel po’ di tempo in città si vedevano solo i camion della Medi Cementi. D’altra parte sembra che la famiglia Melodia fosse la referente del mandamento di Alcamo nel confronti della famiglia Lo Piccolo di Palermo.
A mettere in allarme le forze dell’ordine pare sia stata una serie di reiterate minacce e danneggiamenti nei confronti di un piccolo imprenditore che si riforniva alla Italcementi di Borgetto, risultata anch’essa oggetto di intimidazioni.
A Complicare le cose ci si mette anche un incidente sul lavoro accaduto ad un operaio in nero della stessa Medi Cementi. Al pronto soccorso dell’ospedale di Alcamo, l’operaio dice di essersi fatto male sul posto di lavoro e viene compilato il relativo certificato.
Il boss Melodia si rende subito conto che un fatto del genere potrebbe portare alla chiusura dell’impresa e per salvare la società si rivolge a Pietro Pellerito, sindacalista della Fials, consigliere provinciale dell’Udc e infermiere al pronto soccorso dell’ospedale di Alcamo. Il Pellerito contatta il medico Arcangelo Calandra e il certificato originario sparisce, sia nella sua forma cartacea che dalla memoria dei computer. Al suo posto ne spunta un altro che parla di incidente stradale. Per i due però è scattato il divieto di dimora nella città di Alcamo.
Emerge prepotentemente una Sicilia corrosa da stagnanti intrecci tra politica, imprenditoria e mafia. Una mafia purtroppo ancora lontana dall’essere davvero debellata.
Egidio Morici
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