Non eroi ma uomini normali, perché, in fondo, per raccontare la legalità servono le esperienze testimoniali vere di chi ha scelto la via pulita piuttosto che quella infangata. Lo aveva capito bene Luca Crescente, il giudice di Castelvetrano, che scelse di studiare Giurisprudenza e poi di entrare in Magistratura. Diretto come un treno verso una vita con la toga per affermare la legalità e combattere il malaffare. La morte improvvisa a soli 39 anni nell’agosto 2003, mentre si trovava in vacanza con la famiglia in Trentino, ha spento la vita e i sogni di Luca Crescente.

Chi era questo giudice dallo sguardo acuto verrà raccontato domani mattina dalla moglie Milena Marino ai bambini del 2° Circolo didattico “Giuseppe Di Matteo” di Castelvetrano. L’ultimo progetto legalità nelle scuole superiori della città per ricordare Crescente risale a più di dieci anni addietro. Poi nelle scuole di Castelvetrano la figura di questo giudice è passata sottotono. Domani i bambini che non l’hanno conosciuto lo scopriranno attraverso le parole della moglie: «Lo racconterò con semplicità e normalità – anticipa Milena Marino a CastelvetranoSelinunte.it – del resto Luca era un uomo normale che svolgeva il suo dovere nel ruolo professionale che occupava».

Giudice, ma prima ancora marito e padre. «Lo conobbi da giovane studentessa di Giurisprudenza – racconta la Marino – ricordo che il primo incontro avvenne in biblioteca dove lui studiava già da laureato per prepararsi al concorso in Magistratura. In lui riconobbi una forte tensione morale, l’assoluta ricerca del giusto. Ci fu subito intesa e affinità. Da lì iniziò la nostra storia d’amore poi culminata nel matrimonio e nella famiglia con i nostri figli Marco e Gabriele».

Nonostante vivesse a Palermo con Castelvetrano Luca Crescente non perse mai il legame. C’erano i genitori ma anche i compagni di una volta e il mare di Selinunte. «Tornavamo spesso – ricorda ancora la moglie Milena Marino – amavamo andare al mare, bei ricordi». «Lo conobbi quando avevamo 10 anni – ricorda l’amico Antonio Putrone – frequentammo insieme la scuola media e da lì nacque un’amicizia che durò sino alla sua morte. Con Luca abbiamo condiviso percorsi di solidarietà e associazionismo».

L’esperienza presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo dai tempi del procuratore Giancarlo Caselli cambiò la vita del magistrato. «Quel momento segnò uno spartiacque tra la vita libera e quella sotto tutela – dice la moglie – Luca che si occupava di mafia era a rischio sicurezza e quindi iniziammo a vivere con la scorta, un momento della nostra vita fatto anche di rinunce».

Le inchieste sulla mafia dell’Agrigentino e quell’ultimo atto prima di morire: la richiesta di arresto per 8 dei 44 poi condannati per il sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, e tra questi anche Matteo Messina Denaro. Ironia della sorte, proprio domani a Castelvetrano in una scuola intitolata a Di Matteo e a pochi passi dalla casa dei Messina Denaro si parlerà di Luca Crescente. «Ho chiara la consapevolezza della forza della memoria – dice Milena Marino – parliamoci chiaro, la memoria dipende da chi rimane, non soltanto da chi non c’è più. Oggi farla rivivere è un dovere, un impegno per raccontare la storia che ci consentirà di costruire nuove generazioni».

  

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