MadoniaIl 19 gennaio scorso, il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha considerato gli arresti dei Madonia a Caltanissetta come il miglior regalo di compleanno per Paolo Borsellino.

Quasi nello stesso momento però, a Palermo si stava processando Mario Mori, il generale dei Carabinieri che ha catturato Riina, perché pare fosse stato affidato proprio a lui il compito di trattare con la mafia durante il periodo delle bombe dal ‘92 al ’93.

Dell’esistenza di questa trattativa tra mafia e Stato ormai vi sono davvero pochi dubbi. E se il giudice Falcone è stato ucciso per impedirgli di continuare a fare il suo dovere, Borsellino è stato eliminato perché era diventato l’ostacolo principale alla trattativa. Non ci si poteva certo aspettare che il migliore amico di Falcone avrebbe potuto accettare di venire a patti con la mafia.

Nel ’93, non si sa ancora per quale motivo, il covo di Riina non fu perquisito. Almeno dal R.O.S. dei Carabinieri, perché a far sparire tante cosette interessanti ci hanno pensato subito gli amici mafiosi del latitante appena arrestato. Chissà se tra queste cosette interessanti c’erano elementi per risalire alla cosiddetta trattativa?
Nel ’95 invece, l’entusiasta colonnello Riccio che diceva: “Sto per incontrare Provenzano, venitemi dietro che vi faccio catturare Provenzano!, si sentiva rispondere da Mario Mori di non catturarlo, ma di far pedinare il confidente a distanza per poi intervenire quando “saranno tutti pronti”. Come sappiamo, Provenzano è stato catturato undici anni dopo.
Inoltre era sempre il generale Mori ad ordinare al colonnello Riccio di omettere nei rapporti investigativi i nomi dei politici fatti da Ilardo, ucciso prima che potesse diventare collaboratore di giustizia. Tra questi c’era anche quello di Dell’Utri.

Insomma, di elementi per dubitare della compattezza dello Stato nella lotta alla mafia ce ne sono più di uno e a questo punto appare molto verosimile che in quegli anni, mentre la tv passava le classiche declamazioni retoriche del tipo “non abbasseremo la guardia!” o “risponderemo con durezza”, dietro le quinte lo Stato si muoveva per trattare con i mafiosi. Cosa che forse ha sempre fatto e chissà fino a quando continuerà a fare, visto che, come ha detto Lunardi “con la mafia bisogna convivere”.

Curiosamente, ciò che scandalizza i personaggi politici, da destra a sinistra è che Piddu Madonia desse ordini ai propri affiliati pur trovandosi in regime di carcere duro (il 41 bis). Per carità, è una cosa che di certo non rallegra nessuno. Ciò che pare invece non destare alcuna indignazione è che nella stessa operazione sia coinvolto Giuseppe Federico, esponente dell’MPA e presidente della Provincia di Caltanissetta. Il “compare” Gaetano Palermo, gioielliere di Gela, gli procurava voti attraverso i contatti con il clan Madonia, andava a Riesi a fare la spesa per suo conto, spendendo 50 euro a voto e, insieme al futuro presidente, promettevano posti di dirigente in cambio di voti, all’ospedale S. Elia di Caltanissetta.
Oggi il fido compare Palermo è agli arresti, mentre il presidente Giuseppe Federico è libero.
Un meccanismo che ricorda vagamente il rapporto tra Previti e Berlusconi per la Mondadori.

Certo, bisogna aspettare che la giustizia faccia il suo corso. Ma non è detto che in politica i comportamenti poco puliti o inopportuni siano soltanto quelli penalmente rilevanti.
Saranno anche rimasti in pochi, ma ci sono ancora elettori che pretendono una certa moralità dai loro candidati e possono anche rattristarsi di fronte al contenuto di questa intercettazione, relativa alla raccomandazione per un dirigente.
Palermo: “A questo qua non ce lo dobbiamo fare scappare anche perché u signorinu si è sistemato a vita, grazie a te Pè”
Federico: “Iddri se vogliono babbiare, babbianu. A me non interessa fare campagna elettorale al SantìElia; al suo paese iddru si può tuculiari o no?”
Palermo: “Eh certo che si può tuculiari, che fa babbiamu?”
Federico: “Minchia, si può chiamare i suoi parenti e ci fa pigliare trenta, quaranta voti. A chi ha nel paese?”
Palermo: “quello ha una famiglia grossa, i voti della famiglia c’è li deve dare!”.

È sicuro il ministro Alfano che gli arresti dei Madonia siano stati “il miglior regalo di compleanno per Paolo Borsellino”?
Non sarebbe stato meglio, a suo tempo, evitare di sacrificarlo sull’altare della trattativa tra Stato e mafia ed occuparsi un pò di più degli intrecci tra mafia e politica? Chissà cosa direbbe il giudice Borsellino di fronte ad un ministro della Giustizia che fa il duro con i magistrati, lasciando che i politici rimangano impuniti, nel loro oscuro mondo di nomine, poltrone, scambio di voti e immunità.

Egidio Morici
www.500firme.it

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