Nell’Ottocento Trapanese, in settant’anni di storia censita, di 261 condanne alla pena capitale, 24 furono eseguite con la ghigliottina. E i primi a finire sotto la lama della nuova “macchina” in provincia di Trapani furono due castelvetranesi: Rosario Nanfria e Gaspare Spanò, accusati di avere ucciso Matteo Russo. Ottobre 1821: Russo è un confinante col fondo agricolo dei “fratelli cognati” e per dissidi di vicinato (sospettano che li derubasse di oggetti e frutti dei loro campi) lo uccidono in piena notte mentre Russo dorme. I primi interrogatori li fa il Giudice Regio di Castelvetrano. Quell’omicidio costerà caro a Nanfria e Spanò: l’11 dicembre 1821 la Gran Corte Criminale li condanna alla pena di morte. Rosario Nanfria e Gaspare Spanò vengono decapitati il 28 maggio 1822, il primo alle 13 circa, il secondo alle 13,30.

La ghigliottina di Trapani

La ghigliottina oggi custodita al Museo Pepoli di Trapani è l’unica in Italia rimasta intatta e montata in ogni sua parte. È iniziato da questo strumento inserito nel percorso museale, il lavoro dello storico Salvatore Mugno – che ha dato alle stampe il libro Decollati (Navarra editore) – raccontando della ghigliottina ma, soprattutto, di chi è stato giustiziato, quando ancora vigeva la pena di morte. La storia dei castelvetranesi Nanfria e Spanò è la prima che viene raccontata nel testo. «Ho fatto ricerche in giro per l’Italia e ho trovato i resti di un’altra ghigliottina al Museo criminologo di Roma (al momento chiuso) e ho visto le foto di reperti sparsi di un’altra macchina della morte in un magazzino comunale a Caltanissetta» dice Mugno. Quella di Trapani è l’unica montata e integra: completa del palco, tutta dipinta di un color ruggine, o sangue rappreso, chissà, le scale, la lama orizzontale, il cesto di ferro su cui rotolava la testa mozzata, e sotto il cavalletto con la cassa dove veniva riposto il corpo della vittima.

Ai due castelvetranesi la primizia della nuova “macchina”

Secondo le ricerche condotte dallo storico Salvatore Mugno, ai due castelvetranesi Rosario Nanfria e Gaspare Spanò venne stata riservata la primizia della nuova “macchina”; cioè furono loro i primi a essere decapitati con la ghigliottina appena arrivata a Trapani. In Sicilia la macchina di morte si inaugura il 29 aprile 1822 a Palermo. I due vengono giustiziati a Trapani il 28 maggio, cioè qualche settimana dopo.

Strumento di morte nelle piazze

In Sicilia la ghigliottina, oggi conservata al Museo Pepoli, funzionò dal 1822 fino al 1864. Venne utilizzata non soltanto a Trapani ma anche su altre piazze: nel 1829 i “carbonari” Nicolò Saulle e Michele Zurlo vennero giustiziati a Favignana, “nel piano dietro al Forte di San Giacomo”. Un’altra duplice decapitazione fu eseguita a Mazara del Vallo, nel 1852, “[…] fuori le mura di Porta Mokharta vicino la chiesa campestre San Francesco di Paola”. Ma anche a Marsala, “nel largo delle terre di Porticella oggi Porta di Trapani”, con la decollazione di Vincenzo Barraco, nell’ottobre del 1852.

Quasi un secolo di storia

Il libro “Decollati” di Salvatore Mugno è il risultato di un lavoro certosino di ricerca fatto dallo storico Salvatore Mugno in 4 anni: ha iniziato dalla ghigliottina del Museo Pepoli per indagare su uno spaccato di storia lungo quasi un secolo. A differenza della Francia dove ai tempi di Napoleone i decapitati furono anche ricchi e nobili, in Sicilia sono stati, invece, muratori, calzolai, panettieri, barbieri, carbonai, sarti, accusati di delitti che riguardavano le donne, le ruberie, i brigenti ma anche, nel caso dei carbonari, l’odio politico. «Ma erano pur sempre il sesso e il denaro a spingere al delitto» spiega Mugno. E la ghigliottina, introdotta da Gioacchino Murat nel Regno di Napoli, su sentenze della Corte, per decenni pose fine alla vita degli uomini che si resero responsabili di atti criminali e non solo.

di Max Firreri

pubblicato in data 17 Maggio 2020

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