Chiamato con diversi appellativi di origine dialettale, il biacco nero (Hierophis viridiflavus carbonarius) è una specie di serpente che vive sul territorio di Castelvetrano (e non solo), da sempre demonizzata dalle credenze popolari più o meno fantasiose riguardo la sua presunta pericolosità.

«Il biacco nero non è assolutamente una specie di serpente pericolosa né particolarmente aggressiva – spiega l’erpetologo Francesco Paolo Faraone – solamente se trattenuto tra le mani o messo alle strette, il biacco tende a difendersi e può mordere, ma il suo morso è totalmente innocuo per l’uomo». Spesso è possibile notare la sua presenza a bordo delle strade di campagna e date le sue dimensioni, che da adulto possono raggiungere anche il metro e mezzo, e il suo colore scuro, incute timore negli occhi di chi se lo ritrova casualmente a pochi metri di distanza. Il biacco, infatti, è un serpente noto per la sua adattabilità a tanti tipi di ambiente in quanto specie “euriecia”, cioè si può trovare ovunque, benché prediliga le aree fuori dai centri abitati.

«Questo serpente – spiega ancora Faraone – si può incontrare durante tutto l’anno lungo le aree costiere, anche durante belle giornate invernali, ma i periodi di maggiore osservabilità vanno dalla primavera all’ autunno. In estate, invece, la sua attività è leggermente minore poiché l’animale tende a evitare di spostarsi durante le ore centrali della giornata in quanto, essendo ectotermo (cioè a sangue freddo), la sua temperatura interna dipende da quella dell’ambiente circostante e durante le giornate estive si potrebbe surriscaldare eccessivamente».

Il biacco nero si nutre principalmente di lucertole e piccoli mammiferi e «ha un ruolo importante in natura perché contribuisce al controllo di specie che hanno un rapporto conflittuale con l’uomo come topi e ratti», spiega ancora Faraone.

Attorno al biacco si sono costruite decine di miti, leggende e false credenze. Una tra le più conosciute è quella riguardo il divieto di esclamare le parole “lu monacu e la monaca” quando si vedono due esemplari di biacco intrecciati tra di loro; questo perché, se queste parole vengono pronunciate a una vicinanza prossima agli animali, questi diventano aggressivi verso l’uomo tanto da poterlo rincorrere nonostante questo si dia alla fuga.

«Questi intrecci, che vengono generalmente ritenuti un rituale di accoppiamento tra il maschio e la femmina, sono molto più spesso delle lotte fra maschi e non vi sono alcune evidenze scientifiche che indichino reazioni ostili degli animali quando viene interrotto questo comportamento», spiega ancora Faraone. «Ciò che va detto è che non vanno  mai disturbate queste interazioni, non tanto perché sia pericoloso farlo ma perché si interferisce con dinamiche naturali importanti e il disturbarli significherebbe solo interrompere queste interazioni sociali».

Un’altra credenza legata a questi serpenti di campagna riguarda l’antica leggenda del serpente “succhia latte” anche se questa riguarda principalmente un’altra specie, il saettone occhirossi (Zamenis lineatus), anch’esso presente nel territorio castelvetranese. In alcune zone della Sicilia, infatti, il saettone viene chiamato, non a caso, “mpasturavacchi” ma, come dice Faraone, «è impensabile che questa specie sia in grado si immobilizzare con le spire le zampe di vacche e altro bestiame per succhiarne il latte dalle mammelle, è qualcosa di assolutamente irragionevole. Un serpente che di solito non supera i 300 grammi – continua Faraone – non potrebbe bloccare un mammifero di oltre 700 kg».

Ma allora, da dove trae origine la leggenda? «Questa nasce dall’abitudine di vedere questi serpenti frequentare stalle e ovili; e il motivo risiede nel fatto che in queste si trovano sia abbondanti prede, cioè i topi, e sia dei luoghi caldi e umidi negli ammassi di letame o fieno, che possono essere utilizzati per il letargo e per deporre le uova», spiega ancora Faraone. Infine una curiosità: «Questi serpenti oltre a non avere una bocca sufficientemente adatta alla suzione, non sono in grado di digerire il latte…».

Biacco-Hierophis-viridiflavus-foto-F.-Paolo-Faraone

Giovane biacco che preda lucertola campestre (Podarcis siculus) – Foto Michele Milazzo

Giovane biacco che preda lucertola campestre (Podarcis siculus) – Foto Michele Milazzo

Saettone-occhirossi-Zamenis-lineatus-foto-F.-Paolo-Faraone

Articolo originale pubblicato il 4 luglio 2020

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