«Oggi ho tentato di rianimare un bambino di 8 anni con una sospetta encefalite, l’ho fatto per 40 minuti col pallone ambu ma, alla fine, è morto…». Quando Marco Sutera, 31 anni, parla al telefono è molto provato da ciò che gli è successo nell’ospedale pediatrico di Bangui, la capitale della Repubblica centroafricana. Nella struttura sanitaria, grazie all’Ong “Medici con l’Africa Cuamm”, il giovane di Gibellina sta svolgendo sei mesi di attività medica inserita nel suo percorso di specializzazione in Pediatria presso l’Università di Trieste. Un’esperienza iniziata tre settimane addietro: «È stata la testimonianza degli operatori del Cuamm all’Università a convincermi a fare questa missione – racconta Marco Sutera – anche se, già prima di iniziare a studiare Medicina, aveva questo sogno nel cassetto». Il percorso di studi a Trieste e quel chiodo fisso in testa di Marco di voler dare qualcosa a quelle terre che per lungo tempo l’Europa ha colonizzato. «Il mio sì alla missione è stato deciso – racconta il giovane medico – e così ci siamo preparati frequentando un corso di medicina infettiva e tropicale, per poi essere sottoposti a una valutazione».

Da 80 anni l’Ong “Medici con l’Africa Cuamm” lavora nel continente africano. Marco Sutera, insieme a una sua collega specializzanda in Pediatria, ha iniziato l’esperienza presso il “Complexe Hospitalier Universitaire Pédiatrique” di Bangui, 300 posti letto dedicati solamente ai bambini, un punto di riferimento per l’intera Regione. «Qui facciamo i conti con almeno 100 accessi al giorno – racconta Marco Sutera – tutti codici rossi e gialli. Qui c’è tanta malaria, arrivano bambini in coma che non sempre riusciamo a salvare». Il giovane specializzando in tre settimane ha visto morire 8 bambini: «Ti resta l’amaro in bocca – racconta Sutera – soprattutto quando pensi che, in altri contesti e con più attrezzatura, avresti potuto fare qualcosa in più». A Bangui, alcuni servizi sanitari sono a pagamento, altri sono garantiti in ospedale. «Qui fuori l’ospedale c’è un centro per la dialisi a pagamento e i bambini che devono farla devono pagare», racconta Marco Sutera. Ma non tutte le famiglie se lo possono permettere. In ospedale, in alcuni momenti, sono mancati anche i farmaci e non ci sono le Cpap per i bambini.

Al “CHPV” la giornata di lavoro inizia alle 7,30 del mattino. «Facciamo subito una riunione tra medici e personale per il passaggio di consegne con chi ha fatto il turno di notte – dice Marco Sutera – e questa dura 30 minuti, poi iniziamo le visite dei bambini pazienti». L’esperienza per il giovane di Gibellina continuerà ancora sino a dopo Natale. «Sono convinto di tornare a fare il pediatra in Sicilia, nella mia terra – ammette Marco Sutera – qui è un altro mondo, pieno di vita e di morte. Riflettendo penso che rispetto al nostro mondo, questo qui è assurdo perché vedi morire così tanti bambini che sarebbero, invece, facilmente curabili. Quello che mi fa riflettere è l’ineguaglianza, ossia quanto spendiamo in Italia per certe terapie e poi ci sono Paesi come questi che non hanno niente…. Questo ti lascia davvero l’amaro in bocca».

AUTORE.