La ricostruzione (non completata) da un lato e lo sviluppo mancato dall’altro. È la fotografia della Valle del Belìce a 57 anni dal terremoto nel Belìce fatta ieri pomeriggio al Comune di Santa Ninfa. L’occasione è stato l’incontro promosso dal sindaco Carlo Ferreri con tutti i colleghi dei 21 Comuni interessati dal sisma del 1968, che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Amico Dolci, dell’ex senatore Vito Bellafiore, dei deputati del Trapanese e dell’eurodeputato Marco Falcone. La Valle del Belìce sconta il mancato sviluppo. Lo sanno i sindaci che in questi decenni, oltre che avere a che fare con la ricostruzione tra opere pubbliche ed edilizia privata, hanno visto spopolare i propri paesi, con le case che si sono svuotate e l’agricoltura sempre più in crisi.

«Nel mio paese, Montevago, ci sono tante case vuote perché se ne sono costruite troppe e le persone, intanto, se ne sono andate. Che fare?» è la domanda che si è posta Margherita La Rocca, sindaco del piccolo centro dell’Agrigentino e deputato regionale, davanti alla platea dell’incontro commemorativo. «Oggi è necessario trovare opportunità affinché sul territorio arrivino turisti, investitori, giovani – ha detto il deputato Stefano Pellegrino – in questo momento storico la Valle del Belìce sta vivendo un momento florido». Il richiamo è a Gibellina capitale dell’arte contemporanea 2026: una carta che si gioca a livello territoriale. Eppure i giovani nel tempo sono andati via: «ogni due studenti che studiano fuori Regione, uno non torna più» ha ammesso l’ex senatore Vito Bellafiore, 95 anni, sette volte sindaco di Santa Ninfa.

Piccoli centri che si sono spopolati e dove non c’è stato un ricambio generazionale, con strategie di sviluppo che sono rimaste al palo. «Se la politica non riesce a ridare valore all’agricoltura rischiamo che i coltivatori consegnino i loro terreni agli imprenditori delle energie alternative; e addio alle colture», ha spiegato il deputato Dario Safina. Se ancora mancano all’appello i soldi per completare alcune opere pubbliche, i sindaci del Belìce sono consapevoli che parlare ancora di ricostruzione può avere un effetto boomerang. Ecco perché la nuova pagina da scrivere per il Belìce, a 57 anni dal sisma, è quella dello sviluppo: «utilizziamo i fondi europei per i servizi da offrire qui, così da far diventare più appetibile il territorio alle imprese», ha detto l’eurodeputato Falcone. «Sono stati fatti anche errori, ma non è corretto buttare l’acqua sporca e il bambino – ha affermato l’assessore regionale all’istruzione Mimmo Turano – oggi dobbiamo definire chi fa e che cosa con un elenco di progetti fattibili, sennò rischiamo il prossimo anno di ritrovarci a commemorare senza poi fare nulla di concreto».

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