Il progetto della ricostruzione del tempio G di Selinunte clamorosamente annunciato nei giorni scorsi non è una novità. Alla fine degli anni ‘ 70 del secolo passato il prof. Rosario Romeo, appoggiato dal ministro Claudio Signorile, si fece promotore dello stesso progetto suscitando una vivissima polemica che portò in campo note personalità della cultura italiana e internazionale come Cesare Brandi, Antonio Giuliano, Giorgio Gullini, Sabatino Moscati, Georges Vallet e le maggiori figure istituzionali del Paese nel settore di competenza, a cominciare dal ministero dei Beni Culturali e Ambientali.
L’ Università di Palermo, in un documento firmato da Nino Buttittae da 47 docenti, manifestò “disdegno” per l’ iniziativa e giudicò “nuovi vandali” i sostenitori della ricostruzione del tempio, ritenuta “una delle violenze che Selinunte subisce periodicamente”. Il riferimento era soprattutto al “restauro” del tempio E generalmente disapprovato “culturalmente e archeologicamente del tutto negativo”, secondo le parole di Ranuccio Bianchi Bandinelli, ritenendolo un’ esperienza utile solo a “favorire una cultura di moda del turismo rozzo, spettacolare, diseducativo”.
E ora ci risiamo, puntualmente! Ma subito Salvatore Settis bolla la ricostruzione del tempio G come “opera di regime fuori tempo”. A me pare che il progetto sia stato proposto con una “leggerezza” totalmente inconsapevole dei problemi che il tema pone, soprattutto, e preliminarmente, sulla reale fattibilità del risollevamento progettato, problemi per affrontarei quali certo non bastano annunci clamorosi, sponsor, un noto testimonial come per un prodotto Doc o di alta moda. Se si dice problemi non si allude, naturalmente, a quello di sollevare, oggi, con una gru, i blocchi lapidei del tempio mettendoli su uno a uno. I problemi sono ben altri, soprattutto quello metodologico che non può non far riferimento al grado di conoscenze, competenze ed esperienze nel settore specifico.
Bisogna partire dall’ idea che il tempio greco costituisce un miracolo costruttivo per concezione, per la perfezione della resa dei suoi elementi costruttivi rigorosamente definiti che lo compongono e ne determinano l’ altissimo valore plastico. Come si realizzava materialmente il tempio? I gradini, i rocchi delle colonne, le pareti, i capitelli, gli architravi, le cornici venivano estratti dalle cave in una forma appena sgrossata e, cioè, non rifiniti e pronti per l’ uso come se si potesse immediatamente realizzare una pura e semplice sovrapposizione di elementi in un “gioco di costruzioni”! Niente affatto, tutti i pezzi venivano, invece, successivamente rifiniti, levigati, scanalati in opera fino ad ottenere la perfetta e sottilissima coesione delle forme attraverso l’ opera accuratissima di maestri lapicidi (i litoxoi), con l’ esito di un autentico atto creativo. Di esso gli autori avevano piena coscienza: ne è un’ esplicita spia l’ esclamazione “kalà érga” (belle opere!) riportata in una famosa iscrizione esistente sul crepidoma del tempio di Apolloa Siracusa, riferentesi all’ innalzamento dei monoliti del più antico peristilio greco di Sicilia.
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Giuseppe Voza
per repubblica.it
Non è però follia, assolutamente no, cercare di costituire un ente parco, per una migliore gestione della risorsa, di una migliore fruizione, anche ai fini turistici, del parco stesso, unitamente al progetto di far finalmente di Selinunte, del suo parco e del suo meraviglioso mare un centro di attrazione culturale e turistico, ove si possa concretamente creare sviluppo, occasione di lavoro e imprenditoria turistica.
Credo che in questa situazione congiunturale economica gli sforzi debbano moltiplicarsi in questo senso, sfruttando le nostre migliori intelligenze e risorse.
Al web ora la parola per tutti i suggerimenti del caso.
Luigi
Fino a pochi ani fa sarei stato contrario all’immane ciclopica opera,però ora con le nuove conoscenze nel campo dell’elettronica ed anche esistenza di nuove resine chimiche procendendo in opera col criterio della simulazione di tutte le scelte possibili e logiche atte a ripristinare quanto più fedelmente possibile il posizionamento dei vari pezzi nel sito in cui erano stati posti,ritengo l’operazione fattibile senza correre il rischio di aver posto in essere un manufatto falsificato.
Penso che il turista che viene da tanto lontano e spende tanto per vedere un sito archeologico gradirebbe vedere “de visu” come erano queste costruzioni nella realtà: le ricostruzioni virtuali le può vedere tranquillamente a casa, può anche entrare dentro gli edifici, ma quando si trova ad osservare ammassi di macerie, siamo realisti, cosa prova? Non credo sia emozionato o, almeno, non quanto lo sarebbe avendo la possibilità, direi fisica, di toccare con mano quello che che ha visto sui libri o in tv.
“Follia”. “Disdegno”. “Vandalismo”. Io non dico che bisogna essere per forza d’accordo con la ricostruzione, ma perchè questa terminologia? Sa tanto da un lato, di integralismo, che non è mai una bella cosa, sia esso religioso o semplicemente ‘padano’, dall’altro di difesa di altri interessi. Io, personalmente, quoto favorevolmente tutti i commenti di chi mi ha preceduto.. E se qualcuno dovesse pensare, dico così per dire, che rimettendo in piedi Selinunte si storneranno flussi turistici da altre localita, si sbaglia.. Avverrà semplicemente che chi si recherà a Siracusa ed Agrigento non salterà certo Selinunte.. Leggevo l’altro giorno su http://www.marsala.it che Segesta, con solo un tempio ed un teatro, totalizza un terzo di visitatori in più rispetto a Selinunte.. a me pare un’assurdità.. Inoltre non posso fare a meno di pensare che un tempo chi si trovava a Selinunte od ad Agrigento poteva recarsi in treno ad Agrigento o Selinunte… Avete provato a spostarvi con i mezzi pubblici tra le due località oggi, un decennio dopo l’anno 2000? no eh?? Tanto in Sicilia abbiamo tutti la macchina…Peccato che i turisti hanno altre abitudini…
Io sono assolutamente in disaccordo con la ricostruzione del tempio G. Il fatto e’ anche che in questa societa’ preferiamo l’apparire (piu’ semplice) che il ricercare (sudore di neuroni). La ricostruzione sembrerebbe a prima vista una cosa magnifica, ma non lo e'(almeno per me). Sarebbe come cancellare una parte della storia di questo magnifico sito che oltre alla sua maestosita’ ci ricorda, con le sue macerie, anche la sua distruzione, quello che Selinunte fu e quello che poi divento’. E come se io cancellassi da un uomo la vecchiaia piena di acciacchi per ricordarne solo la vigorosa giovinezza. I resti di Selinunte ricordano anche l’inesorabile trascorere del tempo e che non tutto e’ eterno e immutabile. Paolo di Martino addirittura le chiama “ammassi di macerie” e siccome non puo’ vedere aldila’ di queste dubito che apprezzerebbe anche il tempio ricostruito se non con gli occhi di chi va alla fiera o allo zoo. Concordo con Luigi per una maggiore valorizzazione del sito. Manca all’interno un museo (se non le mura) funzionante e degno del posto. Cominciamo da questo dalle cose essenziali…non ci sono guide competenti e neanche un sistema che permetta tramite cuffie l’ascolto immediato di cio’ che si visita…serve l’ABC altro che “opere di regime” anche perche’ sono sicuro che la maggior parte degli abitanti di Castelvetrano sconoscono completamente la storia di Selinunte e cio’ che rappresento’.
Condivido in pieno il commento di Luigi e le osservazioni di Valenziano, il tema della ricostruzione affascina e meraviglia, gia le prime opinioni li abbiamo letto e nel passato pure le gattaglie di Cesare Brandi. Importante invece il processo di valorizzazione verso le rovine di Selinunte, attivato dal parco di recente istituzione con molteplici attività.
Mi stupisco che nonostante in tutti i modi si cerca attraverso il web di sapere edv informare su tutto nella pagina https://www.facebook.com/pages/Amici-del-Parco-Archeologico-di-Selinunte-e-Cave-di-Cusa/252513958103129
gli amici arrivano nella pagina facebook dal mondo intero e i castelvetranesi? come mai sono pochissimi?
Per il tempio G mi piacerebbe capire gli studi oggi in corso nel prossimo convegno, che susciterà un interesse internazionale per un solo monumento di Selinunte.
Il parco comprende non un tempio ed un teatro come possiamo leggere per Segesta, anche se li c’è altro, noi abbiamo una città.
Le antiche cave che sembrano emozionare i visitatori.
Va apprezzato e notato che un intero territorio comuni limitrofi, diverse associazioni e altri enti sostengono il parco tutto.
Non credo che i turisti arriveranno in massa soltanto per il tempio G ricostruito o cosi come si trova, chi viene cerca di vedere il famoso tempio C, il tempio G, le Cave, l’agorà, la porta nord, le fortificazioni e le necropoli,….. mi fermo, dicendo”noi abbiamo una città intera”, conosciuta nel mondo.
Concordo in pieno con i commenti precedenti , non e’ con la ricostruzione del Tempio G che si incrementa il turismo, ci vuole ben altro. Cominciamo a parlare dei servizi elementari che mancano ( verde illuminazione decoro servizi accoglienza prolungamento orario per le visite etc.)
saluti Leo caraccioli
Rispondo a Giuseppe Ingoglia: ho forzato il termine ruderi, ma quando sono andato con la mia famiglia a rivedere la zona archeologica, mia figlia osservava che una eventuale ricostruzione dei templi distrutti avrebbe incontrato un maggior interesse dei visitatori. Il pensiero mi è andato su fatto. Sta per terminare la guerra in Libia e quel Paese a noi dirimpettatio ha stupendi siti archeologici, perfettamente conservati con teatri e templi e giustamente cercherà di intercettare gli interessi dei turisti, sottraendoli a noi.I nuovi ricchi turisti, russi, polacchi, cinesi credo che avrebbero pochi dubbi su quale meta preferire. Comunque concordo con gli altri commenti: ricostruire da solo non serve a niente se non i sono altri motivi di interesse . Un’ultima annotazione per l’altro Giuseppe: non sono tanto sicuro che Selinunte sia conosciuta in tutto il mondo. Mi ricordo che quando studiavo all’università a Palermo, ad una collega, palermitana, che mi chiedeva di dov’ero, rispondevo Castelvetrano e, visto che non localizzava, le ho aggiunto, Selinunte, non ho avuto miglior successo! Certo erano gli anni 73/74 ma era la facoltà di lettere e filosofia e qualcosa di studi classici doveva pur averli fatti. Un caro saluto
concordo con il sig. Paolo D.M. sul fatto che la nostra Selinunte non sia conosciuta come altre mete siciliane, tant’è che tutti ricordiamo qualche polemica legata al fatto che la provincia di Trapani, forse colpevolmente, non desse maggior spazio pubblicitario alle nostre località turistiche, includendo anche la bella, ma assai trascurata Triscina.
Ricostruire i siti archeologici è soltanto un’operazione di facciata, ma migliorare le condizioni igieniche-strutturali-recettive delle due borgate è un progetto assai fattibile e nel tempo sicuramente produttivo a qualsiasi livello.
A tutti noi, ognuno con le proprie responsabilità e con le proprie forze, fare in modo che ciò avvenga nei tempi più celeri possibili.
Luigi
Secondo me, il progetto della ricostruzione del tempio G di selinunte è un idea bella, ma pultroppo impossilibe o quasi. io dico questo perché negli anni settanta se nn sbaglio, un gruppo di archeolochi del Giappone erano venuti a proporre la realizzazione dello stesso progetto alla soprintendenza, all’epoca era dirigente il prof. Vincenzo Tusa, che sottolineo insieme a mio nonno che era capo del servizio custodi nel parco ancheologico, che mancano parte dei massi facenti parte del tempio, perchè sono stati usati per la realizzazione del porticciolo che c’è vicino al lido “tuxe”, le piestre venivano frantumate e mescolate col cemento pre la creazione dei blocchi del porto. Il prof. Tusa disse ai Giapponesi che potevano anvanzare con il progetto, ma specificando il fatto che se non si sarebbe potuta eseguire la riscostruzione, avrebbero dovuto rimettere i resti nello stesso modo attuale, così l’idea fù lasciata perdere, ora il alla luce di questi ricordi dai racconti di mio nonno penso, che si possa costruire forse solo una parte del tempio, forse un angolo, per dimostrare la grandezza del tempio, ma non creo sia possibile la ricostruzione totale.
Sig. luigi, mi permetta una risposta; che la moritura provincia di Trapani non abbia mai valorizzato Selinunte è un eufenismo.. dalle parti del cosiddetto capoluogo hanno sempre sostenuto, in termini turistici, Segesta e San Vito Lo Capo..per loro non è mai esistito nulla a sud di Paceco e questo da solo basterebbe a cancellare la provincia di Trapani. Più grave è che Selinunte sia sottovalutata da parte di organizzazioni come il Touring Club Italiano, benemerita associazione autrice delle migliori pubblicazioni ed atlanti stradali nel nostro paese che però, purtroppo, quando si affaccia da queste parti va inspiegabilmente nel pallone: Selinunte viene ancora riportata come meta di interesse secondario in Sicilia, e per contorno, il TCI riporta, in combuta con Legambiente le più belle spiagge mazaresi,quella di Capo Feto e di Cala dei turchi, rispettivamente nei comuni di Marsala e Campobello.
Selinunte, il più grande parco archeologico d’Europa, basta da solo a giustificare un viaggio in Sicilia. Chi viene per visitare e Siracusa ed Agrigento, e sono tanti, non dovrebbe andarsene senza passare da Selinunte.. invece chi si affaccia pure da queste parti è più facile che visiti Segesta. Sul punto rimando ad un’analisi del mazarese nino fiorentino nei commenti di http://www.marsala.it . Però Triscina lasciamola stare, per carità….di patria!!
concordo con il sig. Valenziano, ribadendo il concetto dell’eufemismo: ho detto quello che penso, cioè che c’è stato un motivato interessamento politico verso Trapani, trascurando Selinunte. Triscina ha molte cose belle, molte meno, ma deve essere valorizzata, perchè le due borgate si integrano perfettamente e ciascuna ha bisogno dell’altra. Al lavoro dunque per recuperare un ritardo di anni.
Buon lavoro a tutti.
Luigi
E’ assurdo che non si possa pensare ad un restauro del tempio, infatti, lo steso, non è stato distrutto a seguito di guerre del tempo ma, semplicemente, da un terremoto devastante.
Così,provocatoriamente, potrei dire è inutile ricostruire la città dell’Aquila, ormai, fa parte del passato.
Non lasciamoci sfuggire questa occasione se gli studiosi e i politici hannno puntato su questo ben venga.
Come è stato già detto da qualcuno deve essere indescrivibile rivedere rialzata tale maestosità, chi opererà non dovrà costruire nulla ma riasseblare i pezzi che il rerremto ha buttato giù.
spero che al più presto possiamo ammirarlo.
Ricostruire ( secondo i paramentri e i materiali classici ) una delle opere più belle dell’umanità non è una scelta. A mio parere è doveroso.
Ci vantiamo di grosse cattedrali cittadine e poi ci perdiamo di fronte ad un po di pietra?
Cosa serve? gru 100 artisti 1 geologo e 2 archeologi?
Tutto quì?
Vogliamo lasciarci scappare l’occasione di ricostruire PER PRIMI quello che diventerebbe l’unico tempio greco completo al mondo??
Questa è l’italia da riformare. Grassi pancioni che sanno pensare solo ai problemi.
Ben venga chi porta e propone innovazione intelligente.
Fossi sul posto li dirigerei io i lavori.
GRATIS.
Per la gloria del presente e del domani.
Con la tragica scomparsa di Sebastiano Tusa nell’incidente aereo di Addis Abeba, si chiuderà per un po’ la questione relativa al progetto di anastilosi del tempio G di Selinunte. A scanso di equivoci, voglio ricordare che Tusa, che non può essere accusato di incompetenza o di faciloneria, era favorevole alla ricostruzione per anastilosi di questo tempio. Era anche conscio delle difficoltà “politiche” che avrebbe incontrate. Molti, e purtroppo anche illustri esponenti del mondo dell’Arte, erano e sono, tuttora, convinti che tale anastilosi avrebbe comportato il semplice risollevamento e riposizionamento di tutte le parti di questo tempio. Errore grossolano, per la semplice ragione che la metà, se non di più, degli elementi architettonici di questo monumento manca (perché sottratta nel corso dei secoli) o è inutilizzabile perché eccessivamente frantumata. Per cui, con buona pace dei detrattori, al massimo, alla fine dei lavori, avremmo avuto qualcosa che assomigliasse al tempio di Giunone di Agrigento. Quello che i detrattori non valutano è che questa anastilosi è un’occasioe unica per comprendere tutto il tempio e la sua epoca.
Vincenzo Francaviglia, ex-direttore dell’Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali del CNR.