Quando mi sono trovato davanti a questa opera postuma mi sono chiesto che significato avesse portare in edizione un libro, quando l’autore era passato a miglior vita. Il potere del business? La crisi del settore libro che spinge le case editrici ad aggrapparsi al più piccolo appiglio? Il volere a tutti i costi prolungare la gloria di uno tra i nostri più grandi personaggi dagli anni sessanta in poi?
Niente di tutto questo, le domande che possono sorgere spontanee dalla pubblicazione di un opera postuma sono ovviamente parecchie, ma l’unico modo per avere una risposta si ottiene analizzandone le pagine, ovvero prendendo il libro tra le mani e dopo essersi procurati una comoda poltrona passare numerose serate in sua compagnia.
Leggere un libro consente spesso di entrare in collegamento con il pensiero di l’ha scritto e Oriana Fallaci nel corso degli ultimi anni di lotta contro il tumore, ha amato guardarsi dentro, analizzando ogni singolo frammento del suo Dna, analizzando ogni ombra, ogni guizzo di luce, ogni lampo di energia che veniva fuori dalla sua complicata personalità, cercandoli a ritroso nel tempo attraverso la vita dei suoi predecessori, l’ereditarietà è noto che non comporta solamente il trasmettere tratti somatici, colorito altezza ecc., nei nostri cromosomi è presente anche gran parte del nostro modo di essere, e questo Oriana Fallaci lo sapeva bene, e guardando dentro se stessa che si accese la curiosità dell’andare a ricercare attraverso il suo albero genealogico, da chi avesse ereditato quel modo di essere che l’ha resa famosa.
Scrutando attraverso i cromosomi impazziti che generarono “l’alieno” contro cui combatté fino alla fine con coraggio e dignità e da cui fu spezzata ma non piegata, seppe che anche chi l’aveva preceduta aveva combattuto una identica guerra contro lo stesso nemico, purtroppo con armi molto diverse, ma col medesimo risultato .
E così è nato “Un cappello pieno di ciliegie”, un lavoro molto difficile e complicato da realizzare, venuto fuori da ricerche minuziose tra archivi polverosi, una cassapanca con cimeli di famiglia e ricordi lontani nel tempo un po’ sbiaditi, ma anche da un fantasticare romanzando, le varie vicissitudini di chi ha preceduto i suoi passi in questa vita terrena.
“Un bambino molto difficile, molto esigente, la cui gravidanza è durata gran parte della mia vita d’adulta, il cui parto è cominciato grazie alla malattia che mi ucciderà, e il cui primo vagito si udrà non so quando. Forse quando sarò morta”, queste sono le parole della stessa autrice nel presentare questo suo ultimo lavoro.
Addentrarsi nella lettura di questa meravigliosa opera equivale a passare attraverso una sorta di fantomatico cancello del tempo e rivivere insieme a personaggi realmente esistiti a partire dall’anno 1779, quelle che sono le vicissitudini quotidiane belle e brutte e che spesso porteranno a scrivere importanti pagine di storia.
Chi si aspetta uno stile incisivo e grintoso sulla scia della “La Rabbia e l’orgoglio” o “La forza della ragione” ha già giudicato erroneamente quest’opera meravigliosa, dove i protagonisti trascinano il lettore nella loro avventurosa vita, dando un’anima a questo romanzo, rendendo molto arduo il chiudere il libro.
L’autrice spesso riesce ad essere distaccata, lontana emotivamente dalle varie scene di vita, spesso tragiche, talvolta comiche, vissute realmente dai suoi arcavoli e attraverso i quali scorgiamo tratti della personalità in comune con la Fallaci che abbiamo conosciuto: la sua grinta, il suo indignarsi davanti alle ingiustizie, il suo essere così meravigliosamente “sanguigna”, spontanea e soprattutto combattiva.
Talvolta invece Oriana Fallaci diventa voce narrante, riesce ad allacciare un meraviglioso ponte tra determinate scene svoltesi in epoche lontane e il mondo attuale, l’autrice è come se si affacciasse da una finestra per spiegare meglio al lettore, rendendolo partecipe delle sue sensazioni e le sue emozioni prendendolo per mano in questo viaggio attraverso la vita dei componenti del suo albero genealogico.
Una Fallaci che così non avevamo mai letto prima, un proseguire anche dopo la morte l’opera di emozionare e incantare attraverso le pagine di un libro, una prepotente rivincita sull’alieno che l’ha portata via per sempre.
Filippo Marino