Ore 3:32 del mattino, 6 aprile 2009, la terra trema all’Aquila, terrore panico distruzione e inferno si appropiano dell’Abruzzo, terra d’arte, di studenti e brava gente. Attimi di panico che in 20 secondi sterminano le vite di intere famiglie.
Ordinaria follia della natura spiazza il paese che all’indomani diventerà terra di sfollati e morti, che all’alba piange già un’immane tragedia che toccherà il cuore dell’intero mondo, che unirà le anime di ogni angolo di terra per abbracciare quelle persone che, vuoi per una natura selvaggia o per altro, si troveranno a dovere sopravvivere ad una vita che li ha privati di tutto!
Le macerie si trasformano di ora in ora in luoghi di speranza, affinchè dall’interno escano degli angeli ancora vivi.
crolla tutto un paese fantasma sbriciolato come un castello di sabbia, un edificio “la casa dello studente” ridotto allo stremo, sventrato, lì dove migliaia di studenti giorno per giorno rincorrevano il sogno di una vita!
Stefania vittima inconsapevolmente miracolata da tale tragedia piange, urla di rabbia, lei, belicina, del terremoto aveva soltanto un ricordo raccontato dai familiari, che lo subirono nel ’68 quando la terra tremò e distrusse il nostro paese. Solo ricordi quindi, tramutati quella notte in una cruda realtà, lei che tre anni fa decise di partire dalla sua Sicila, da Castelvetrano, il suo piccolo mondo, volando all’Aquila dove iniziò la sua nuova vita, una vita che adesso porterà le stigmate di questa aventura terribile, che le ha tolto molto, tanto, troppo… Si sfoga così:
Abbiamo avvertito una scossa verso le 23, al contrario delle altre, che ci accompagnavano già da tre mesi, questa durò molto di più e a differenza delle prime, durò il tempo di vestirci e scappare mentre tutto ancora tremava lasciando però ogni cosa al suo posto. Ci ritrovammo tutti nel cortile dell’edificio, tutti, compreso coloro che io chiamo amici e che adesso non ci sono più. Si scherzava, si rideva, insieme alla paura che ormai faceva parte dei nostri giorni, si sdrammatizzava insomma; a lungo siamo rimasti fuori, ma il pericolo sembrava essere scampato appena la terra si fermò. Erano l’una della notte, eravamo in macchina questa volta non l’abbiamo sentita, ma ho realizzato che aveva ancora tremato per la molteplictà della gente che affollava le strade. Ormai tutto questo sembrava far parte della nostra vita quotidiana, perciò tornammo a casa rassicurati dalla gente che garantiva che le scosse, prima o poi, sarebbero scemate, per farci ritornare alla vita di sempre.
Non riuscivo a dormire, avevo un brutto presentimento e andai a letto vestita, fino alle 2:45 sentivo mio fratello, avevo paura, ma lui mi rassicurava perchè dopo due giorni sarei ritornata a casa. Mi addormantai… Alle 3:32, il soffitto per metà crollò nella mia stanza, le scrivanie erano a terra, le finestre sbarrate, ” devo scappare” pensavo… per le scale! La mia coinquilina urlava ed io con lei, sono riuscita ad aprire la porta, sotto il nulla… non c’erano più le scale, le camere dei miei amici, il corridoio; ma solo un grande buco di cinque piani. Le uniche camere rimaste: la mia e l’adiacente, solo perchè le uniche esterne, e il nostro piccolo bagno con l’unica finestra accessibile.
Abbiamo rotto la finestra, e ho iniziato a urlare, con tutta la mia forza, per farmi sentire dal mio ragazzo, sollecitando così l’unico soccorso che c’era e che tardava ad arrivare, mentre le scosse continuavano ogni cinque minuti. Più il tempo passava e più mi rendevo conto che quella sarebbe stata la mia ultima notte. Avevo il telefono in tasca e chiamai mamma, per l’ultimo saluto, lei immediatamente iniziò a sollecitare i soccorsi con telefonate incessanti, mentre papà e i miei fratelli erano già in viaggio.
Alle 4:50 finalmente ho visto la luce, luce che era di salvezza, i vigili erano arrivati, il braccio meccanico mi liberò insieme ad altre due mie amiche, lasciando sù l’ultimo ragazzo del mio piano, salvato subito dopo. Quando sono scesa la disperazione era tanta, cercavo tra la folla i miei amici, il mio ragazzo, i miei unici compagni di vita, rendendomi però sempre più conto, che molti erano sotto quelle macerie; soprattutto… il mio migliore amico.
Il teremoto mi ha tolto tutto, dalla materialità degli oggetti, ai miei amici, soprattutto “Michelone” un ragazzo palestinese conosciuto tre anni fa, un fratello per me, un compagno, un confidente, una famiglia in assenza della mia. Michelone è morto e con lui la mia felicità, questo non è un incubo, non mi sveglierò domani sentendo la sua risata, o vedendo a mensa la sua buffa camminata, mi rimane solo un bracciale, con sù scritto JESUSALEM non ho più nulla nè foto nè video su cui piangere, mi rimangono solo i ricordi ma da cui non riuscirò nè a toccarlo, abbracciarlo, se n’è andato per sempre e nessuno più mi ridarà la gioia di rivederlo.
Adesso sono a casa, adesso i miei cari possono baciarmi e piangere insieme a me per questo miracolo, sono spaventata, sono distrutta, amareggiata, ma sono viva e consapevole che i miei amici non li ha portati via il terremoto, ma la superficialità di un’Italia che per agire ha bisogno di queste tragedie. Sognare è meglio di vivere ma quando il sogno finisce, non ci resta altro che vivvere con la speranza di sognare ancora.”
Questa è la testimonianza di Stefania Cacioppo 22 anni, castelvetranese, studentessa di scienze dell’investigazione all’università dell’Aquila, residente nella casa dello studente, andata distrutta dal terremoto che colpì l’Abruzzo il 6 Aprile 2009, Stefania è miracolosamente sopravvissuta a questa strage, oggi noi attraverso le sue parole possiamo renderci conto di quanto accaduto, leggendo le parole di chi da quelle materie è riuscito a uscire e soprattutto non dimenticando tutti gli angeli che invece non ce l’hanno fatta!
Patrizia Vivona
AUTORE. Patrizia Vivona
Patti ottimo pezzo di vero giornalismo.
questa testimoniaza, ci comferma che i soccorsi sono arrivati il più celeri possibili
Sono contento che tu Stefania ne sei uscita indenne da questa brutta storia,hai parlato di un tuo amico palestinese che non è piu' tra noi ,che non hai foto o video suoi, ma non ti servono……le foto o i video con il tempo si deteriorano ma i ricordi se serbi nel tuo cuore rimmarranno per sempre in te. Adesso goditi la ritrovata serenita' che la tua famiglia puo' darti,ma quando tutto sara' finito io ti consiglio di ricominciare ..per te e per tutti coloro che non ci sono piu'. Affettusamente Nicolo'
Cara Stefania,
leggendo il tuo racconto le lacrime sono venute fuori, come spesso è successo in questi giorni, perdere le persone care è quanto di + atroce possa capitare; ora spetta a te che sei rimasta, vivere di quei ricordi e far vivere “Michelone” anche se lui non c'è più.
Coraggio e ringrazia Dio.
Ciao Ketty
Cara Stefania,
sto attraversando un periodo amarissimo della mia vita dove qualcosa simile ad un terremoto mi ha tolto quasi tutto, mi ha tolto una casa mia dove abitare, mi sta lentamente togliendo il lavoro e con esso dodici lunghi anni di sogni e sacrifici……
Un tizio una volta mi disse che sopra le nubi della tempesta brilla sempre il sole e che prima o poi questo sole tornerà a brillare per tutti.
Probabilmente sono la persona meno adatta a darti coraggio e parole di conforto, dal mio mondo devastato però mi sento di darti un consiglio e lo grido a me stesso con tutta la mia forza ogni giorno, guarda in alto e cerca quel sole, che è forza, che è la vita, che è la luce che il buon Dio ci da per orientarci nei momenti di difficoltà e che ne le nubi più fitte, ne la tempesta più impetuosa, potranno mai oscurare completamente. Cerca il sole anche dentro te stessa, hai forza e coraggio da vendere, questa esperienza ti ha segnato come ha segnato direttamente e indirettamente gran parte della nostra amata nazione, ma da questa esperienza nascerà una nuova persona più forte e più ricca di tante persone che pur avendo tutto vivono nel vuoto e nel nulla.
Filippo Marino
il fatto di conoscere una persona che ha vissuto in prima persona questa tragedia, ti fa sentire da vicino quanto si soffra e quanto sia stato terribile il terremoto e ciò che si è portato via…sono felice che stefania sia sana e salva ma ogni giorno rivedo le immagini di chi si trova adesso a dover ricominciare tutto da capo senza più nulla ed è impossibile restare indifferenti….senti una morsa al cuore..e con il pensiero sono vicina all'abruzzo e spero che presto si possa tornare a una ritrovata serenità…per quanto possibile.un abbraccio a tutti gli abruzzesi e a tutti quelli che hanno perso qualcuno in questo tragico evento.
non ci sono parole da aggiungere….basta solamente leggere ciò che ha scrittto,e da li si capisce tutto…
Sono contenta che ti sei salvata. io prego tutti i giorni per tutti quelle famiglie, bambini e sopratutto ragazzi come noi che dall'alto ci satnno guardando e chissà cosa pensano e sopratutto cosa direbbero….ti sono vicina…un baciomery
Cara Stefania,
toccante il tuo racconto del dramma che ti ha coinvolto. Appare evidente che è stato scritto con lo stesso stato emozionale vissuto mentre lo stesso dramma si compiva. Ti sto vicino con tutta la mia solidarietà e la mia compassione (compassione nel senso stretto della parola che vuol dire “patire con”) ed il mio augurio per te è che tu possa risorgere prima possibile dalla disperazione nella quale sei caduta, con la consapevolezza che dopo ogni tempesta c'è sempre il sole, nonostante i nostri convincimenti contingenti. Non abbandoniamo mai la speranza di una vita migliore, a questa dobbiamo tendere.
Mi hanno colpito le frasi in grassetto del tuo racconto. Dicono molto di più di quanto tu esprima. Forse vale la pena rileggerle. Io, in grassetto, avrei messo almento un'altra frase: “…i miei cari possono baciarmi e piangere insieme a me per questo miracolo…”.
Se posso permettermi, piuttosto che “sognare è meglio di vivere” direi che bisogna vivere sognando, cioè vivere nella realtà coltivando dei sogni ed utilizzando le proprie risorse per realizzarli.
Coraggio Stefania, il sole sorgerà ancora e continuerà a riscaldare la tua anima.
Toccante testimonianza, grazie per averla condivisa. Spero che il tempo possa blandire il dolore di Stefania e di coloro che stanno vivendo questo dramma.
Spero anche che questa tragedia sia l'inizio per un nuovo modo di concepire gli appalti pubblici e che ciò che abbiamo visto accadere in Abruzzo non debba ripetersi, almeno non per gli edifici che “dovrebbero” essere quelli più sicuri…
Stefania è forte: anche a raccontare ci vuole tanta, tantissima forza. Occorrono lucidità e nervi d'acciaio. Nel bilancio delle sue perdite commuove e tocca l'animo, anche perchè è giovane, molto giovane. Lei ne è venuta fuori: ne sono felice e penso – perchè è inevitabile pensarlo -a quelli che sono rimasti sotto le pietre perchè non potevano scappare da nessuna parte. Penso ai bambini, ai più piccoli. A quelli nelle culle e nelle carrozzelle. Penso ai bambini che sono nati e morti perchè ci si ostina a dire che un terremoto non può essere previsto e ci si ostina parimenti anche a non dare un briciolo di credito ad un uomo, un esaltato per molti, che invece continua ad urlare che quel terremoto è stata una catastrofe annunciata. Devo dire che queste cose mettono a dura prova anche la fede, specie se flebile: di quanti angeli può aver mai bisogno questo Dio? Perchè la legge della natura risparmia una signora centenaria e depone sull'ala di un angelo un bimbo di pochi mesi? Questi sono i dolori del cuore che nessun risanamento architettonico può risolvere. Sono certa, certissima che – se le fosse stato concesso quel famoso libero arbitrio – la signora centenaria avrebbe scelto di volare via e di far vivere tanti neonati. Felice che sia rimasta illesa lei, che magari è nonna adorata di nipotini che le vogliono bene, ma non posso fare a meno di chiedermi dove vada a nascondersi a volte la giustizia divina dinnanzi alla quale tutti ci prepariamo a presentarci.
A Stefania mi sento di dire che, a meno che non la leghino a quei luoghi ragioni sentimentali e professionali forti, forse dovrebbe provare a tornare un po' in Sicilia, dove si prepara una bella stagione ricca di serate calde e di tante inziative e dove, soprattutto, non potrà inciampare in volti sanguinanti e in orsacchiotti di pelouche sventrati da una furia cieca, ma soltanto negli abbracci di chi – a casa sua – le vuol bene e può aiutarla a cancellare dai suoi occhi, se non dalla mente, le immagini più terribili che la vita purtroppo le ha imposto di vedere.
Ad Maiora
Ciao Stefania, per prima cosa, sono contenta e felice, che tu sia uscita indenne da questa tragedia! Di certo, questa esperienza segnerà la tua vita in modo indelebile! Sicuramente il tempo cura e lenisce le ferite, ma le ferite dell'anima sono difficili da debellare!
Vorrei augurarmi, che questa immane tragedia, serva a far riflettere tutti quelli che sono convinti, di doversi arricchire alle spalle dei più deboli, o che sono convinti che un pugno di soldi, siano più importanti di una sola vita umana! E' vero che il terremoto è stato violento, ma è anche vero ( purtroppo), che ci sono molte colpe umane! La cosa che più di tutte ora mi rattrista, è che ancora una volta hanno pagato i più innocenti! A te, auguro di poter dimenticare il prima possibile e ritornare a dormire sonni tranquilli! Un abbraccio, Anna
UN CARO SALUTO ..AUGURI
Buongiorno.
Sono giapponese e fra poco verrò a studiare psicologia a L’Aquila.
Mi dispiace tantissimo per questa tragedia e il fatto non sono riuscita di fare nulla oltre la preghiera…
Ho letto questo articolo tante volte e ho saputo che siete veramente forte, ormai ho amici aquilani ma sono molto “forti e gentili”…
Un abbraccio dal Giappone
Honoka