L’idea della separazione del comune di Selinunte da quello di Castelvetrano nasce durante la scorsa estate quando, dopo una martellante serie di articoli apparsi sul Giornale di Sicilia, il movimento politico Liberal Selinunte annuncia una raccolta di firme per l’autonomia della borgata marinara che avrebbe incluso anche Triscina, seconda frazione di Castelvetrano.
Dal suo sito, il presidente del movimento Liberal, Alberto Firenze, scrive che “la verità non può essere tradita e che c’è un tempo in cui il tacere è disonestà e ingiustizia”. L’accento è sullo stato di abbandono in cui versano le borgate e sull’evidente malcontento dei cittadini rispetto ad un’amministrazione un po’ sorda ai problemi delle frazioni. Già alla conferenza stampa del 9 agosto però lo stesso Firenze parla della spinta secessionista come di una provocazione, proponendo scherzosamente la guida del comune autonomo di Selinunte allo stesso Pompeo, attuale sindaco di Castelvetrano, ospite illustre della conferenza stampa.
Il carattere di provocazione della sottoscrizione delle firme per il comune di Selinunte però non viene sottolineato dalla stampa, che al contrario riporta una grande affluenza di cittadini nei punti firma dislocati nelle città. Alcuni identificano nel movimento una sorta di alternativa all’attuale amministrazione Castelvetranese, per certi versi ritenuta fallimentare, almeno nella gestione delle frazioni turistiche e firmano con quello spirito di rivalsa tipico di chi vuole voltare pagina. Dopo qualche settimana però, del comune autonomo di Selinunte non ne parla più nessuno e la secessione si trasforma quasi nel suo esatto contrario: un Distretto tra comuni.
Più che di separazione infatti, nella manifestazione organizzata al Teatro Selinus di Castelvetrano lo scorso 16 novembre, si parla di consorzio; una rete di comuni comprendente Castelvetrano, Gibellina, Mazara, Partanna, Poggioreale, Salaparuta, Salemi, Santa Ninfa, Sciacca, Caltabellotta, Montevago, Menfi e Santa Margherita Belice. All’incontro, patrocinato dal comune di Castelvetrano, da Confindustria di Trapani e addirittura dall’Assemblea Regionale Siciliana, vengono invitati i sindaci dei comuni del futuro distretto socio-culturale e il primo cittadino di Castelvetrano, ribadendo il carattere provocatorio della raccolta firme per l’autonomia di Selinunte, ancora oggi taciuto dai giornali, dice che il presidente di Liberal non è affatto un secessionista ma uno che invece prova “affetto per il proprio territorio”.
Dal palco del Teatro Selinus, l’europarlamentare Eleonora Lo Curto suggerisce di fare gruppo per costituirsi come lobby nei confronti dell’Unità Europea: “E’ lì che tutto viene deciso”. Davide Durante di Confindustria, Lorenzo Russo del consorzio turistico trapanese, e tanti altri sembrano concordare sullo stesso punto: unirsi, fare squadra per aumentare le possibilità di intercettare i finanziamenti europei. Anche gli interventi dei sindaci presenti riguardano le bellezze dei propri territori, che però avrebbero bisogno di ossigeno per un’adeguata valorizzazione. Francesco Cascio, presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, si propone addirittura come rappresentante del distretto: “Sono a vostra disposizione, mettetemi alla prova, vi rappresenterò io. Il presidente del Parlamento siciliano qualcosa riesce a smuovere”. E come esempio di scelte coraggiose per l’economia della Sicilia, si vanta di aver partecipato alla promulgazione di quella legge ad personam che ha permesso a Sir Rocco Forte di ultimare il suo Golf resort a Sciacca, “bloccato” perché i suoi campi avevano sconfinato oltre la fascia di rispetto dei 150 metri dal mare. Chissà, forse la presenza dei campi da golf a Sciacca potrebbe essere un bene per tutti i siciliani, anche se a qualche chilometro di distanza la gente vede ancora l’acqua corrente col contagocce.
Ma se l’idea dell’autonomia del comune di Selinunte si è rivelata soltanto un catalizzatore di attenzione, siamo sicuri che l’ipotesi del distretto socio-culturale sia in realtà davvero praticabile?
Girolamo Cusimano, docente di Geografia all’università di Palermo, per altro presente anche all’incontro al Teatro Selinus, è molto cauto: “I distretti culturali riguardano attività produttive di tipo culturale, come per esempio la ceramica, ma qui non c’è produzione di tipo culturale. Certo, città come Pittsburgh o Saint Louis ci sono riuscite lo stesso, utilizzando l’idea di economia come felicità, attraverso risorse non economiche. Il punto di partenza per far vivere bene chi visita un territorio – prosegue il professore Cusimano – potrebbe essere quello di far star bene chi vi abita, ovvero i propri cittadini. L’innovazione non è legata solo ai finanziamenti, ma deve crescere col tempo, nelle comunità. In pochi mesi non si possono recuperare decenni. L’unico valore aggiunto può essere dato dalla cultura, ma questo nostro territorio non produce cultura, al massimo l’ha ereditata. Forse bisogna fare dei luoghi dove la popolazione trovi bello vivere”.
Insomma appare evidente come la mera disponibilità di beni storici, architettonici o ambientali non sia sufficiente per l’avvio di processi virtuosi per la promozione dello sviluppo territoriale. Anche se molte città d’arte in Italia hanno subito quella tipica trasformazione di contesti, un tempo culturalmente ricchi, in parchi ricreativi a tema dove i cittadini, più che abitanti e produttori di cultura, si sono ritrovati a fare i manutentori di un prodotto da vendere.
La domanda allora è: si vuole formare un distretto tra comuni per produrre cultura oppure ci si vuole irrobustire per intercettare meglio i finanziamenti?
Siamo sicuri inoltre che il mare dei finanziamenti europei non si stia avviando verso la secca? Nel libro “Il ritorno del Principe”, Roberto Scarpinato scrive: “Quando tra qualche anno verranno meno i trasferimenti netti dello Stato nei confronti del Mezzogiorno e quando contemporaneamente si sarà esaurito tra mille sprechi e rapine il fiume dei contributi europei, cosa accadrà? Se il Meridione dovesse essere di fatto abbandonato gradualmente al proprio destino, le mafie – quelle alte e quelle basse – avrebbero finalmente coronato l’antico sogno di riaffermare la loro totale supremazia in questa parte del Paese.”
Egidio Morici per “L’Isola”
(quindicinale della provincia di Trapani)