
Giuseppe Camporeale
Devo fermamente contestare, per l’impostazione fallace e tendenziosa, l’articolo Proposta shock: “Cambiamo nome all’Efebo… per Bacco”, uscito lo scorso giovedì sul Giornale di Sicilia, a firma di Filippo Siragusa. (clicca qui per rileggere l’articolo)
Già l’occhiello riporta artatamente tra virgolette due dichiarazioni capaci di destituire di fondamento l’intera notizia, la prima falsamente attribuita a me (che non ho mai concesso alcuna intervista al Siragusa), secondo cui avrei assegnato la statua selinuntina ad un’epoca diversa, la seconda arbitrariamente fatta dire a Sebastiano Tusa (che nella dichiarazione riportata nell’articolo non afferma affatto che la mia tesi sia priva di prove a sostegno, ma che attende di conoscerle per potersi pronunciare sulla scoperta).
Mentre la locuzione Proposta shock che introduce il titolo vuol suggerire, in modo subdolo, che si tratti di una sortita improvvisata e strabiliante, da non prendere, comunque, in seria considerazione; e il Siragusa accentua quest’impressione sottolineando il modo tiepido, e quasi distaccato, con cui essa sarebbe stata accolta dai tre rappresentanti del mondo istituzionale e accademico da lui intervistati, ossia l’agronomo dott. Giuseppe Leto Barone, attualmente investito della carica di direttore del Parco Archeologico di Selinunte, il Soprintendente Sebastiano Tusa, archeologo esperto in scavi di siti preistorici e in esplorazioni subacquee, il professore di liceo scientifico Francesco Saverio Calcara.
Indipendentemente dal fatto che non fossero ancora informati sulla mia scoperta (circostanza che, come ovvio, nulla toglie alla sua validità scientifica), mi chiedo in qual modo avrebbero potuto giudicarla, dal momento che dispongono di ben diverse competenze.
A confermare la serietà e validità dei miei studi iconografici sarebbe sufficiente rammentare come siano rimaste definitive le precedenti mie identificazioni come Auriga della statua marmorea di Mozia (con cui ho fatto cessare la ridda d’insussistenti e quasi risibili proposte, che lo raffiguravano come atleta, magistrato punico, addirittura Eracle privo della leontè), e l’altra, come Satiro di Prassitele, della statua bronzea di Mazara del Vallo (scambiata anche da Sgarbi per una raffigurazione, assolutamente improbabile, di Eolo).

Efebo di Selinunte
Inoltre, oppostamente a quanto fatto credere dal Siragusa, va precisato che l’identificazione con Íakchos della celebre statua bronzea selinuntina è frutto di una lunga e impegnativa indagine avviata nel 1976 sotto gli auspici di André Parrot, Conservatore del Louvre, che ne approvò entusiasta le acquisizioni preliminari e il programma di ricerca, elaborata sulla base di un amplissimo apparato documentario, e condotta a termine con l’applicazione di un rigoroso metodo analitico di matrice interdisciplinare.
La mia scoperta è stata ufficialmente presentata nel convegno di studi Le Rotte dei Misteri, indetto dal Centro Europeo di Studi Economici e Sociali di Marsala e dalla Diocesi di Mazara del Vallo, e svoltosi a Mazara il 4 e il 5 novembre 2005; è stata quindi pubblicata nel volume degli atti (ed. Feeria, Panzano in Chianti, Firenze, 2008) e recensita sul quotidiano La Repubblica (8 agosto 2010).
La prima copia del mio contributo è stata dedicata, nel marzo 2009, al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, venendo quindi portata a conoscenza del Prof. Jean Godart, Consigliere di Stato per la Conservazione del Patrimonio Artistico, che lo ha molto apprezzato, impegnandosi ad assicurarne l’adeguata circolazione, della Dottoressa Ivana Madonna, dell’Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell’attuale Prefetto di Milano, Dottor Franco Tronca.
Il contributo è stato altresì presentato ad altri eminenti studiosi, tra cui il Prof. Peter Blome, Direttore dell’Antikenmuseum di Basilea, il Prof. Salvatore Settis, Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, il Prof. Lamberto Maffei, Presidente dell’Accademia dei Lincei, il Prof. Clemente Marconi, della New York University.
La scoperta è stata entusiasticamente accolta dai molti miei amici ed estimatori, dal poeta Mario Luzi (della cui nomina a senatore a vita sono stato tra i principali promotori), al fraterno amico Bent Parodi di Belsito, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Sicilia, con cui ho condiviso memorabili momenti spirituali, da Daniele Mancini, ambasciatore d’Italia in India, ma anche raffinato uomo di cultura (di cui ho curato e presentato il libro “Oltre il labirinto”), al caro Aurelio Pes, che condivide profondamente il mio amore per l’antichità e che nel convegno sulla ricostruzione del Tempio G, tenutosi al Teatro Selinus di Castelvetrano, ha voluto attestarmi pubblicamente la sua ammirazione, indicandomi come il maggior conoscitore dell’arte antica oggi vivente.
Diversi articoli sull’identificazione dell’Efebo sono stati pubblicati dal quotidiano La Sicilia: “L’Efebo è Dioniso, dio della vita? (17 febbraio 2007), “La vera identità dell’Efebo di Selinunte” (5 maggio 2012), “L’Efebo cambia nome in Dioniso” (24 agosto 2014), tutti, com’è possibile facilmente riscontrare, di tenore ben diverso da quello del Siragusa.
Ho io stesso contribuito alla diffusione della mia scoperta, sia incontrando studiosi italiani e stranieri (come nella memorabile riunione del 3 gennaio 2007 al Museo Selinuntino con Jozef Kemper e altri colleghi dell’università di Groningen e Amsterdam, al termine della quale gli ospiti hanno lasciato scritto il messaggio “è stata quasi una festa scientifica colla relazione del professore Camporeale sul tema di Dioniso!”), sia tenendo conferenze documentarie su invito del Rotary Club (Salemi, 28 febbraio 2006), del Liceo Classico “G. Pantaleo” (Castelvetrano, 15 aprile 2009), dell’Associazione per la tutela delle tradizioni popolari del Trapanese (Trapani, 15 gennaio 2011), del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Palermo (Castelvetrano, 11 febbraio 2011), sia pubblicandone alcuni aspetti sull’annuario del Liceo “Pantaleo” (Logoi n. 7, Castelvetrano 2011) e sulle riviste del Rotary Club di Salemi (anno rotariano 2008-2009 e 2013-2014).
Altri articoli sulla mia scoperta ho pubblicato su riviste a diffusione nazionale, come Sicilia segreta. l’ambiguo mistero del sélinon (Hera, a. XII, n. 130, novembre 2010), e Symbolica. L’identità segreta dell’Efebo di Selinunte (Fenix, a. IV, n. 33, luglio 2011), particolarmente apprezzati dai rispettivi direttori Massimo Bonasorte e Adriano Forgione.
Questi dati dimostrano, in modo inconfutabile, come l’articolo del Siragusa abbia dato ai lettori del Giornale di Sicilia una grave e inammissibile disinformazione, che risulta denigratoria nei confronti della mia scoperta e, conseguentemente, della mia persona.
E ciò – mi sia lecito rilevarlo – appare tanto più disdicevole, in considerazione degli innumerevoli e qualificati contributi da me resi alla vita culturale della Nazione.
Giuseppe Camporeale
AUTORE. Altre Fonti
Spero di non avere difficoltà a reperire gli atti del convegno di Mazara.
Non sarebbe la prima volta che intramontabili convinzioni, anche scientifiche, vengano rimodulate o stravolte.
Tutto sommato l’articolo di Siragusa rileva solo che noti professionisti della cultura non hanno mai incrociato le ragioni scientifiche della nuova identità rivelata, professore non se la prenda.
Mi auguro che anche questa volta vinca la conoscenza.
Apprezzo Giuseppe Camporeale per le sue eccezionali qualità intellettuali, che lo pongono al di sopra di tanti altri che occupano ruoli non meritati per capacità ma solo per raccomandazioni. Non mi sembra, comunque, che Filippo Siragusa abbia voluto sminuire o, addirittura, stroncare la tesi sostenuta dal Nostro. Anzi, in modo semplice e con stile arguto, l’ha posta all’attenzione della nostra comunità, che ha il dovere di ponderarla seriamente prima di esprimere giudizi infondati, se non superficiali.
Stimo molto il Prof. Camporeale e so quanto amore e dedizione spende nei suoi studi. Ritengo che la scoperta, tra l’altro non la prima del genere (da parte del Prof. Camporeale) possa avere un alto valore storico e, conseguentemente, una ricaduta economica nel territorio castelvetranese. Detto questo, purtroppo si deve convivere con la “mediocrità” che tutto offusca. Quindi, in questo clima di “nuovo medio evo culturale”, non ne abbia a male lo stimato Professore se vede in un articolo del GDS delle travisazioni, non vedo cmq un attacco personale. Già è un grosso passo avanti che se ne parli. Non mi sorprenderei se l’efebo si continuasse a chiamare “lu pupu”. Del resto, siamo gente abituata a farsi “sfruttare” da chi viene da fuori per depredare e, a loro, con riconoscenza, chiniamo il capo. Quando abbiamo un “illuminato” locale, quasi vi è diffidenza, non comprendendo il valore della scoperta ed il bene, come ricaduta economica sul territorio. Paradossalmente, andrebbe bene anche un “falso storico” (e non sarebbe il primo, pensiamo a qualche santa….. che però meglio averla, piuttosto che non) figuriamoci quando si hanno tutte le carte in regola per avvalorare una tesi “sana”.
Vorrei dire alcune cose che, penso, possano portare pace in questa querelle che, al di là delle note di colore, può giovare al nostro territorio e alla sua cultura.
Come Camporeale sa, i titoli non sono opera del cronista che, invece, scriveil pezzo e lo struttura: nella impostazione di Siragusa non vedo errori deontologici. Ha presentato la tesi (nello spazio che un giornale concede) e ha commentato la stessa tramite le opinioni di 3 voci che mi sembrano, in vero, ben scelte. Il Direttore del Parco, a prescindere dal suo titolo di laurea in agronomia. Tusa, proprio per il suo ruolo accademico e per la sua ricerca sul campo. E Calcara che ha firmato diverse pubblicazioni di storia locale, ed anche un volume sull’Efebo. Istituzione, Accademia e Storia Locale. Mi sembra una buona scelta a commento della tesi. Per il resto, ha fatto bene Camporeale a fornire in questo articolo le indicazioni bibliografiche che possono consentire alla comunità scientifica di entrare in possesso delle informazioni e della ricerca e di dibatterla, come scienza vuole. Nulla di anomalo, quindi, rispetto al normale iter della Scienza! Per cui, a mio avviso, si può rinfoderare il fioretto, tutti quanti. :-)