Massimo Gentile, l’architetto di Campobello di Mazara che ha diretto l’ufficio tecnico del Comune di Limbiate ed è finito arrestato nell’inchiesta sulla latitanza di Matteo Messina Denaro, è stato interrogato dai magistrati e ha confermato di essere stato vittima di un furto d’identità. A dichiararlo al giornale Fanpage è stato il suo legale Antonio Ingroia. Secondo l’inchiesta della Procura di Palermo, nel 2014 il superlatitante avrebbe comprato una Fiat 500 intestandola a Gentile. Gli investigatori sono riusciti a recuperare i documenti di acquisto e le assicurazioni dell’auto e anche di una moto Bmw, anche questa intestata a Gentile dal 2007. L’auto venne ritirata da una concessionaria di Palermo nel novembre del 2014: qui i carabinieri hanno trovato la fotocopia della carta d’identità di Gentile con la foto di Messina Denaro. Oltre ad aver versato mille euro in contanti, il boss aveva consegnato al venditore un assegno circolare da 9 mila euro emesso da una filiale di Palermo: nella richiesta c’era la firma a nome di Massimo Gentile, con la grafia di Messina Denaro. E proprio su questo si concentra la difesa.

Secondo quanto Ingroia ha riferito a Fanpage, «Massimo Gentile aveva lavorato nell’azienda che produce olio di Andrea Bonafede (l’ex dipendente comunale a Campobello di Mazara, cugino dell’omonimo che ha prestato l’identità al latitante) e Bonafede aveva chiesto a Gentile di prendere i suoi documenti con la scusa di metterlo in regola come lavoratore. In questa occasione potrebbe aver rubato i suoi dati e fatto una copia dei suoi documenti». Secondo l’avvocato Ingroia «le firme apposte da Massimo Gentile (per gli acquisti fatti da Messina Denaro, ndr) non sono state fatte dal mio assistito. Abbiamo presentato delle perizie di parte: hanno smentito che le firme fossero di Gentile e in alcuni casi sono state falsificate proprio da Messina Denaro, in altri da Andrea Bonafede».

Foto tratta dal profilo Facebook Massimo Gentile.

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