Anche dopo l’indulto in Italia le carceri scoppiano e il governo non ha i soldi per altri spazi. Vista la crisi dei fondi pubblici, il ministro Alfano sta pensando di coinvolgere i privati nella costruzione delle strutture di detenzione, anche se ancora non si sa secondo quale formula.
Qualcuno ha pensato al project financing, ma riesce davvero difficile pensare ad un’impresa che viene ripagata dai flussi di cassa prodotti da un carcere. Non si tratta certo di un albergo o di un porto turistico. Senza contare che gli occhi della mafia sull’edilizia pubblica siciliana, potrebbero produrre situazioni paradossali come l’accoglienza dell’imprenditore nella struttura da lui stesso costruita.
Ma dato che anche gli errori giudiziari e le ingiuste detenzioni, seppur in modo infinitesimale, possono contribuire all’eccessivo numero dei detenuti, ecco nascere un’associazione bergamasca senza fini di lucro con un nome che è tutto un programma: “Progetto innocenti”. Si tratta di un’organizzazione “dedicata all’affermazione della giustizia sostanziale e alla correzione degli errori giudiziari”.
Insomma, gente che si impegna a cercare una verità diversa da quella formale delle sentenze. In effetti il pensiero va subito ad extracomunitari e tossicodipendenti che compongono l’80 percento dei detenuti in Italia e, potendosi permettere solo l’avvocato d’ufficio, spesso finiscono in galera già al primo grado di giudizio, senza avere quasi mai la possibilità di ricorrere in appello. Invece no. Non sono loro il target di questa nobile iniziativa. Infatti dal sito dell’associazione si legge che “l’attività dell’Ente è orientata fondamentalmente alla rivisitazione dei casi giudiziari controversi, in cui vi è stata condanna alla pena della reclusione o dell’ergastolo, per reati gravi che hanno determinato o stanno determinando la carcerazione di persone ingiustamente condannate”.
Piccoli furti, rapine, spaccio non sono certo da considerare dei reati gravi. Insomma per suscitare l’interesse di questo ente garantista ci vuole qualcosa di grosso, per esempio un “concorso esterno in associazione mafiosa”. Gli imputati di questo genere però solitamente hanno i migliori avvocati e quasi sempre si fanno tutti e tre i gradi di giudizio, riuscendo in alcuni casi ad arrivare all’agognata prescrizione.
Ma non si sa mai. Loro sono lì a fornire supporto legale nel caso qualche detenuto eccellente dovesse richiedere la revisione di una sentenza di condanna, offrendo anche un supporto tecnico-scientifico per la ricerca di nuove prove.
Una cosa così non poteva passare certo inosservata in Sicilia, patria del garantismo a oltranza, devota ad Andreotti e Berlusconi, con Totò Cuffaro degno rappresentante al Senato.
Infatti a Trapani nasce l’Ufficio del garante dei detenuti, proprio sulla scia del bergamasco “Progetto innocenti”, che vede tre avvocati battersi contro le ingiustizie sostanziali, desiderosi di raccogliere gratuitamente le istanze dei detenuti per tradurle in atti giuridici e decisi a voler ricorrere addirittura al comitato per la prevenzione della tortura. Una delle prime denunce dei legali è, guarda caso, il problema del sovraffollamento delle carceri di San Giuliano. Ma non è una grossa novità visto che già tanti altri l’avevano denunciato, come il sindacato della Uil penitenziari che aveva già chiesto un confronto con i vertici istituzionali per cercare di trovare una soluzione alle carceri che scoppiano dopo la bolla indulto, manna caduta dal parlamento per evitare la galera ai furbetti dei reati finanziari.
Certo, non ci sono ancora molti elementi per capire se si tratta di una cosa seria o meno, per cui rimane soltanto da fare un giretto nel sito on line dell’associazione bergamasca a cui l’Ufficio di Trapani si ispira. Il sito fa nomi e cognomi di condannati “non colpevoli”, ma nella pagina “Chi siamo” non c’è traccia dei promotori dell’iniziativa e, al di là delle condivisibili posizioni sulla pena di morte, si tratta di pagine che appaiono intrise non solo di strisciante garantismo, ma anche di quell’innocentismo a oltranza perfettamente in linea con l’attuale compagine governativa.
Dal sito si apprende infatti che Bruno Contrada sarebbe stato condannato per aver creduto nello Stato. L’ex funzionario del SISDE, condannato a dieci anni in via definitiva dalla Corte di Cassazione per concorso esterno in associazione mafiosa sarebbe in realtà, secondo l’associazione, vittima di errori giudiziari. E per corroborare questa tesi bislacca si lancia in una demolizione critica di una sentenza definitiva di Cassazione, peraltro non riportata, focalizzando l’attenzione unicamente sull’ipotesi di non credibilità di alcuni collaboratori di giustizia.
Le cose relative al caso Contrada, che i bergamaschi senza nome di “Progetto innocenti” non scrivono, sono invece parecchie. A cominciare dai severi riscontri delle affermazioni dei collaboratori di giustizia e a finire alle autorevolissime testimonianze dei colleghi di Falcone, Carla Del Ponte, Antonino Caponnetto, Mario Almerighi, Vito D’Ambrosio, Giuseppe Ayala, Laura Cassarà (vedova di Ninni Cassarà) ed altri. Tutti a confermare all’unisono che Contrada passava informazioni a Cosa Nostra. Altro che un piccolo manipolo di pentiti inattendibili!
Riuscirà il “Progetto innocenti” a far funzionare la giustizia in Italia? Ci sono davvero troppi innocenti in galera? O più realisticamente ci sono troppi colpevoli in libertà?
Forse ci troviamo di fronte ad una giustizia che è programmata per non funzionare. Uno strano prodotto partorito da una classe dirigente che tende a non rispettare le leggi che approva per gli altri.
Con una giustizia in agonia, dove chi ruba una banana è maggiormente sanzionato rispetto ad una frode fiscale di milioni di euro, ci mancava solo il “Progetto innocenti”.
Egidio Morici
AUTORE. Egidio Morici