Quando punge fa male ed è proprio per il dolore che provoca che, la Tracina, è quel pesce che ognuno di noi non vorrebbe mai incontrare. Come spiega il Dott. Gianfranco Stallone «nella zona dove si viene punti insorge un forte dolore, in crescendo per molti minuti, di tipo urente, come se qualcosa stesse bruciando all’interno della pelle. Il dolore tende ad estendersi in breve tempo accompagnando un certo gonfiore e un intenso rossore ad una sensazione di formicolio o di lieve alterazione della sensibilità della zona colpita».
Riconoscerle non è semplice visto che riescono a mimetizzarsi con efficacia sui fondali sabbiosi dove vivono e si nascondono per cacciare, ma come spiega il Biologo e Apenista, Giancarlo Torre, «le Tracine (famiglia Trachindae) sono un gruppo di pesci che hanno una forma molto caratteristica dal corpo allungato, leggermente compresso ai lati; hanno una bocca molto grande, obliqua e rivolta verso l’alto, con la mandibola prominente e denti piccolissimi e molto sottili. Generalmente sono di colore biancastro, con strie bluastre, gialle e/o macchie nere sparse sul corpo. Gli occhi sporgenti sono sulla parte superiore della testa, hanno pupille schiacciate, spesso con un evidente strozzatura centrale. Dietro le branchie è presente una grossa spina velenifera rivolta all’ indietro. La prima pinna dorsale, di forma triangolare, possiede robuste spine collegate ad altre ghiandole velenifere. La lunghezza massima, a seconda della specie, va dai 15 ai 40 cm».
Ed è proprio la spina velenifera a creare i tipici sintomi – e non un morso come si pensa – nel caso in cui si dovesse entrare in contatto con la Tracina. Nel periodo estivo, infatti, sono frequenti le segnalazioni dei bagnanti che vengono punti, generalmente lungo la pianta del piede, poiché vista la tipicità del pesce a nascondersi sotto la sabbia, non si avverte la sua presenza e capita di metterci il piede sopra.
Ma sono sempre Tracine quelle che vediamo nei nostri fondali? «Spesso vengono scambiate con i Pesci Lucertola (Synodus saurus) che hanno una forma e un comportamento simile, anche se questi non possiedono nessuna ghiandola velenifera e possono essere distinti per la presenza di denti robusti su entrambe le mascelle. Un altro gruppo di pesci che a prima vista potrebbero essere scambiati per Tracine sono i Ghiozzetti (Pomastoschiustus spp.): si tratta di pesci molto piccoli che vivono sulla sabbia senza però infossarsi, nutrendosi di piccoli organismi nascosti nel sedimento. Si spostano con piccoli “saltelli”, e anche loro non posseggono nessuna spina velenifera»- afferma il biologo Torre.
Esistono poi anche diverse specie di Tracina, solo nel Mediterraneo se ne trovano quattro e tutte dotate di spine velenose che utilizzano per difendersi dai predatori: la Tracina Raggiata (Trachinurus Radiatus), la Tracina Ragno (Trachinurus araneus), la Tracina Draco (Trachinurus draco) e la Tracina Vipera (Echiichthys vipera). Quest’ultima, come spiega Giancarlo Torre, «oltre ad essere probabilmente la più velenosa, nonostante i suoi 15 cm di lunghezza massima, è sicuramente la più pericolosa, perché durante l’estate, a differenza delle altre, si spinge sulla costa fin quasi al bagnasciuga».
Come evitare di essere punti ? «Se si fa attenzione a non disturbare appositamente l’animale, esse preferiscono nascondersi o fuggire e, tendenzialmente – oltre a non essere diffuse in tutte le zone costiere – non sono aggressive» – dice il Biologo. Un valido deterrente può essere il far uso delle classiche scarpette da mare in modo da poter apprezzare la ricchezza di biodiversità dei mari, senza correre alcun rischio. Nel caso in cui ci si ritrovi a che fare con una Tracina durante una battuta di pesca, invece, bisogna prestare la massima attenzione per non ferirsi con le spine durante la manipolazione, indossando dei guanti.
Ma se, malauguratamente, si viene punti bisogna «innanzitutto verificare che non ci siano residui di aculei attaccati alla pelle, ed in tal caso rimuoverli» – spiega il Dott. Stallone che precisa, inoltre, che «la soluzione NON è di certo quella di assecondare la vecchia leggenda secondo cui l’urina guarisca magicamente il tutto; è verosimile, piuttosto, che un suo blando effetto sia dovuto alla sua alta temperatura (quasi 38°C) e non di certo al suo contenuto di ammoniaca».
«Ed è proprio la temperatura – dice Stallone – a giocare un ruolo chiave: la tossina in questione, infatti, è termosensibile, ovvero perde la sua efficacia alle alte temperature, motivo per cui la prima cosa da fare è immergere il piede in qualcosa di caldo che sia acqua riscaldata o, in assenza di questa, la semplice profondazione del piede nella sabbia bollente asciutta».
Per i più fortunati, questa semplice manovra consente l’attenuazione graduale dei sintomi nell’arco di poco meno di un’ora. In caso contrario, «al perdurare o addirittura al peggiorare dei sintomi, è strettamente consigliato l’accesso al presidio sanitario più vicino – spesso una Guardia Medica Turistica – dove sarà il Medico di turno a valutare tutti i segni e sintomi e decidere se somministrare una terapia locale o sistemica di tipo antinfiammatorio o antidolorifico o, in caso di sintomi “distanti” dalla zona di inoculo che possano far pensare ad una manifestazione allergica – rara ma possibile – antistaminici e cortisonici» – precisa Stallone.
AUTORE. Michele Milazzo