Giorni di drammatica paura quelli appena trascorsi nella laguna veneziana,  la città, dopo 48 ore da incubo, ha potuto tirare il respiro. Ieri dopo l’emergenza per la mareggiata che ha creato gravi danni a monumenti abitazioni e alberghi è cominciata la vera e propria conta dei danni. Non tutto è ancora alle spalle, e chi abita lì non dimenticherà facilmente momenti così difficili.

Molti i castelvetranesi che abitano evlavorano a Venezia e tra di loro Giacomo Moceri che ha studiato e lavora lì ormai da parecchi anni ha voluto raccontarci cosa è successo davanti i loro occhi increduli e i loro corpi inermi:

Avete presente quando in un film di guerra parte la sirena che informa la popolazione civile di un imminente attacco aereo? Ecco, a Venezia la stessa sirena viene utilizzata, ancora oggi, per segnalare l’innalzamento del livello della marea, quando questa comincia a diventare sostenuta. Il suono della sirena è accompagnato da un segnale acustico a toni ascendenti che serve a quantificare il livello previsto. Provate ad immaginare lo stato d’ansia vissuto dai cittadini nel sentire per ben 4 volte, a distanza di poche ore, la sirena, ogni volta con un segnale acustico più acuto. Ad ogni suono della sirena non sai mai cosa aspettarti, anche perché, nel caso del 12 novembre, le previsioni parlavano di un picco massimo di 145-150 cm. Roba che, sì, ti entra l’acqua dentro, ma non ti distrugge lo studio, non ti allaga la casa, non ti mette k.o. il ristorante bruciando frighi.

Ecco, rivivere quelle ore significa rivivere uno stato d’ansia e preoccupazione causato dal repentino cambiamento delle previsioni fornite dal Centro Previsioni Maree. A distanza di pochi minuti, le previsioni si alzavano sempre di più e questo perché in mare aperto il livello dell’acqua continuava a salire a causa di quelle forti raffiche di scirocco che hanno poi, insieme alla violenza dell’acqua, divelto i pontili, trascinato un taxi di nove metri all’interno di una calle, sradicato alberi, distrutto le colonnine in Pietra d’Istria e danneggiato irreparabilmente marmi, musei, chiese, attività commerciali, o per meglio dire tutto quello che si potesse danneggiare. Ecco, diciamo che nessuno in città era pronto ad affrontare i 187 cm di alta marea che hanno letteralmente sommerso Venezia e le isole della sua laguna.

Per tutto il giorno la gente era preparata a quei 145-150 cm. In casi come questi sollevi le cose da terra, le poni su un piano rialzato e speri che non entri troppa acqua. Quando le raffiche di vento hanno iniziato a soffiare più forte erano già le 22:10 e l’acqua aveva già abbondantemente superato i 145 cm previsti per le 22:30. Alle 22:20 erano 170. Un attimo dopo il livello registrato è stato di 187.

Solo 7 cm in meno rispetto alla marea più alta della storia di Venezia, quella del 1966. In tutto questo susseguirsi di segnalazioni, mentre il vento soffiava sempre più forte, mi è bastato guardare fuori dalla finestra per accorgermi che quello che fino a poco tempo prima era un cortile, in quel momento era un vero e proprio fiume in piena. Sono uscito fuori sul pianerottolo, ho sceso le scale e, appena arrivato giù, ho visto che l’acqua aveva superato il terzo scalino e che mancavano pochi centimetri al quadro elettrico. Sono stati momenti molto concitati, ma non posso dire altro se non che mi considero fortunato, trovandosi il mio appartamento al secondo piano. Abitassi al pian terreno, non ci sarebbe stato nulla da fare, come nulla c’è stato da fare per più dell’80% delle abitazioni al pian terreno, dei negozi, degli alberghi, delle botteghe e dei ristoranti.

Tutti sapevamo della fragilità di Venezia, soffocata dal turismo di massa e messa in pericolo dal transito delle grandi navi. In pochi sapevamo quanto dirompente e inarrestabile potesse essere la sua laguna

 

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