Durante la civiltà contadina i ceti più poveri della popolazione dividevano la popolazione italiana in ”cu mancia e cu talia”. Si trattava della prima forma di statistica popolare, che metteva in evidenza la sazietà dei ricchi contro la loro fame.
Per sanare la fame è entrata in vigore la statistica moderna “all’italiana”, che ha appianato questa disuguaglianza e, oggi, merito della statistica, tutta la popolazione sta bene.
La civiltà del benessere, subentrata a quella contadina negli anni ‘60, ha confuso il consumismo con spreco e, dopo tanti anni di sperpero anche di cose inutili, oggi quasi tutto il mondo si trova in una grave crisi economica senza via d’uscita, perché non vuole tornare indietro nel tempo e riportare i consumi al solo necessario per condurre una vita dignitosa.
A seguito della crisi economica si parla sempre più degli sprechi alimentari da parte dei cittadini e dello sperpero di denaro pubblico da parte degli organi dello Stato.
Secondo la FAO, sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo, si spreca un terzo del cibo prodotto ogni anno per l’alimentazione umana. Lo spreco è pari grosso modo a 1,3 miliardi di tonnellate, che va perduto o buttato nella spazzatura.
Il 30/10/2010, a Bologna, in occasione della presentazione del “Libro nero dello spreco alimentare in Italia”, con i prodotti alimentari che gli italiani buttano ogni anno nella pattumiera, corrispondente al 3% del PIL, si potrebbero sfamare 44 milioni di persone. Come prova di quanto asserito, alla fine delle giornate è stato servito un pranzo per 500 persone, servito in Piazza Maggiore e cucinato con cibi perfetti dal punto di vista alimentare, che, in caso contrario, sarebbero finiti in pattumiera. Nel rapporto si sottolinea che perdite e sprechi significano anche enorme sperpero di risorse sempre più preziose come acqua, terra, energia, manodopera e capitale.
I supermercati gettano nella spazzatura ogni giorno tonnellate di cibo, facendo nascere, fra i più poveri, i “dumpster diving”, che letteralmente si tuffano tra i rifiuti alimentari per recuperare tonnellate di cibo ancora utilizzabile.
Lo studio sullo spreco di cibo a livello mondiale, effettuato dalla Fao, evidenzia che “ogni anno i consumatori dei paesi ricchi sprecano quasi la stessa quantità di cibo (222 milioni di tonnellate) dell’intera produzione alimentare netta dell’Africa sub-sahariana (230 milioni di tonnellate)”.
Le perdite alimentari sono più rilevanti nei paesi in via di sviluppo a causa delle infrastrutture carenti, della scarsa tecnologia e della mancanza di investimenti nei sistemi agro-alimentari. Lo spreco di cibo e’ invece un problema dei paesi industrializzati, dove assai spesso a livello di venditori e consumatori si getta nella spazzatura cibo in perfette condizioni che si potrebbe benissimo mangiare. In Europa ed in Nord America lo spreco pro capite da parte del consumatore e’ calcolato intorno ai 95-115 kg all’anno.
Si tratta certamente di dati indecenti e allarmanti, in un mondo che ha raggiunto i sette miliardi di esseri umani di cui un miliardo soffrono la fame.
Ma non finisce qui, esiste anche lo sperpero considerevole anche del denaro pubblico: la sola Camera dei deputati costa al cittadino italiano Euro 2.215,00 al minuto, mentre per mantenere il prestigio nel mondo l’Italia mantiene all’estero 7000 soldati + carabinieri e mezzi militari. Inutile continuare su questo sperpero, poiché già se ne parla molto nei mezzi d’informazione di massa e non rientra nell’argomento trattato.
AUTORE. Vito Marino
Verissime parole. C’è molto spreco.Il problema più grave è che non si accetta.