crisi lavoroNon si può pretendere che a rimettere in moto l’economia debbano essere i sindaci. Oggi più che mai, le amministrazioni comunali sono al verde. Cresce il numero dei suicidi tra gli imprenditori, gli operai, i disoccupati, triste allarme di una crisi feroce che non può essere certo combattuta con l’apertura di qualche cantiere di edilizia pubblica.

L’economia è al collasso in tutti i settori e a tutti i livelli. Chi crede che si possa porre rimedio con le risorse dei comuni forse non sa, o fa finta di non sapere, che i comuni hanno già gravi difficoltà a gestire l’ordinario e che le cose non si possono certo risolvere sempre con la Cassa Depositi e Prestiti. E poi non sarebbe qualche cantiere in più a fare la differenza.
Forse bisognerebbe smetterla con questa specie di “economia municipale”, spesso di tipo clientelare, che si è sostituita indebitamente all’agricoltura, al commercio, all’industria e alla pesca.

Che ne è stato di quelle aziende artigianali e industriali nate con la legge 488, quella del finanziamento a fondo perduto alle imprese? Non è solo il fondo che si  è perduto, ma un’intera economia ancor prima che potesse decollare: immensi capannoni abbandonati e altri con dentro una decina di operai che starebbero bene anche in una modesta officina in centro.

Forse bisognerebbe smetterla con i pellegrinaggi nell’ufficio del sindaco. Non può, e non deve essere il sindaco a dare lavoro in modo diretto ai suoi concittadini. Le sue scelte saranno certamente importanti per porre le condizioni di uno sviluppo possibile, ma rimane pur sempre un amministratore e non un datore di lavoro.
Se tutti, sindaci compresi, capissero bene questo ruolo, forse si tornerebbe a votare con più coscienza.
Anzi, forse si tornerebbe a votare.

Egidio Morici
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