Francamente non lo so se i bambini di scuola elementare e media dell’istituto comprensivo “Capuana-Pardo” di Castelvetrano, una volta diventati adulti, ricorderanno la data di giovedì 21 marzo 2019. Per la loro città, Castelvetrano, è stata una data memorabile: 27 arresti per massoneria deviata e malaffare, un ex sindaco finito ai domiciliari e, probabilmente, qualche parente (anche di secondo o terzo grado) rimasto coinvolto nell’inchiesta.
Giovedì, dicevamo, non è stato un giorno come tanti per i bambini che in questi mesi hanno conosciuto meglio il valore della legalità e i volti di chi è morto ammazzato per mano mafiosa. A scuola hanno studiato la storia di Peppino Impastato, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici, «per diventare cittadini più responsabili». Hanno imparato a recitare alcuni passi dei libri e sceneggiature di film sulle vittime di mafia, a cantare “La mafia nun esisti” di Pino Veneziano a intonare l’Inno di Mameli. Giovedì, i bambini dai volti belli e genuini, hanno dato dimostrazione che questo percorso l’hanno vissuto con passione e interesse. Un giovedì di tensione per la messa in scena, finito a mezzogiorno tra tanti applausi.
È stato lo stesso giovedì che la città di Castelvetrano si è svegliata in prima pagina per un’operazione dei carabinieri dove, stavolta, il superlatitante Matteo Messina Denaro c’entra poco. A leggere le carte dei magistrati c’è il malaffare messo in campo con una rete nascosta di strette amicizie, impastate di massoneria deviata, favori nelle pubbliche amministrazioni, segreti d’indagine svelati in cambio di posti di lavoro per mogli e parenti. Quello che emerge è uno spaccato di Castelvetrano che i bambini della “Capuana-Pardo” nemmeno conoscono.
L’inizio di primavera ha mostrato ai miei occhi una città dal doppio volto. L’ho pensato tornando a casa quello stesso giovedì e poi nei giorni a seguire, quando ne ho saputo di più dell’ultima inchiesta. Due lati di una medaglia, uno torbido e sporco e l’altro pulito e genuino. Da un lato il presunto malaffare, dall’altro la purezza dei bambini che cantano e recitano legalità. Due aspetti contrapposti di una stessa città che ha sete di ritrovare oggi la propria identità.
Giovedì, dentro l’aula magna dell’istituto “Capuana-Pardo” si è respirato il profumo di primavera. I bambini hanno ascoltato la testimonianza di Giovanni Chinnici, figlio del giudice Rocco ucciso nel 1983 con una bomba sotto casa, che ha fatto conoscere gli aspetti più intimi di un padre che ha combattuto il malaffare e la mafia. «Dobbiamo essere capaci di saper scegliere tra il bene e il male» ha ricordato Giovanni Chinnici nelle ore in cui, fuori l’istituto e per le vie di Castelvetrano, i carabinieri concludevano l’operazione. Due volti diversi di una stessa città. Oggi è il tempo della riflessione, quello da cui ripartire per un futuro di primavera per Castelvetrano. Vedere i volti belli e genuini dei bambini, «costruttori di cittadinanza», può essere il buon pretesto per l’inizio di un lungo cammino dove si respiri libertà, diritti garantiti e rispetto delle regole. E dove non trovi più spazio il malaffare a tutti i livelli.
AUTORE. Max Firreri