«Ho agito con leggerezza, ma non sono un mafioso e la mia sospensione come responsabile del presidio di Libera era un atto dovuto in attesa che la vicenda che mi riguarda si chiarisca definitivamente».
A parlare è Leo Narciso, docente di sostegno, da anni operatore nel Terzo Settore, sino al 2007 responsabile dei campi lavoro di Libera e in precedenza collaboratore dell’associazione con padre Salvatore Lo Bue, che lo scorso mese di giugno aveva accettato l’incarico ad interim di referente a Castelvetrano del presidio di Libera.
L’elezione era arrivata dopo le polemiche che avevano portato alle dimissioni Maria Teresa Nardozza Buccino, alla guida del presidio da 8 anni a fronte dei “previsti massimo 6” come dissero i responsabili provinciale e regionale dell’associazione.
Narciso si è sospeso dopo una intercettazione resa nota in seguito all’operazione antimafia “Eden II”, che tra gli altri ha portato in carcere il consigliere comunale Lillo Giambalvo che avrebbe partecipato al sequestro, con conseguente pestaggio, di Massimiliano Angileri che avrebbe effettuato un furto nella casa di Giuseppe Fontana, ristoratore pluripregiudicato, anche lui arrestato in “Eden II” e che era uscito di recente dal carcere dopo una ventina di anni.
Angileri avrebbe rubato gioielli che in parte sarebbero appartenuti alla madre del boss Matteo Messina Denaro e dopo il pestaggio era finito in ospedale, dove era andato a trovarlo Narciso che lo conosceva perchè era stato tutor in un progetto di borse lavoro per il reinserimento di tossicodipendenti fra i quali vi era Angileri.
Quando vidi Angileri in ospedale – spiega Leo Narciso – gli dissi che se mi avesse ascoltato non si sarebbe trovato in quelle condizioni. Mi riferivo al fatto che gli avevo detto tante volte che doveva cambiare vita e vivere onestamente.
Lui mi raccontò del pestaggio e io mi lasciai scappare che conoscevo Fontana. Lo avevo conosciuto una trentina di anni prima. La nostra frequentazione durò molto poco e anche se a selinunte abita vicino casa di mia madre non c’è mai più stata alcuna frequentazione. Angileri insistette per giorni perchè li facessi incontrare e a un certo punto mi lasciai convincere.
Qui è consistita la mia leggerezza. Prima di agire avrei potuto consigliarmi con un legale e comportarmi in modo meno avventato. All’incontro, comunque, non presi parte. Mi giunse una telefonata e mi allontanai. Nel settembre 2013 i carabinieri mi chiamarono per chiarire questa vicenda e io l’ho già fatto. Oggi, anche se turbato dal clamore che si è voluto dare alla notizia, in cuor mio sono sereno perchè sono fuori da certe logiche
Margherita Leggio
per La Sicilia