La questione da me sollevata non riguarda soltanto i dipendenti di queste realtà in grave difficoltà, ma l’intera filiera. Occorrono azioni volte alla cooperazione e alla coesione. C’è tanto per uscire da questa crisi e iniziare un percorso di innovazione e di sviluppo, garantito dalla Pubblica Amministrazione.
Questa infatti è nel territorio l’unico soggetto istituzionalmente tanto autorevole da poter assumere la guida di un progetto di sviluppo così importante e, per certi versi, estremamente delicato. Io non ho inteso criticare l’Amministrazione, ma soltanto sollecitarne l’assunzione di responsabilità ed il qualificato intervento, attraverso l’adozione di un progetto adeguato alle esigenze di una realtà economica in crisi.
La Valle del Belìce ha un territorio dall’antica tradizione agricola, che oggi mostra però notevoli limiti e che va pertanto innovata per incrementarne i ritorni occupazionali e reddituali. L’agricoltura moderna, lungi dall’essere monotematica, è un sistema complesso articolato in diversi assi, quello alimentare, quello ambientale, quello energetico, quello salutistico e quello turistico.
Nel contesto di tale ampia visione la amministrazione comunale potrebbe attivare politiche di coordinamento della filiera agroalimentare locale, in modo da creare occasioni e condizioni di incontro e di collaborazione economica tra produttori primari, trasformatori, confezionatori e distributori, salvaguardando l’interesse del produttore ( prezzo di origine ) e consumatore ( prezzo finale). Nonostante la presenza diffusa nel territorio di notevoli risorse naturali e produttive nel comparto agroalimentare e nel comparto turistico-ricettivo, la cui più opportuna sinergica utilizzazione dovrebbe determinare condizioni di vita decisamente diverse e migliori delle attuali, si avverte la sensazione di un piano complessivo solo abbozzato.
Solo l’Ente Comune, con la sua credibilità istituzionale e con le sue possibilità strutturali, è in grado di definire quel piano solo abbozzato e portarlo a compimento. Gli operatori economici locali hanno bisogno di questa leadership. Le produzioni agroalimentari di assoluto pregio, infatti restano appannaggio di micro-piccole aziende, prive di un collegamento interno che ne possa irrobustire l’offerta e concretizzare ipotesi di export. Lo stesso può dirsi per l’offerta turistico-ricettiva, affidata ad iniziative isolate l’una dall’altra e, ciò che è più grave, priva di identità territoriale a volte solo appena accennata.
Le due offerte, agroalimentare e turistico-ricettiva, infine appaiono sganciate tra di loro, appartenenti a due mondi diversi e distinti. Appare pertanto necessario e positivo operare una inversione di marcia:
a) favorendo le aggregazioni;
b) individuando azioni capaci di produrre effetti nel breve e medio termine;
c) valorizzando le strutture esistenti, senza bisogno di crearne di nuove;
d) valorizzando il grande patrimonio di risorse che già c’è.
L’ ipotesi progettuale, sulla quale si auspica poter lavorare, consiste nel creare un sistema di congiunzione industriale e commerciale tra il segmento della produzione primaria e il segmento del consumo qualificato alberghiero e territoriale, dando pertanto vita ad una filiera economica, che possa contemporaneamente salvaguardare posti di lavoro ormai in bilico, aumentare la capacità produttiva dell’intera Valle del Belìce, ed infine cercare di allontanare questo disagio sociale ormai incombente.
Proprio per questo ritengo siano importanti le strutture già esistenti sul territorio e che si appartenevano, prima della confisca, al gruppo 6GDO. Mi riferisco in particolare alla piattaforma di stoccaggio, modernamente attrezzata, di prodotti agroalimentari freschi e alla centrale di stoccaggio di olio di oliva, la prima in via Partanna e la seconda in via Tagliata. Entrambe le strutture purtroppo oggi sono chiuse e quindi improduttive. E da queste due strutture, momento e spazio d’incontro e cooperazione dei produttori locali, che deve essere avviato il progetto.
Con una di queste due strutture io personalmente ho lavorato per alcuni anni e vederla chiusa ed inattiva mi provoca particolare amarezza. Ciò mi ha indotto a scrivere ciò che ho scritto. Niente altro è nelle mie intenzioni.
AUTORE. Dott. Francesco Bongiorno
Se per questo neanche io ho voluto criticare l’amministrazione comunale ma ho voluto e a quanto sembra non ci sono riuscito, sollecitare e svegliare le varie categorie coinvolte direttamente ed indirettamente al problema delle chiusure di Olio & Oliva, di Special Fruit e a quanto sembra dell’intero Gruppo 6 GDO. Il silenzio alle mie provocazioni e alle tue esternazioni sono alquanto assordanti sia da parte dei miei colleghi che dalle altre parti chiamati in causa. Debbo forse pensare che questo procedere vada bene a tutti e che siamo rimasti noi 2 soli a farci sentire, forse il disastro e l’annientamento del paese e di tanti posti di lavoro non interessa a nessuno. Chi vuole contattarmi, chi vuole magari dire solo la sua, si faccia avanti ricordando che se siamo in mezzo al mare non deve essere la pioggia a spaventarci perché peggio di così…c’è solo una cosa e tutti sappiamo cos’è.
esistono altre due strutture che in passato hanno determinato un certo benessere per la collettività agricola :le due cantine sociali.Una,quella di via Partanna è stata affidata ad un privata,l’altra è ferma da almeno 30 anni e sta diventando un rottame.