Da Marsala a Palermo, seguendo musei, lapidi e iscrizioni che incidono nel marmo il passaggio di Giuseppe Garibaldi in Sicilia, nell’anno in cui si è festeggiato il 205° anniversario della sua nascita.
È nato a Nizza nel 1807, sotto il segno del cancro.
Gli piacque nascere il 4 luglio, il perché non vogliamo chiedercelo. Certo, forse questa data benedetta ha come diretto effetto collaterale di dare a chi nasce sotto la sua congiunzione astrale il prurito irrefrenabile di andare sempre a liberare qualcuno…
Quel 1807 trova già una generazione adulta intenta a “fare l’Italia”, vale a dire a pensarla come esistita nel passato e perciò di nuovo possibile in quel presente che si rinominerà coerentemente Risorgimento.
Sempre pronto “lancia in resta” ad accorrere laddove ci fosse anche l’ombra di mezzo tiranno, con “la speranza, nutrita da tant’anni, di portare i concittadini nostri a quella guerra di bande, che, a difetto d’esercito organizzato, potrebbe preludiare all’emancipazione della Patria” (parole di Garibaldi, nella redazione definitiva delle memorie nel 1872).
Dunque, con le idee più che mai chiare il Nostro parte da Quarto con due piroscafi il 5 maggio 1860 e l’11 maggio si presenta al porto di Marsala, in provincia di Trapani. Davvero gran bel posto per approdare in Sicilia, con un porto vivacissimo e un mare profumato in ogni stagione che tanto più doveva esserlo in quel maggio.
Il tempo di poggiare un piede a terra e già Porta di Mare si chiama Porta Garibaldi. Da qui, da questa struttura che rammenta gli archi di trionfo romani, con un gusto piuttosto manieristico del motivo a bugne e degli elementi decorativi, sormontata da una balaustra con al centro una magnifica aquila, si giunge al quartiere militare, la cui costruzione iniziò nel 1576, e più avanti, attraverso una linda ed elegante isola pedonale, a Palazzo VII Aprile, che la tradizione vuole costruito sulla Loggia dei Pisani, un porticato sotto al quale si esercitava il cambio, una sorta di “borsa di strada” in una città che già nel XV secolo aveva un aspetto economico molto vivace.
L’attuale facciata a doppio loggiato è del 1753 e strizza sfacciatamente l’occhio al classicismo cinquecentesco del Palladio. C’è il Monastero di San Pietro, il cui fronte principale si allunga sulla via XI Maggio con una bella torre a pianta quadrangolare a due ordini di logge con cuspide maiolicata, costruito nel XVI secolo.
Molto belle la Chiesa Madre e quella del Purgatorio di stile barocco. Tutto il centro storico di Marsala consente una lunghissima gradevole passeggiata che Garibaldi non volle fare a piedi (non era ancora stato “ferito”, ma una ben studiata posa claudicante accresceva il suo già grande fascino): la via Mario Rapisardi reca una lapide accanto al portone da cui uscì la “bianca giumenta”, dono del marsalese Sebastiano Giacalone, che l’Eroe volle chiamare “Marsala”. Varcato quel portone, per la povera bestia cessò la pace e cominciò la storia poiché dovette correre “le vie della gloria a Calatafimi a Teano a Caprera” sempre sotto all’invitto generale, nonché posare per una serie infinita di quadri ad olio che oggi riposano in svariati musei del Risorgimento. In groppa alla bianca Marsala Garibaldi avrebbe potuto percorrere quel lungo mare che guarda la splendida laguna dello Stagnone, dove tra le saline e i mulini a vento trovano ristoro aironi e germani reali, pivieri, fratini, folaghe e cormorani. Ma lui no. Lui era fissato con l’Unità d’Italia, e così si concesse soltanto una visita alle cantine, regno di aromi, dove nelle file interminabili di botti di rovere e ciliegio raggiunge la sua magica compiutezza il vino Marsala…
Dopodiché lasciò la città dello sbarco per incamminarsi verso Salemi, affacciandosi da tutti i balconi, riposando in ogni dimora di nobili o borghesi illuminati, carezzando tutti i bambini, lasciando innamorare di sé ogni fanciulla che mai rinunciava a cucire con le proprie mani un tricolore per lui . In pochi giorni giunse a Salemi e neppure lì si ferma a lungo, giusto il tempo di assumere con un proclama la dittatura dell’Isola in nome di Vittorio Emanuele.
Ma fece male a non fermarsi: Salemi, arrampicata sulle sue montagne di gesso, offre un panorama di ineffabile bellezza, e la città vecchia ricorda molto gli inestricabili dedali arabi, con scale e vicoli ciechi a nascondere interessanti cortili di delicata antica bellezza domestica che raccontano ancora molto bene l’amore delle donne siciliane per gli agrumi e i gelsomini. Ma lui no. Così, via galoppando, seguito dai Mille che oramai non si contano più – tanto sono cresciuti di numero ad ogni tappa – giunse a Calatafimi dove, invece di ammirare le vestigia della Magna Grecia della vicina Segesta, si impegna in una generosa battaglia. E dovette esserci un bel po’ di confusione a Calatafimi se oggi il Museo Garibaldino di Marsala conserva una lettera che tale Rosa Rallo, decisa a convolare a nuove nozze, rivolse al vescovo perché l’aiutasse a registrare ufficialmente la morte del marito caduto proprio nel “generoso” scontro.
E dopo Calatafimi venne Palermo, attraverso i sentieri riarsi della Sicilia occidentale, sempre in groppa a Marsala, sempre alla testa dei “chissaquanti”, sempre salutato con gioia dalle popolazioni di quelle campagne, dalle ragazze che cantavano “ciuri di linu talìa l’amuri miu quant’è baggianu russu vistutu di garibaldinu” (fiore di lino, guarda quanto è bello il mio amore elegante, vestito di rosso da garibaldino), bello come il sole, biondo, rubicondo, bello anche adesso che ha compiuto duecento anni, lui che ha promesso “o Roma o morte”, lui che “o si fa l’Italia o si muore”, lui “l’eroe dei due mondi” anche oggi che i mondi sono diventati molti più di due e che di eroi non ce n’è rimasto nemmeno uno.
AUTORE. Anna Gelsomino
AUGURI DA UNA GARIBALDINA RISORGIMENTALE E ART REVOLUTION
si vede che non sei nata NEL BELICE… TRE ANNI PRIMA DEL 1860,nel meridione carlo pisacane fu trucidato, poi nella nostra zona per colpa, meriti o demeriti di crispi che conosceva le nostre parti, garibaldi ha vinto, con trucchi e truffe…poi è nata la monachia ,la repubblica e all’infine la repubblica italiana è stata per le nostre città peggio del terremoto. per il solo fatto che è nata una repubblica di ladri e mistificatori ,garibaldi merita nelle nostre parti, la damnatio memoriae.
viva l italia viva la democrazia viva la fidapa viva la giustizia abbasso l oscurantismo medioevale verso cui voi volete far retrocedere la mia amata sicilia si e lottato tanto affinche la nostra patria sia sta chiamata fratelli d italia io personalmente mi faccio un cul…… cosi cara ogni giorno lascio casa mia perservire i giovani il nostro futuro e come artista grido sempre esempre liberta e avanti popolo via iborboni che vogliono buttare nell immondizia il nostro laborioso lavoro viva viva la liberta di parola di stampa di ecc…….ecc… di pennello di musica di teatro di poesia di……………………………………….
Questo è un falso eroe di cui vi siete riempiti il cervello a scuola. Soggetto principale del cosiddetto Risorgimento, fu solo la facciata evidente di interessi transeuropei per colonizzare ed abbattere una delle realtà più longeve e ricche dell’emisfero settentrionale. Alla luce di un ormai ventennale stravolgimento della realtà virtuale descritta nei libri di storia e di continua ricerca negli archivi di Stato, si segnala ulteriormente l’articolo di Giuseppe Chiellino su Il Sole 24 ore di qualche giorno fa, che riporta uno studio di Stephanie Collet, dell’Università di Bruxelles, sulla situazione delle Due Sicilie prima e dopo la colonizzazione piemontese paragonandola al momento economico attuale. Per chi vuole, buona lettura: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-06-30/eurobond-fecero-unita-italia-190357.shtml?uuid=AbDwao0F
In sintesi: Garibbà, ma vafammocc’
Questi revisionisti vogliono farci credere che i borboni erano dei santi e che facevano l’interesse del regno delle due Sicilie, sicuramente c’era un settore industriale abbastanza florido, l’industria navale migliore del mediterraneo e i forzieri delle banche colmi di capitali. Tutto questo però era un benessere riservato a pochi industriali e latifondisti, non si spiega viceversa il motivo per cui tanti contadini affiancarono le truppe garibaldine e per cui i napoletani si sollevarono contro il re. Per non parlare poi della corruzione dilagante per cui la grande armata borbonica, sentito l’odore del denaro, issò quasi subito bandiera bianca.
Quando uno stato viene sopraffatto da un regime di corruzione e lassismo, vuol dire che è arrivato al capolinea, l’impero borbonico aveva fatto il suo tempo ed era solo questione di tempo che venisse scalzato da qualcun altro e per fortuna il suo degno successore era l’Italia.
In tutta la storia non ho visto nessun occupante della casa altrui fare l’esclusivo interesse dei popoli indigeni.
nemo sei un grande hai colpito nel segno chi ancora sogna la sicilia e l italia vuole concretezza valori morali ecivili pace e liberta .
Sembra di capire che, Garibaldi o i Borbone, il Regno delle due Sicilie o la Repubblica, quelli che comunque e sempre devono patire, sono i soliti noti!
@nemo: quando si prevede un ricambio all’attuale repubblica?
Anna il tuo sarcasmo mi fa ridere, lo dira’ la storia quale sara’ il nostro futuro. Da parte mia sono disposto a difendere l’unica mia patria anche con la forza. Mio nonno ha combattuto sul Piave per darmi la liberta’ ed io quella liberta’ e quella unita’ la sento nel mio dna. Se il nostro paese e’ in crisi soprattutto morale non e’ solo colpa dei politici, ma di tutti i cittadini, passiamo una mano sulla coscienza prima di sputare sulla nostra nazione e ricordiamo quanto sangue e’ costata la sua liberta’. Viva l’Italia!!
Desidero precisare che NATO IL 4 LUGLIO è un articolo che ho scritto per la rivista Sikania e che fu pubblicato su quel mensile nel numero di novembre del 2007 con una versione a latere in lingua inglese ( senza questa informazione potreste trovare alcune imprecisione riguardo soprattutto alla cronologia). Era un itinerario garibaldino semiserio per i lettori di Sikania che sono squisitamente viaggiatori. Ringrazio Flavio per avere aderito alla mia richiesta di pubblicazione finalizzata a schernire un pochino, senza cattiveria e senza “sapientesimo”, un eroe troppo eroe e troppo “eroizzato, nato nel giorno del suo compleanno; auguri Peppino a te che, se non avessi avuto la bizzarra idea di unire un Paese così lungo, mi saresti stato anche simpatico.
scusate per la fretta mi è scappato qualche errore.
“… sicuramente c’era un settore industriale abbastanza florido, l’industria navale migliore del mediterraneo e i forzieri delle banche colmi di capitali.” nemo grazie, grazie per avere esposto la verità, anche se dopo corri inutilmente ai ripari negandone l’appannaggio al popolo. Poco importa, se già qualcuno comincia a evidenziare cose che fino a qualche tempo fa erano occluse, è già un passo in avanti. Grazie.
In merito a quelli che chiami occupanti, i Borbone che si sono succeduti, sono tutti nati e cresciuti nelle nostre terre e parlavano regolarmente napoletano e siciliano, al contrario di qualche altro occupante che arrivó dopo e che conversava abitualmente in francese. No al revisionismo, si alla verità storica.
cara anna la nostra deve essere una lotta culturale profonda fatta con tanta diplomazia e con tutto quel che dio ha donato alla nostra amata sicilia la testa cio di cui noi ci vantiamo di avere cosa ha portato federico 2 la scuola siciliana …..e quella deve essere nobilta e grande grande loquacita’……………
Egregio Annibale rimane pero’ l’interrogativo su come mai tanta gente comune si sia unita alla spedizione garibaldina, come mai un esercito bene armato ed addetrato si e’ arreso davanti ad un manipolo di uomini poco e male armati ed addestrati, come mai Napoli si sollevo’ contro il suo re. Evidentemente non e’ tutto oro cio’ che luccica!
io so solo che i piemontesi dopo il 1860 pretesero dai siciliani delle tasse abbastanza esose per il tempo e che questi soldi furono usati quesi tutti per finanziare l’economia del nord Italia creando un comune, ed in certi punti anche forte, malcontento (vedasi cosa successe a Bronte) e creando quel dissesto economico fra bord e sud che tutt’ora esiste. Si dice che qualche anno dopo qualcuno chiese a Garibaldi perchè non andava più in Sicilia e lui rispose che non andava perchè sapeva di essere odiato.
venne l’ultima volta proprio a castelvetrano nel 1862, sconfitta di aspromonte e di mentana…lo recita la lapide del municipio, dove c’è una seconda lapide che compendia sia la storia savoiarda che borbonica… andate a leggervela e finitela con polemiche di 150 anni fa…criticate la repubblica italiana o la finta autonomia siciliana..i dolori recenti per la valle del belice …come mai non si è data notizia in questo blog dell’avvenuta assegnazione, finalmente dei fondi fas, visto che ieri lombardo ha firmato il decreto di concessione… l’unica cosa buona che ha fatto,,diamogliene almeno questa volta il merito.grazie dal belice….
ma non è assolutamente polemica, ci mancherebbe solo polemizzare sulla storia, poi se ho fatto una citazione sbagliata l’ammetto, i fatti di bronte non accaddero per via delle tasse, come erroneamente ho citato ecco un sunto di quello che accadde preso da wikipedia:
“Quando l’11 maggio del 1860 il generale Giuseppe Garibaldi sbarcò con i Mille nel porto di Marsala, sapeva benissimo che, per chiudere con successo la sua impresa, gli sarebbe stato assolutamente necessario l’appoggio e la partecipazione attiva dei siciliani. Questo sarebbe avvenuto solo se fosse stato accolto non solo come il liberatore dalla tirannide borbonica, ma anche come colui che poteva dare le possibilità di nascere ad una nuova società, libera dalla miseria e dalle ingiustizie. Con questo intento, il 2 giugno, aveva emesso un decreto dove prometteva soccorso ai bisognosi e la tanto attesa divisione delle terre.
Nell’entroterra siciliano si erano, dunque, accese molte speranze di riscatto sociale da parte soprattutto della media borghesia e delle classi meno abbienti. A Bronte, sulle pendici dell’Etna, la contrapposizione era forte fra la nobiltà latifondista rappresentata dalla britannica Ducea di Nelson, proprietà terriera, e la società civile.
Il 2 agosto al malcontento popolare si aggiunsero diversi sbandati e persone provenienti dai paesi limitrofi, tra i quali Calogero Gasparazzo,[3] e scattò la scintilla dell’insurrezione sociale.
Fu così che vennero appiccate le fiamme a decine di case, al teatro e all’archivio comunale. Quindi iniziò una caccia all’uomo e ben sedici furono i morti[4] fra nobili, ufficiali e civili, prima che la rivolta si placasse.
Il Comitato di guerra, creato in maggio per volere di Garibaldi e Crispi, decise di inviare a Bronte un battaglione di garibaldini agli ordini del genovese Nino Bixio per sedare la rivolta e fare giustizia in modo esemplare. Secondo Gigi Di Fiore (Controstoria dell’unità d’Italia) e altri studiosi, gli intenti di Garibaldi probabilmente non erano solo volti al mantenimento dell’ordine pubblico, ma anche a proteggere gli interessi commerciali e terrieri dell’Inghilterra (Bronte apparteneva agli eredi di Nelson), che aveva favorito lo sbarco dei Mille, e soprattutto a calmarne l’opinione pubblica.
Quando Bixio iniziò la propria inchiesta sui fatti accaduti larga parte dei responsabili era fuggita altrove, mentre alcuni ufficiali colsero l’occasione per accusare gli avversari politici.
Il tribunale misto di guerra, in un frettoloso processo durato meno di quattro ore, giudicò ben 150 persone e condannò alla pena capitale l’avvocato Nicolò Lombardo (che, acclamato sindaco dopo l’eccidio, venne ingiustamente additato come capo rivolta, senza alcuna prova), insieme ad altre quattro persone: Nunzio Ciraldo Fraiunco, Nunzio Longi Longhitano, Nunzio Nunno Spitaleri e Nunzio Samperi. La sentenza venne eseguita mediante fucilazione l’alba successiva: per ammonizione, i cadaveri furono lasciati esposti al pubblico insepolti”
poi ho trovato un’altra citazione abbastanza interessante, non la incollo perchè è abbastanza lunga, se la volete leggere si trova in questo sito:
http://www3.varesenews.it/comunita/lettere_al_direttore/articolo.php?id=139257
auguri anna questo volevamo importante e che se ne parli scusa per gli errori on line ma io sono abituata al pennello w il belice.
le parole aprono tutte le porte chiuse .
un idealista e’ colui che costruisce il futuro.
w l’italia con le vittorie alle olimpiadi con le sue sconfitte con le sue contraddizioni con il bello e’ cattivo tempo con uomini donne e bambini , sempre pronti a lottare affinche’ la terra sia pulita w il popolo ”perbene che si alza la mattina per portare a casa qualche po’ di euro giusto il necessario per poter vivere dignitosamente w tutti i ‘GARIBALDI’ CHE CORAGGIOSI E IDEALISTI AFFRONTERANNO L’ITALIA DEMOCRATICA ‘SI FA PER DIRE .
W TUTTI COLORO CHE NONOSTANTE ‘TUTTO’ANCORA SOGNANO.