federica foscariNella filosofia della prestigiosa rassegna “Atelier Musicale” di Milano c’è da sempre il sostegno e la promozione dei giovani musicisti. Analoga vocazione è quella che anima il prestigioso Premio Enzo Randisi che nella sua ultima edizione ha visto vincere la giovanissima cantante siciliana Federica Foscari.

Diciannovenne di grande talento e personalità, questa interprete ancora sconosciuta al di fuori della Sicilia, ha appena inciso l’album “The Nearness Of You” (Jazzy Record) con i musicisti presenti in questo concerto, nel quale rivela il suo sorprendente feeling espressivo e la forte partecipazione emotiva con cui affronta un repertorio che, a prima vista, sembrerebbe non distinguerla da tante altre vocalist italiane o internazionali.

In realtà, le qualità di questa cantante nata a Castelvetrano e cresciuta musicalmente sotto la guida di Loredana Spada e di Giovanni Mazzarino, non risiedono soltanto nella padronanza del linguaggio del moderno mainstream jazzistico, ma soprattutto nel trasporto espressivo, nel coinvolgente feeling che colpisce l’ascoltatore ed evidenzia una maturità poetica davvero rara in una interprete così giovane.

La differenza con molte delle nuove voci attuali sta quindi nella convinzione e nel sentimento con cui canta, che la porta a personalizzare i brani facendoli propri, trasformandoli in senso creativo, portandoli nella propria contemporaneità con estrema naturalezza. Proprio quest’ultimo aspetto le ha consentito di scegliere senza timore un’antologia di superbi evergreen, che spaziano dal songbook americano legato alla migliore tradizione di Braodway a classici della bossa nova, sino allo sguardo alla canzone italiana, come avviene ormai da diverso tempo tra i nostri jazzisti, desiderosi di confrontarsi anche con il proprio retroterra culturale. La scelta sembrerebbe infatti estremamente rischiosa, in quanto questi famosi brani appartengono alla grande storia dell’interpretazione jazzistica sia strumentale che vocale, hanno alle spalle incisioni arcinote, quasi “definitive”, tra l’altro legate a epoche in cui questa musica era realmente il prodotto della società in cui nasceva.

Oggi cantare e suonare questi song richiede la non frequente dote di saper portare la propria storia personale dove altri hanno già lasciato le proprie, pesantissime, impronte. Se questo avviene è perché c’è qualcosa da raccontare che emerge senza sovrastrutture, con la forza del feeling, favorito anche dagli arrangiamenti di Giovanni Mazzarino, pensati su misura per le sue qualità e per creare equilibri funzionali a un gruppo nel quale il pianoforte, elegante, raffinato, ma di contenuto, si erge a regista assoluto, dipingendo il colore di fondo della musica e il contesto ideale per i suoi protagonisti.

Non arrangiamenti astratti, ma quadretti in cui la voce si può muovere in una dimensione ideale, affiancata dalla straordinaria tromba di Fabrizio Bosso, uno dei pochi strumentisti della sua generazione in grado di guardare a un passato conosciuto per portarlo in maniera personale nel presente. Al di là degli aspetti solistici, della padronanza fantastica dello strumento, ormai ai vertici internazionali, Bosso sa muoversi dietro al canto con rara sensibilità e una competenza maturata al fianco di numerose voci, non ultima quella dell’afroamericana Diane Reeves. Esperienza analoga è quella di Riccardo Fioravanti, che al rapporto con la vocalità ha dedicato una parte della sua articolata attività, che fa di lui uno dei più esperti contrabbassisti nell’ambito del mainstream contemporaneo, generalmente in coppia con Stefano Bagnoli, qui invece con Roberto Paglieri, batterista che vanta una lunga carriera in cui ha suonato con musicisti di diversa formazione, tra i quali spicca il nome di Franco Cerri.

fonte. www.secondomaggio.it

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