veleno-caniLaika è morta nel peggiore dei modi. E’ stata avvelenata il giorno dell’Epifania. Purtroppo il copione è tristemente conosciuto: bava alla bocca, blocco respiratorio e atroci sofferenze che culminano nell’arresto cardiaco. Per evitare che si mordesse la lingua durante le convulsioni, le hanno messo un pezzo di cartone arrotolato tra i denti. Sono stati trovati anche i resti della polpetta avvelenata, nei pressi della zona artigianale di contrada Strasatto.

E’ il sesto cane avvelenato a Castelvetrano dall’inizio del 2013. Tre sono morti e altri tre sono stati salvati in extremis.

Nella notte tra l’uno e il due gennaio, in via Accardo (zona Salute) ne avvelenano tre: Kelly, Tina e Charlie. Le prime due sono cagnoline microchippate, sterilizzate e reintrodotte nel territorio come cani di quartiere, secondo quanto prescrive la legge.

I Carabinieri, chiamati da coloro che se ne prendevano cura, allertano l’Asp, intorno alle due del mattino, ma si sentono rispondere che la reperibilità dei veterinari non riguarda i cani da soccorrere nel territorio. Dicono che loro possono intervenire soltanto per costatarne la morte.
Sono allora  gli animalisti dell’associazione Laica a darsi da fare. Intervengono loro.
Ma Kelly non ce la fa. Muore. Tina e Charlie invece sopravvivono.
Charlie non è un randagio, né un cane di quartiere. Ha un padrone e viene condotto al guinzaglio, ma era bastato un attimo, il tempo di mangiare una polpetta piena di veleno.

Il due gennaio tocca a Berto, in zona Trinità di Delia.
Diffidente, al punto che i volontari della Laica non erano ancora riusciti ad avvicinarlo. Alla polpetta piena di veleno, invece, è bastato aspettare che si avvicinasse.
Questa volta, essendo una mattina di un giorno lavorativo, c’è il veterinario del canile, che non esita a recarsi sul posto insieme ai volontari. Inietta l’atropina. Berto ce la fa.

Il quattro gennaio, nella stessa zona, muore un cucciolone senza nome, di circa un anno.

Da Capodanno all’Epifania, sei cani avvelenati sono davvero troppi e non possono non far pensare alla strage di cani avvenuta nel marzo del 2011, quando ne furono avvelenati otto nel giro di un paio di giorni.
Al momento, il Canile Municipale è ancora sotto sequestro e non è mai stata chiarita la questione delle competenze sul primo intervento sui cani randagi.

È difficile capire se davvero la reperibilità dei veterinari dell’Asp sia riferibile soltanto all’accertamento della morte, con esclusione di qualsiasi intervento di soccorso.

Il dottor Guido Vanella non ha dubbi: “L’Asp non prevede che nella nostra reperibilità dobbiamo curare i cani. Diversamente ci metterebbe a disposizione gli strumenti. Pensi che il lettore microchip non mi è stato fornito dall’Asp, ma ne utilizzo uno mio, personale. Non siamo pagati per curare i cani randagi – prosegue il dottor Vanella – la legge dice che sono di proprietà del Comune, che è il responsabile. Dovrebbero stipulare una convenzione con dei veterinari privati, in modo da poter intervenire nel caso di cani feriti o avvelenati”.

Il canile però ha tanto di ambulatorio, certamente attrezzato almeno per gli interventi di primo soccorso.
La speranza è che mansioni e competenze possano essere chiarite al più presto, prima che altri cani rimangano uccisi a causa della cattiveria di chi li avvelena e dell’indifferenza della burocrazia.

Egidio Morici
www.500firme.it

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