Per ottenere il massimo del coraggio, i capi di queste bande criminali, praticano sulle tempie e sulle braccia dei bambini alcune incisioni in cui iniettano cocaina, anche in questo caso facendo credere loro si tratti di un rito magico. Si tratta di bambini spesso senza futuro: a dieci anni hanno già ucciso o mutilato centinaia di persone; nessuno in nessun villaggio sarà più disposto ad accoglierli una volta finita la guerra per cui hanno combattuto. Loro stessi non capiranno che cosa li abbia spinti a compiere le mostruosità di cui si sono resi colpevoli.
L’impiego dei bambini in armi non è un fenomeno recente: alla fine della Seconda Guerra Mondiale i ragazzi della Hitlerjugend vennero arruolati alla bell’e meglio per difendere la Germania dalle truppe alleate. Tuttavia in quel caso si trattava di una mossa disperata di un regime al suo crepuscolo. La novità dei bambini soldato di oggi è che sono oggetto di una sistematica politica di arruolamento ufficialmente negata (come in Sudan, Uganda, in o da parte del PKK curdo) e che ha un unico precedente storico: l’esercito iraniano che nella guerra contro l’Iraq ad un certo punto mandò in prima linea i bambini su ordine dell’Ayatollah Khomeini. Molti vennero uccisi o catturati, ma di questi Khomeini impedì il ritorno in patria.
Nell’antichità, l’etica del guerriero, in tutte le culture, non ha mai consentito l’impiego di bambini al fronte; inoltre le armi e le armature erano di un peso tale da non poter essere né trasportate né tantomeno utilizzate da un bambino. Oggi, invece, le armi più diffuse tra i bambini sono le bombe a mano di nuova concezione ed i mitra AK47 dal peso di neanche tre chili: una banda di mocciosi ha cioè una potenza di fuoco e una capacità di uccidere superiore a quella di un reggimento napoleonico ed una determinazione non inferiore. Come mi ha testimoniato un esperto operatore umanitario, non c’è niente di peggio che essere fermato ad un posto di blocco improvvisato da bambini “se hai a che fare con adulti, sai che se lasci un po’ di soldi puoi ripartire. Se sono bambini, sai solo che forse non rivedrai più i tuoi”.
Uscire da questa situazione non è semplice: chi arruola bambini dovrebbe essere però accusato di crimini contro l’umanità e portato davanti alla Corte Penale Internazionale. In questo modo si darebbe rilievo ad un fenomeno così osceno di cui l’opinione pubblica sa ben poco.
I politici occidentali, in particolar modo quelli che si definiscono progressisti e praticano la rivoluzione da salotto, dovrebbero evitare di andare in visita pastorale dai capi dei movimenti di liberazione latinoamericani, perché tra questi la pratica dell’arruolamento dei bambini soldato è diffusissima e segreta.
Gli amministratori delle multinazionali dovrebbero intraprendere più seriamente la direzione di una reale responsabilità sociale di impresa ed evitare di fare business laddove i diritti fondamentali sono violati con violenza inaudita. Le imprese che non esitano a fare tali affari dovrebbero essere perseguite penalmente: sarebbe sufficiente integrare le raccomandazioni contenute nell’accordo delle Nazioni Unite Global Compact, rivolto alle società che operano su scala globale, con una parte sanzionatoria che i singoli stati potrebbero recepire punendo le imprese che commettano crimini all’estero.
L’approccio di molte organizzazioni non governative che tratta il problema dei bambini soldato come una mera questione di sviluppo e sottosviluppo all’interno delle relazioni tra Nord e Sud del mondo, non coglie la tragica novità dell’importanza strategica e militare nell’uso dei bambini: il miglioramento delle condizioni economiche o delle chance di vita della popolazione locale non basta a rimuovere cause che sono anche politiche, culturali e con forti ripercussioni psicologiche. E’ necessario un impegno serio da parte delle Nazioni Unite ad intervenire in tali aree per ricostruire la legittimità dello stato, dell’ordine pubblico ed il controllo della gestione delle risorse naturali.
Noi occidentali, in particolare, che abbiamo fatto della difesa dei diritti umani la nostra bandiera, non dovremmo sottrarci a questo pericoloso compito, tuttavia potremmo scoprire – come hanno dovuto scoprire i SAS britannici a loro spese in Sierra Leone – di avere come nemico implacabile un esercito di bambini su cui dover prima o poi aprire il fuoco. Saremmo pronti a farlo?
Per chi volesse sapere di più sull’argomento, suggerisco la testimonianza del missionario italiano Giulio Albanese “Soldatini di piombo: la questione dei bambini soldato” e lo studio di Peter W. Singer della Brookings Institution “I signori delle mosche” entrambi editi da Feltrinelli.
(Luca Fornaroli)