I professionisti iscritti all’Albo, che prestano un’opera intellettuale non equiparabile all’attività di impresa, possono utilizzare software pirata. La pensa così il Tribunale di Bologna, che con una recente sentenza ha convalidato precedenti orientamenti della Cassazione.

Il Tribunale di Bologna ha assolto dall’accusa di violazione del diritto d’autore un architetto in possesso di programmi senza licenza. La decisione è stata motivata dal fatto che il libero professionista esercita attività intellettuale, diversa da quella industriale.

Per i giudici, la legge punisce chi usa programmi masterizzati nell’esercizio dell’attività di impresa.

L’architetto, trovato in possesso di nove programmi installati abusivamente, di valore superiore a 17 mila euro, era stato inizialmente condannato al pagamento di una multa. Alla luce delle considerazioni del Tribunale, il professionista è stato in seguito assolto perché il fatto non sussiste.


Sulla stessa lunghezza d’onda si è collocata la Corte d’Appello di Trento, che nel 2010 ha assolto due architetti che usavano programmi senza licenza nei loro uffici.

Nel 2009 la Cassazione ha stabilito che non si deve fare confusione tra attività professionale ed imprenditoriale. A meno che non si dimostri che il professionista svolga la sua opera con una organizzazione tale da essere assimilato all’impresa. La differenza per la Cassazione sta nel fatto che l’attività di impresa è esplicitamente a scopo di lucro, mentre quella professionale non prevede un fine industriale.

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