«Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo, estremo baluardo della questione morale, è dovere della collettività resistere, resistere, resistere come su una irrinunciabile linea del Piave.»
(Francesco Saverio Borrelli, 12 gennaio 2002)
E nella collettività da un pò di tempo si è cominciato a resistere. In tanti modi.
C’è chi lo fa scendendo in piazza, chi contesta il potente di turno, chi scrive sul web… chi legge e commenta.
Qualcuno però sostiene che ormai è tempo di agire e che resistere non serve senza l’azione.
Ma che tipo di azione?
Da dove cominciare?
Come coordinarsi?
Bastoni, urla, fumogeni, adrenalina, il rischio di rimanere feriti o uccisi… Siamo sicuri che sarebbe ancora questa oggi, la rivoluzione?
Io ne sogno un’altra.
Una in cui la gente non chieda più favori a nessuno.
Lo so, è quasi impossibile, bisogna pur mangiare, intrappolati dal timore che se non siamo in tanti non avrebbe senso. Gli ideali sono sempre venuti dopo la pancia.
Ma forse soltanto con l’abbattimento del clientelismo potrebbe rinascere la democrazia, quella vera, fondata sul diritto e non sul favore.
Senza bastoni, fumogeni o adrenalina, non rimarremmo feriti o uccisi, ma rischieremmo di perdere quello che abbiamo, oppure di non trovare quello che cerchiamo. Rischieremmo di rimanere isolati, col cellulare che non squilla più e senza più caffè da offrire al bar.
Sarebbe un suicidio?
O uccide di più questa inquietante normalità del più forte?
Si può resistere ai favori?
E per quanto tempo?
E’ vero… “Francia o Spagna, basta che se magna”, dicevano i nostri avi secoli addietro in balia della dominazine straniera… Oggi viviamo in una società del favore ma ricordiamoci che cosa è un favore: un favore è offrire un caffè al bar, dare un passaggio in auto, ritardare la chiusura del proprio negozio per aspettare un cliente. Non certo rilasciare una pensione di invalidità o una concessione edilizia indebitamente o comunque negoziare un diritto. I diritti sono sacrosanti e il loro legittimo o illegittimo riconoscimento non può essere considerato un favore se non da chi biecamente ne fa mercimonio a scopo personale.
Ma quale può essere un’ accettabile forma di rivoluzione? Purtroppo la storia e la cronaca ci insegnano che spesso le maniere pacifiche non sono state sufficienti. E allora ci resta solo la speranza, la speranza che quella crocetta con la matita che apponiamo in cabina elettorale possa avere la forza di cambiare le cose, possa avere la forza di mantenere integra e libera la Magistratura cui spetta l’immane compito di giudicare il bene e il male su questa terra. Ma soprattutto dobbiamo sperare che le coscienze di ognuno di noi prendano atto della propria identità con atteggiamento di autocritica, risvegliare il sentimento della vergogna per l’illegittimo e sviluppare la forza di combattere il demone dell’interesse personale e della rivalsa che inevitabilmente ci assalirebbe se investiti del potere poichè siamo creature umane soggette alle tentazioni e non certo angeli a cui converrebbe somigliare.