“Francesco Titone (Ciccio per parenti ed amici) era un uomo, a modo suo, singolare. Nato probabilmente nel posto sbagliato, in una Sicilia che nell’immediato dopoguerra arrancava ancor più rispetto al resto d’Italia, dove, giovanissimo, avvertì rapidamente che l’orizzonte che i suoi natali gli offrivano era troppo ristretto per la sua immaginazione vivace e per la sua proiezione mentale, già allora piuttosto avanti rispetto ai suoi coetanei”
Inizia così il commosso ricordo del Dott. Vincenzo Leone verso il pittore ed artista castelvetranese scomparso ieri all’età di 84 anni.
“Un po’ come Cimabue – scrive Leone – comincia giovanissimo ad avvertire dentro di sé una forte spinta emotiva ed un altrettanto forte sentimento verso l’arte, il bello e la pittura. Inizia allora a cercare la sua strada; dritta o tortuosa, liscia o erta che sia, poco importa…purché possa condurlo al raggiungimento dei suoi obiettivi e saziare la sua sete di artista”
Va a Milano negli anni ’50, all’inizio del boom economico e culturale, città che lo accoglie e lo ammalia e che lo battezza Artista. Lo accoglie in laboratori culturali dove la pittura, la storia, la letteratura sono il suo pane quotidiano e dove lui colma il gap che la sua modesta scolarità gli aveva procurato. Legge, studia, elabora, acquisice l’arte di mescolare colori e materie prime, imparando a dominarli e…DIPINGE! Con la sua impareggiabile tecnica “a spatola” Ciccio spazia con la sua enorme produzione dall’impressionismo al romanticismo, al futurismo, al realismo… ma sempre con quel velo di amore per il bello, per l’armonia delle forme e della sua terra natia. Le sue radici, la famiglia, la natura sono le sorgenti della sua ispirazione. Nonostante in gioventù si fosse professato ateo, in ogni sua opera si avverte una forte spiritualità, la stessa spiritualità che traspare nel suo intimo rapporto con la Natura, della quale ha dipinto quell’armonia che solo il “disegno” di un Essere superiore poteva creare. Ciccio Titone era un uomo semplice, in fondo, passionale, onesto, generoso e buono.
Tornato a Castelvetrano negli anni ’60, continua a coltivare la sua passione per l’arte, dipingendo e frequentando uomini di cultura e “liberi pensatori” anche se per vivere ha esercitato il mestiere, come direbbero a Palermo, dell’indoratore: i soffitti di alcune case custodiscono ancora i suoi affreschi raffiguranti scene bucoliche e paesaggi selinuntini.
Ciccio ha donato il suo talento e la sua arte anche attraverso il restauro di alcune antiche opere pittoriche custodite nelle chiese di Castelvetrano, ha restaurato l’icona che si trova sotto l’arco di Palazzo Pignatelli; ha tenuto mostre personali e collettive in tutta Italia, in Austria e in Germania.
Insieme a Rosa Cristiano, fedele e attenta compagna di vita per oltre 50 anni, ha fondato una famiglia, completata da Gaspare e Maria Grazia, i loro figli e con loro ha diviso la sua vita, fatta solo di pittura, famiglia e lavoro.
Ha continuato a dipingere finché il Signore gli diede mani e mente in grado di farlo. Credo che l’impegno profuso da Ciccio Titone nella pittura avrebbe meritato una maggiore attenzione dalla sua Città…ma forse io sono di parte!
Oggi la maggior parte della sua produzione artistica è contenuta nella sua casa di via Lepanto e sulle pareti di quanti l’hanno apprezzata e di coloro che lui ha ritenuto degni di poterne custodire la testimonianza”