Solo l’intenso studio della rovina molto dissestata e dei suoi elementi permette la affermazione che il tempio A, costruito intorno alla metà del sec. V a.C., era il tempio classico più armonioso e perfetto di Selinunte. L’occhio sensibile, tuttavia, apprezza la bellezza classica delle precise forme dei membri architettonici, specialmente dei capitelli, nonostante l’avanzato stato di corrosione.
Nel tempio, dalle dimensioni generali moderate (stilobate 16.23/40.24 m) le colonne disposte nel rapporto di 6/14, ormai canonico per i templi dell’occidente greco, e con interassi normali uguali ai fronti e lati, rinchiudono la cella in perfetta simmetria. Per risolvere il noto conflitto d’angolo dell’ordine architettonico dorico di età classica, dovuto al fatto che agli angoli i triglifi non possono coincidere assialmente con le rispettive colonne, si contraggono gradualmente gli interassi delle colonne più vicine agli angoli.

Inoltre fu data alle colonne una leggera inclinazione verso l’intero del tempio per conguagliare le restanti piccole differenze e per poter formare, infine, il fregio a triglifi e metope con la massima regolarità. Tale leggera inclinazione intenzionale – e qui nobile monumento. Una sima riccamente decorata di prezioso marmo greco-insulare incoronava l’alzato ben proporzionato.

Nella cella il pronao, il vano d’ingresso orientale con le due colonne in antis viene controbilanciato ad ovest dell’analogo opistodomo. Dal naos è separato l’adyton, il vano per la statua di culto che a Selinunte sembra irrinunciabile, il che porta a delle proporzioni insolitamente raccorciate, ma proprio per questo molto armoniose, della sala principale.
Un elemento particolarmente elaborato sono le due scale a chiocciola risparmiate dalla parete d’ingresso al naos, un dispositivo che si spiega solo con delle esigenze del culto che rimangono, però, oscure. È questo il primo esempio della scala a chiocciola in tutta la storia dell’architettura.
Il tempio creava una unità architettonica col suo grande altare che a sua volta è il più complesso esempio di questa tipologia in età classica. Perché l’altare stesso riprendeva nel piccolo tutte le forme del grande tempio perittero. La mensa dell’altare era rinchiusa da un colonnato con una intera trabeazione dorica, il tutto si alzava sulle relative gradinate e due interi frontoni fungono da guance d’altare. Solo la fiancata rivolta verso il tempio era interrotta dalla larga scalinata indispensabile per le funzioni di culto.

(fonte. Assessorato Beni Culturali)