La planimetria del secondo grande tempio perittero sull’acropoli si spiega come la reazione alla pianta altoarcaica del tempio C maturata sotto l’influsso di nuove idee provenute dalla madrepatria greca.
L’estrema lunghezza arcaica viene drasticamente ridotta con la disposizione di sole 13 colonne sui lati lunghi. Nello stesso tempo si inverte il rapporto degli interassi che ora sono più grandi ai lati e non alle fronti, ma soprattutto si rinunciò al secondo colonnato del lato Est. Esso sembra piuttosto fondersi con la fronte della cella stessa grazie al dispositivo che prevede non solo le due colonne tra le testate (ante) dei muri del pronao ma la formazione delle ante stesse in forma di colonne a 3/4, che le fanno ora apparire assieme alle due colonne centrali come un proprio colonnato prostilo tetrastilo. Così la fronte della cella stessa viene distinta in modo particolare, mentre rimangono invariati i rapporti spaziali del resto, sia dell’interno della cella, sia della peristasi.
La modernità della nuova soluzione risulta particolarmente dal confronto col tempio F della Collina Orientale, in cui il secondo colonnato si trova ovviamente troppo vicino alla fronte della cella. La ampia discussione del problema tra gli architetti contemporanei coll’intento di mettere ben in vista la cella stessa come centro del culto, si manifesta anche col confronto con le piante dei due templi coevi di Paestum in Magna Grecia.
Le dimensioni dell’alzato e soprattutto i rimanenti problemi nel proporzionamento dei membri della trabeazione fanno intravedere, d’altra parte, quanti passi evolutivi mancano ancora fino a raggiungere l’equilibrio dell’ordine classico dei due templi E ed A.
(fonte. Assessorato Beni Culturali)