Nocellara del Belice
A Castelvetrano è d’obbligo una visita alle aziende agricole e ai frantoi che producono l’olio della famosa e pluri-premiata Nocellara del Belice.
L’ideale ovviamente sarebbe quello di trovarsi da queste parti nel periodo della raccolta e della molitura delle olive, dalla fine di ottobre alla fine di novembre, per apprezzare la genuinità e il gusto piccante dell’olio nuovo e per acquistarlo a prezzi molto convenienti.
Pane Nero di Castelvetrano
Castelvetrano è il paese che dà il nome al tipico pane nero, conosciuto appunto come Pane nero di Castelvetrano.
Dalle origini antiche, caratterizzato da un profumo intenso e dal suo particolare aroma tostato, il suo tipico colore bruno è dato dal grano utilizzato, la Tumminia un grano a bassa resa, che proprio per questa ragione non viene più utilizzato altrove. A questo viene aggiunto un altro cultivar di grano autoctono, dal chicco duro e povero di crusca, la Russulidda.
Antichi fornai sovrintendono alla panificazione con l’uso di tecniche tradizionali in tutti i processi che portano all’impasto finale, cotto poi in forni a legna riscaldati a 300° C, dando fuoco a frasche di ulivo, resti della potatura, che contribuiscono al suo gusto particolare. La lievitazione naturale conferisce al pane fragranza e morbidezza, che durano, e addirittura aumentano, con il passare dei giorni. Le forme di pane che oggi vengono prodotte, sono chiamate vastedde, hanno forma circolare e pesano circa un chilogrammo.
Anticamente esistevano forme da 2 kg, cui si dava il nome di pani. Si trovano anche forme più piccole, come le Cuddure (1/2 kg) e le Cudduredde (150-200 g). Una volta l’anno, con la farina appena molita, si usava preparare le Cuddure a pedi di voi (a piede di bue), come segno di gratitudine nei confronti dell’animale che aiutava a solcare i campi. È ottimo da gustare caldo, condito con olio, origano e sardine salate. Il pane nero di Castelvetrano è da anni un Presidio Slow Food, che ha riunito i panificatori in un piccolo consorzio.
Pesce azzurro di Selinunte
Tipica della località di Marinella di Selinunte è la pesca delle sardine, a bordo di piccole barche a motore, colorate a strisce o decorate con soggetti marini. Una pesca notturna, fatta da uomini che sentono i movimenti delle sardine, che amano il buio ma che vengono attratti da qualsiasi bagliore, sia esso il sorgere del sole o il faro delle imbarcazioni. Il sistema di pesca è antichissimo, e solo qui è sopravvissuto l’impiego delle reti di tratta o cianciolu, fatte con maglie adatte a catturare solo le sardine più grosse, caratterizzate da carne chiara, profumo accattivante, gusto intenso e allo stesso tempo delicato.
Subito dopo aver attraccato le imbarcazioni, i pescatori iniziano a lavorare le sardine, solo così possono garantire la freschezza del loro prodotto, che viene lavato in salamoia e poi sistemato in recipienti, alternando sardine e sale. Possono anche essere comprate direttamente dai pescatori al mattino o alla sera, in base all’orario del rientro delle barche. Il modo migliore per gustare le sardine, è arrostirle al fuoco. I pescatori hanno l’usanza di cuocerle e consumarle in riva al mare, preparando degli spiedini, conosciuti come Spita di sardi, tecnica che solo qui viene praticata, in occasione della sagra: infilano le sardine una ad una in spiedini di canna e dopo aver salato tutto, li allineano su delle pietre ai bordi di una brace. Anche per la sardina di Selinunte è previsto l’inserimento nell’Arca del Gusto di Slow Food.
Infine per chi vuole scoprire i legami fra la cucina siciliana e quella araba suggeriamo di provare, il cous cous di pesce. Pur essendo di origini maghrebine questo piatto unico, a base di semola di grano duro, è infatti ormai considerato parte integrante della cucina della provincia di Trapani.