Ieri notte a Palermo c’è stato dunque il terremoto, 7 anni dopo quello del 2002 (stesso mese, con un giorno di differenza), che fece scantare i palermitani, anche perché allora la magnitudo fu 5.6 della scala Richter, mentre alle 23.26 è stata registrata una scossa di 4.0 (anche se questo sito statunitense sostiene che sia stata di un punto superiore).
Poi ci sono state altre due scosse alle 23.56 (2.6) e alle 00.43 (2.6), mentre alle 3.34 è stato registrato un sisma presso Lipari (2.9).
Stamane Palermo e buona parte della provincia si è svegliata divisa in due: chi ha sentito il terremoto e chi no, con i primi che i raccontano ai secondi le emozioni provate. Ne abbiamo avuto un assaggio stanotte, poco dopo la pubblicazione di questo post, un’ora dopo la scossa principale, che ha superato in poco tempo le 1000 visualizzazioni.
Arianna ha scritto: “è fuggita tutta la gente dalla stazione centrale“, Domenico ha risposto: “e già…ho sentito due scosse, la prima più lunga e intensa della seconda… ora mi chiedo… e dopo la “bufala che girava via sms del presunto terremoto con epicentro a Palermo… cosa c’è da credere”?… niente allarmismi ovvio“. Pedadafofian ha replicato ironicamente: “noi stiamo giocando a risiko… e non l’abbiamo sentito nemmeno minimamente… se viene un’altra scossa bussateci“.
Ma Giuseppe ha incalzato: “Lungo la fascia costiera si è sentita forte, io a Villabate ho visto tremare anche il frigo!!”, sostenuto da Enza: “mi era sembrato di sentire tremare il letto ma mi sono detta è una mia impressione…alla 1 mi chiama un’amica…c’è stato il terremoto..noi scappiamo…ma dove? bhoooo speriamo in bene…ciao” e Cristina: “andiamo bene… e chi dormirà stanotte?! io abito a Terrasini, c’era uno spettacolo in piazza e nonostante le casse ad alto volume ho sentito per qualche secondo dei vetri tremare e dei cani irrequieti, ma non stavano mica litigando tra loro! la gente s’è alzata in piedi all’improvviso, per poi sedersi non avendo ben capito cosa sia successo… ho controllato l’orario, e coincide con quello della scossa delle 23.26!“.
A tal proposito, è interessante (e divertente) quest’articolo di Roberto Puglisi, pubblicato su LiveSicilia, di cui riporto l’incipit
– Dice che tanti hanno afferrato la prima coperta disponibile, una razione di biscotti, un chilo di paura, un briciolo di familiare tenerezza. E poi sono scappati, dopo il ruggito del quarto grado della scala Richter che ha reso inquieto e frabile il cuore di una città. Dice che Brancaccio si è riversata in strada. Lì, dove la prima scossa – ce n’è stata un’altra minore – ha fatto maggiore mostra di sè, il marciapiede è diventato condominio. Tutti lì, qualcuno in pigiama, a guardare chissà perchè le stelle. Ecco, da bravo cronista dovrei spingermi fino a Brancaccio, per senso del dovere. Eppure, arrivato in via dei Nebrodi, mi afferra il rimorso, si attacca al petto e non lo lascia più: come faranno a casa se arriva la “scutuliata massima”, quella che ti lascia appena il tempo di morire insieme –
Allora, voi da che parte state? Chi l’ha sentito? O chi ha chiesto in giro, avendo dormito tranquillamente?
Walter Giannò
per BlogSicilia.it
speriamo che anche stavolta i siciliani e raffaele lombardo si ricordino del belice….. chi di spada ferisce di spada perisce. al prossimo sisma…. si facciano al parlamento siciliano un bel nodo al fazzoletto…
io non chiedo di cancellare ma di adeguare la notizia che attribuisce a padre augello la fondazione di santa lucia che spetta a me e a padre agostino. lui e stato solo il secondo parroco . si dia a cesare ciò che è di cesare , e a dio ciò che è di dio…..
Ero nella mia stanza,quando ha iniziato a tremare tutto,la mia scrivania,il pc,il lampadario…certo che l’ho sentito,abito a Palermo e la paura è stata tanta,sono andata a dormire dal mio ragazzo (abita al piano terra)…che non ha gradito affatto.Al risveglio mi ha mollata dopo una lite dicendomi che sono una persona esagerata e non avrei dovuto reagire così.E così è finita la mia storia di tre anni e mezzo…per un terremoto!!!
il comune di cvetrano non distruggerà mai i miei ricordi infantili del sisma del 1968 del belice nel rione belvedere dove erano istallate le baracche. avevo 6 anni ma iricordi sono vivi e li racconto ai miei nipoti che sentono parlare di tragedie solo alla tv. il quartiere è nuovo in gran parte e conserva parte della planimetria della tendopoli e delle baracche poi con le strade di tufo ricoperte di asfalto. doveva nascere una bella cittadina , invece è una zona problematica a cui le nuove giunte hanno tradito di nuovo le aspettative per favorire le zone pupille, arrivando al punto di selinuntiare tutta la storia del paese per cancellare la storia del 1968 e imbalsamare il passato. per quest mi sono deciso a scrivere queste parole e ricordare… non per me ma per i giovani castelvetranesi che si facciano portavoci verso le autorità a non fare finire la storia recente ,perchè non piace , nel dimenticatoio.
ricordo la vita nelle tende,don calogero che era vedovo e si cucinava da solo montagne sqisite di attuppateddi con le patate che abitava in un rudere di corriera- autobus- trasformato in villetta. aveva il figlio cantante a milano , il signor mimmo accardo, famoso al darby milanese locale chic .quanta paura per le scosse e quanta ansia per i parenti che emigravano. e quanto dolore per i miei fratelli più grandi che per non perdere la scuola sono stati portati a genova, loro che forse non erano mai stati a marsala…. il pane distribuito dai camions come se si facesse il tiro alle bestie e tanto riso al pomodoro che quando lo cuocio mi sembra di ricordare gli odori di una volta…..ricordo un cavallo robusto bianco e grigio salvato dalle macerie su un camion e la gente curiosa attorno, forse per vederlo in bistecche ma grazie a dio rimase vivo , e ora sò che ritornò ad arare i campi vivo e pimpante.
le patate erano squisite con la u,perdonate gli atti di emozione.le persone facevano amicizia nelle tende,quando non si erano mai viste, i nostri paesi son o distanti non come nel nord cne sono uniti dalla stessa via.vicino casa vi era un furgoe che fungeva da ufficio postale, due carabinieri sempre gentili come angeli proteggevano tutti insieme a colui che sarebbe diventato il generale dalla chiesa. ricordo le cucine da campo dove donne vestite di nero cucinavano o parlavano tra loro in strane forme dialettali come se fossero in casa propria.la vita continuava…ricordo quando tutti i bambini pulivamo il grano dalle macerie a mano e una donna lo passava con il crivu per pulirlo dalla pula e dalle ultime pietruzze.come premio una pagnotta ma non credo cotto nelle tende perchè non ricordo rudimentali forni, forse in qualche panificio in paese dove le pagnotte venivano portate in cesti di vimini che un vecchio fabbricava a pagamento e che vedevo seduto a terra con una coperta con rami e un coltellino-
speravo che qualcuno leggesse queste parole, si vede che se avessi descritto le bellezze di qualche zona chic, avrei avuto più fortuna. non mi arrendo perchè è già tanto se sono pubblicate-io continuo, dopo tutto anche manzoni aveva 4 lettori…quindi non dispero. ricordo quando un pittore dipingeva i volti sotto le tende con i colori a pastello, in posa ,come quando ci si faceva le foto. tutti fermi come baccalà e sorrisi ebeti.. proprio come è ora questo paese. ricordo i quadri e i soggetti , famiglie intere davanti a un tavolo con gli spaghetti fumanti, stile film di totò, miseria e nobiltà. e poi una ragazza con un maglione rosso, gonna e calzettoni verdi che prendea acqua da un miserabile cannolo. ho conosciuto poi il pittore , che è diventato famoso ma è dovuto andare a torino, cannata di cognome, che mi ha detto anni fa che i disegni esistono ancora e li conserverà visto che li ricordo.la vita apparentemente serena, tra pacchi che arrivavano dalla svizzera con ogni ben di dio, con le stecche di cioccolato immancabili, vestiti o meglio stoffe colorate, quando il solito e unico colore era il nero.
tanta stoffa bianca che veniva lavata e stesa sui prati e nessuno la toccava, e tanti sorrisi e grida gioiose, ora il belice è solo un colossale catafalco… si ricordano che esistiamo solo ad ogni terremoto……che si facessero, gli italiani , una volta e per sempre, un mea culpa…e così anche il cattolicesimo che ammette critiche solo dai due ladroni che gli stanno intorno…come a castelvetrano, succube di una chiesa mazarese che è una colossale bomboniera, tutta fumo e niente arrosto. una bomboniera come quelle che si mettevano nelle credenze con le vetrine ,fra tulle e balocchi di ceramica, per ogni occasione . guai a criticare la chiesa… nel belvedere è nata una parrocchia tra rucculi e lamenti, malvoluta, malvista fin dalla nascita, e qualsiasi vescovo vede quello che vuol vedere. faccia da missionario e si sciroppi tutto quello che vi è da dire…senza tramiti e persone che lo incensano…. faccia una grande opera di misericordia, si digerisca le critiche, finalmente, se ha fegato… una sola persona ha fatto ciò che doveva fare sia il comune che la chiesa,io, che ho fatto ciò che non è stato fatto a gibellina, senza essere sindaco o architetto di grido, eppure la chiesa è in piedi, la sola crollata è quella delle persone, fatevi un esame di coscienza ,se ne avete una, tanto, state tranquilli ,io, non tornerò mai più con voi..
torniamo ai ricordi che è meglio… un giorno papà preparò il trattore grande, quello delle grandi occasioni, per andare in gita per la pasquetta del 1968. allora non si andava al mare e abbronzarsi non era degno, si doveva rimanere pallidi come canditi di zucchero…le donne con la mamma pina, avevano cucinato la carne o le melenzane, papà, aveva chiesto il permesso al suo datore di lavoro per la casa di campagna a santa teresa delle latomie, il dottor lombardo, sposato con comare titina de simone una signora bellissima come la franca florio,meravigliosa e dolce donna di una bontà squisita. una cassapanca di legno piena di stoviglie e tegami piene di sugo e polpette. la frutta sul posto ,fichi secchi e meloni gialli, a scelta, un bastone di sommacco , la classica furcedda, per colpire le mandorle da mangiare o per fare il torrone di mandorle. alto che brioscine e merendine…le donne più grandi a fare il pane , la piszza rustica e croccante e la quarara per le tagliatelle fatte a mano da donne originarie da gibellina, le sorelle stabile , franca ,pina e maria e la cugina margherita cascino e le mie sorelle. come divertimento le scorze di melone o i gelsi, o ceusi russi, spremuti e strofinati dappertutto, poi il ricorso al pozzo con acqua gelida, rudimentali gavettoni tra le risate generali, mai più sentite in vita mia…
Mario ciò che scrivi mi mette i brividi,io penso che dovresti scrivere un libro.Complimenti.
grazie,ivana, per i complimenti, ma non sono uno scrittore e poi non ho i mezzi materiali ,i soldi insomma, per potere pubblicare. ciò che scrivo è spontaneo e non ha alcuna base scritta, è per voi e scusate gli errori continui,se volete fotocopiate tutto ,è un regalo che faccio a voi giovani, dovete sapere la verità così nuda e cruda e le tue parole mi spingono a farlo. dove abito e già abbastanza descritto, belvedere appartiene al comune di castelvetrano, la chiesa è nuova da 19 anni, qui il tempo non passa mai, per cui anche solo 19 anni sono pochi, solo le persone come me anche se a 48 anni è come se ne avessimo cento.io lavoro in ospedale in paese e vedo tante cose belle e brutte, sono ausiliario e dopo il lavoro bado ai miei genitori anziani e il computer è il solo legame con il resto del mondo.ma dopotuto sono felice lo stesso, dopo aver vinto un brutto male, mi sento la persona più felice di questa terra, tutto il resto è relativo. i miei ricordi non sono tutti scritti, anche se ho degli appunti per ricordare e riflettere. non ho perso la casa , anhe se è piccola è tutto il mio mondo, dalla finestra vedo la piazza dove vi erano le tende tra cui un asilo, una chiesa evangelica dove distribuivano litri di latte condensato, bollito in acqua o spalmato nel pane come se fosse marmellata.delle donne evangeliche facevano paura, alte e con quei capppelli militari che ad alcuni anziani finiti in russia facevano spavento perchè ricordavano loro le cosacche dei campi di stalin. la prima notte co n la mia famiglia e i fratelli ferrante, antonio e grazia, bravissima a fare le frittelle di pane fritto con lo zucchero, ci rifuggiammo in una tenda dove io e i miei fratellini dormivamo su vecchi banchi scolastici e come materassi due sacchi che poi si rivelarono pieni di pagnotte di pane piatto venuto da chissà dove,i grandi attorno al fuoco ancora vestiti o come il signor antonio che pur tra le scosse chissà come aveva il coraggio di mettersi il camicione da notte con la papalina bianca, come se si fosse al grand hotel, invece il belice era un colossale titanic di terraferma ,ferma per modo di dire, scosse forti che si susseguivano. niente urla, io non ne ho mai sentite,parlare, il fuoco screptare, immobili, ,tranne quando si doveva mettere una patata nella bracie,un quadro spettrale alla goya, con i visi illuminati dai bagliori di fuoco,un temporale improvviso e la pioggia che entrava, tutti fermi intenti a non bagnarsi alzando i piedi nudi o con ciabatte da camrera sui pioli delle sedie fregate in qualche chiesa crollata. immobili come pappagalli impagliati, più zitti di portobello ….
ripeto…coltiva quest’arte,sai scrivere e trasmettere le tue stesse sensazioni…provaci.Hai visto invece cosa è successo a me?
sono appena tornato dal lavoro e mi sento un pò stanco,ho visto il messaggio e non volevo essere scortese.scriverò poco perchè non voglio dare una sbagliata impressione , ora saluto tutti voi e grazie di tutte le vostre gentili parole.
nel periodo elettorale del 1968, forse le politiche,vennero tanti politicanti di tutti i colori, ma tutti a ripetere lo stesso discorso,come un disco rotto,-lo stato non vi dimentica, lo stato è con voi….sono passati 41 anni, ma ad ogni sisma , compreso quello abruzzese , risento lo stesso canto del cigno, o di una cornacchia che non vuole avere il collo tirato, sempre lo stesso motivetto forse scritto su dischi destinati alle prefetture, stile mussolini, da tirare fuori quando serve..sono nauseato.dopo tanti mesi le persone erano stanche e mormoravano di partire. anche a casa mia si presentò un funzionario di am basciata, australiano, arrivato qui chissà come, che invitava papà a chiedere il passaporto per quel lontano paese. papà non volle partire. a volte non so se ha fatto bene o male, ma se fossi stato maggiorenne sarei partito subito.ho sempre desiderato andare in quel paese,e quante volte ho fantasticato…. i miei zii sono stati in svizzera, a zurigo per venti anni. i miei vicini di casa in un paese al confine svizzero, e io sempre qui ai confini africani …. i miei fratelli a genova in colleggio a pegli di cui conservo vecchie foto.ho visto gente con quintali di pacchi al seguto, baci e abbracci strazzianti e la corriera che portava via solo uominni alla stazione di palermo. dopo il sisma si era abbattuta una seconda catastrofe, la gente che emigrava stile far west, mancavano solo le capre e poi tutto era a posto… compresi i giornalisti,peggio delle cavallette. i volontari, tutti estranei, romani e genovesi, badavano a noi bambini, con favole e canzoni strane, alcuni canti di montagna,ancora come li canto io non lo fanno neanche a bolzano. che brutta la scuola..
per divertimento i girotondi, copiati dopo 30 da moretti…e poi dicono che nel belice siamo arretrati….dopo 30 o 40 anni non lo sò-ricordo uno spettacolo con dei burattini brutti , pelati e sdentati, ora abbiamo in abruzzo burattini in carne,politicanti da strapazzo, nulla è cambiato in 41 anni.come dolce la pignolata al miele, dolce che si fa per la commemorazione dei defunti, tanto per completare il quadro….
per divertimento i girotondi, copiati dopo 30 da moretti…e poi dicono che nel belice siamo arretrati….dopo 30 o 40 anni non lo sò-ricordo uno spettacolo con dei burattini brutti , pelati e sdentati, ora abbiamo in abruzzo burattini in carne,politicanti da strapazzo, nulla è cambiato in 41 anni.come dolce la pignolata al miele, dolce che si fa per la commemorazione dei defunti, tanto per completare il quadro….errore di digitazione.
un giorno vedo tanta folla radunarsi attorno a un camion.troppa e tante bandiere. che strana festa.. ero nella tenda , sull’uscio, a mangiare un pò di uva, e osservavo questa massa di gente che mi ricorda un quadro di guttuso, silenzio di tomba..di solito quando c’era la distribuzione del pane la confusione regnava sovrana. ma non si trattava di pane, era l’ennesimo comizio.il comiziante, uso questo termine antico che sentivo nelle tende,salito sopra il cassone del camion, urlava e sbraitava senza bisogno di megafono. praga, praga, i russi hanno preso praga….nella mia ignoranza infantile credevo che fosse vicino santa ninfa,come se qualche scossa avesse di nuovo colpito il belice, ma si trattava di un terremoto politico mondiale,purtroppo.un’ epoca di guai e di fregature mondiali.nelle immagini di una scassatissima tv in bianco e nero vedevo le sagome dei carri armati e i morti ,che qualcuno per minimizzare diceva a noi bimbi che lo stato per mancanza di ruspe usava quelli e le immagini di gibellina. certo che per scambiare una città con migliaia di abitanti come praga con gibellina ce ne vuole di fegato…ma prima si era educati a rispettare gli adulti, se quella era gibellina, era gibellina e basta…. dopo i comizio la spartizione del pane, prima lo spirito politico, dopo la pancia. ora neanche quello, non c’e spirito politico e per la pancia c’è la dieta.
rileggo ogni tanto gli errori che non posso più corregere, ma dovevo dire i bagagli al seguito, come la parola furgone postale in un altro articolo, me ne scuso…forse è meglio così, un articolo istantaneo e casereccio, senza velleità letterarie. non ho mai voluto diventare uno scrittore ma giornalista sì, ma non di tv , di quelli che fanno inchieste sociali e dire pane al pane, e vino al vino, e magari fare crollare una giunta o un governo disonesto, stile watergate, quando crollò nixon. forse ho preteso troppo ma i sogni restano sogni.e io ai sogni non ci rinuncio…a volte non avendo una tenda fissa, non avendo una casa crollata, ci rifuggiavamo in altre tende tra cui un tendone evangelico stile circo orfei, io mamma e i fratellini più piccoli. le mie sorelle da ragazze coetanee di gibellina, almeno loro avevano da ciarlare tutta la notte, i fratelli più grandi, prima di partire per genova, erano con i militari. e a me, mi sentivo sempre parlare di un certo cristo di cui avevo e ho una certa antipatia..per me era un altro politicante… mio padre a lavorare e non ci sono terremoti che tengano. portava i frutti di stagione e visto che soldi non se ne vedevano, si faceva il baratto con la mercanzia che davano in una baracca .bottega con delle tessere annonarie come quelle di guerra e se qualcuno dice che non è vero gli cavo gli occhi, perchè c’erano queste tessere ed io avolte in cambio di qualche arancio mettevo i triangolini di carta per tagliando. un giorno ho visto il sign. dalla chiesa che intendeva al rifornimento di cibo in questo baraccone,e dopo averlo aiutato a sistemare un mucchio di arance, mi regalò dei wafers e una carezza perche aveva visto il mio ginocchio fasciato.
non parlo del sisma perchè tutto è noto ,però vorrei ricordare quella del 25 gennaio. da giorni non si avvertiva nulla. la vita riprendeva, i miei fratelli a scuola, io non ci andavo più a causa del ginocchio ferito .nel pomeriggio , nell’attesa che i miei fratelli venissero da scuola, mamma cucinava quei pochi bucatini che era riuscita a trovare, la tv accesa sulla sigla del trenino del segnale orario, avevo appena servito quella misera zuppa in brodo che la terra incominciò a tremare e il lampadario oscillava verso il soffitto, quel vecchio lampadario con i pendagli, i brindoli, che ti arrivavano in testa. papà si alzò di scatto, mamma mi prese verso di sè e fuggimmo con il piatto in mano. almeno quella sera il pasto era garantito.non ti puoi immagginare le urla di terrore. e i pianti di crisi isterica, si fuggiva anche dalle tende- ormai il belice era morto, per sempre. ha veramente fatto la fine del titanic. e il freddo ci congelava.
la vita continuava nelle tende,non andando più a scuola, gironzolavo per le vie entrando come se nulla fosse in quei tuguri per un pò di pane o qualche biscotto, e nessuno mi cacciava o sgridava . anzi quando mi si vedeva mi si dava volentieri un pò di cibo, infatti vedevo per la prima volta certi prodotti come le caramelle, ma mangiavo solo i confetti, e quelle cose rotonde mi sembravano biglie di vetro.oggi si danno a quintali e a me fanno venire la nausea a solo vederle. i dolci da bambini si vedevano a pasqua o per i morti e allora sì che era festa. come le castagne fresche o secche, che qui si chiamano pastigghi. la frutta fresca non era un problema, si facevano dei ganci di filo di ferro , gli ami, e si rubava uva dai trattori.ma io avevo il mio sistema personale, mostravo il mio ginocchio ferito e i trattoristi che rallentavano impietositi mi davano tanta uva da sfamare una caserma.un giorno mentre si distribuiva il pane, un colpo maldestro di tiro alla pagnotta, mi colpì in pieno.immaginatevi il dolore. qualcuno inviperito dal quel gesto, intimò di smettere quella vergogna, e in cambio di quelle lacrime, fui accompagnato dai miei a casa, con un mucchio di pane a vastedda.tremendo il dolore quando un giorno non vedendo arrivare i miei fratelli da scuola, mi dissero che erano a genova. a me rischiava di andare peggio…. non sò se avete mai sentito parlare di adozioni… quei mostri che girano per le disgrazie e vogliono i bimbi per gente senza figli… i miei genitori si rifiutarono e da quel giorno ero più sorvegliato di riina.. a pericolo scampato dovevo dire dove andavo, in realtà ero sorvegliato da tutta la tendopoli e se mi allontanavo ero preso e portato a casa o qualcuno avvertiva casa che ero in tenda.ad altri era successo lo stesso. i miei giochi preferiti erano la palla o delle paperelle di plastica rosse e blu con cui facevo battaglie infinite.oppure il giradischi a trombone che qualcuno aveva tirato fuori dalle macerie.un disco famoso era azzurro di celentano, però ogni volta che si sentiva ,misteriosamente c’era un sisma tanto che non si poteva più ascoltare, foriero di jella.dal paese vvenivano i commercianti con i primi tre ruote. ricordatevi che in crerte parti isolate del belice i mezzi meccanici olre al trattore non esistevano e irumori erano diversi .il pasqualino, prototipo di trattore era considerato da noi bimbi come un giocattolo con il fumo di gasolio ch ci affumacchiava tutti di nero come corvi. lo spazzino con ii mulo e la trombetta a corno raccoglieva i rifiuti, e bacaredda vendeva scope ,sapone e tutto per la casa con un carrozzone e un cavallo con una paglietta per riparare la bestia dalle intemperie che mangiava pane secco e fave.rumoroso, e faceva ridere, come i tre ruote carichi di galline starnazzanti in gabbia.
Oggi si scrive solo per vendere e guadagnare.
Sensazioni, fatti, fantasie accalappiano le nostre fragili emozioni.
I fatti veri, presenti e passati, hanno fatto storia!
E se la storia non è questa!!!……ditemi altro!
addiritura da roma.. che emozione… e io che credevo che se arrivavo a solo il belice era troppo.. grazie infinite.. m i si riempe il cuore sapere che altrove la nostra tragedia è ricordata e dovunque, qualunque cosa accada ,siamo sempre italiani.non ci posso credere.. che da un quartiere di serie zeta,neanche di b, potessi arrivare a coinvolgere una metropoli di tre milioni di persone in una tempesta di emozioni…e poi osano parlare male della capitale… magari fosse ladrona… ma di sentimenti, di sensazioni forti che non sapevo di suscitare, da una zona lontana mille anni luce,con frasi siciliane buttate senza niente di scritto,così come vengono, ricordi sparsi e insignificanti,con un belice cadavere e mummificato riesumato ad ogni occasione,tanto per dire qualcosa, terra lontana e di cui non dico che è sconosciuta ma almeno, tutti sapessero dove è e che cosa è, un pezzo di italia di cui non ci si deve vergognare. a volte mi devo fermare perchè non sò cosa dire. ieri sera volevo smettere preso dallo sconforto di non aver saputo trasmettere una sola emozione ora invece mi rendo conto che l’unica persona di poca fede sono solo io. fa fresco fuori, il vento soffia e fa tremare l’ ulivo che è piantato in un giardino in piazza,delle palme stormiscono allo scirocco e il cielo e nero a tratti, speriamo che non venga di nuovo il maltempo.ritorniamo al passato, quando ci si preparava per trascorrere la notte in tenda. le donne preparavano i pasti nelle cucine da campo e per il freddo ci si arrangiava,dopo tutto non ci troviamo in siberia e l’abbruzzo è peggio. gli uomini a spaccare legna in un unico tendone in comune,per ammassarvela e i bimbi a trovare copertoni e carta in quella che era l’ex discarica pubblica del paese,il nostro nparco giochi, e se si trovavano palloni rotti o bambole mezze scassate era una gioia incommensurabile. o cartine dei giocatori in cui mazzola era un eroe anche per noi bimbi di un luogo distante e sconosciuto.avere una sua immagine era come avere una cosa magica e fantastica e guai a cederla, neanche se ti davano giocattoli moderni..ora i giocatori sono solo fonte di scandalo e degrado… non si rendono conto che i bimbi li guardano. intanto sorgevano le baracche con un tot di strutture per viverci, ora che invece non ci sono più rimpiangiamo queste strutture. per me andare in un grosso magazzino è come andare in una reggia,nei centri commerciali un paradiso. se ho voglia di andare a prendere una pizza vado al forno vicino ed esco solo la domenica, mi basta andare al lavoro in ospedale e lì mi arricchisco di tutta l’ umanità che incontro. a messa vado poco, i bigotti, razza dannata, non li posso soffrire.prego in casa e sono contento lo stesso più del papa o del vescovo.nei momenti di preghiera, mi sento libero di pregare come mi piace, non mi piacciono i raduni collettivi perchè essendo timido non ci riesco e le preghiere mi vengono male. i copertoni e la carta servivano per riscaldarci perchè alcuni non reggevamo istericamente a stare dentro dei tuguri e veniva la claustrofobia collettiva o un senso di nauea, a chi aveva perso la casa, la tenda era foriera di nostalgia e di ansia, le lacrime ad ogni momento , specialmente la sera. i racconti si susseguivano per chissà quanto tempo, speranze disilluse , chi voleva rompere il fidanzamento sentendosi impotenti a non sapere dare un tetto. per cui quando si riusciva ad avere un baracca era fdesta e si celebravano i matrimoni per non perdere l’occasione. i vecchi tornavano bambini-
oggi vivere in una realtà come belvedere è difficile, in un paese come castelvetran o,dove conta più l’ apparire che l’essere, io ho cercato nel mio piccolo di fare il mio dovere di cristiano e di cittadino. molte persone si credono migliori di me , si accomodino sul salotto delle vanità terrene, a me non importa apparire perchè ho la coscienza a posto. ciò che ho fatto per questo quartiere l’ho fatto per il principio cristiano che mi obbliga, tramite la forza del battesimo, ricevuto da piccolo ad agire così. se il vescovo con i suoi accoliti non lo vogliono capire si vadano a ripassare codici e dottrine come hanno cercato di fare con me, meschini e falsi sapienti. ai nostri amministratori, che si sono presi il merito che non compete, vale lo stesso discorso, quando lo stato non esiste è dovere di ogni cittadino capace, di sostituirsi alle carenze e alle inefficienze nelle zone dove lo stato non c’è…e ditemi se lo stato esiste qui…io ho i miei dubbi. non ho fatto niente di male, l’unica mia colpa è stata solo quella di non avermi voluto attaccare ad un carrozzone politico o religioso, insultato da gente per bene di questo paese che dopo 15 anni critica chi ha ridotto questo paese allo sfascio…. provo pena per voi…e per le autorità come prefetto e questore che tollerano quest o sfasciume morale, tanto a loro importa solo i rapportini in cui si dice ai capoccia che tutto vada bene..sì, madama la marchesa….siamo terre motati spirituali e 40 anni di belice- sinai non sono bastati.
rprendiamo il filo dei ricordi.ho visto altri siti sempre a cura di google, non sò chi lo ha fatto pubblicare ma lo ringrazio con tutto il cuore e ringrazio il sito di questo blog che mi ospita.cercavo su google notizie su belvedere e per caso ho visto quesri articoli, prima che qualcuno dica che sono stato io, sbaglia perchè sono alle prime armi con il computer e non saprei dove cominciare, figuriamoci a creare pagine blog, non nè sono capace , lo giuro, non sono capace di ingannare.il mio è solo un dono culturale per tutti voi giovani e se gli adulti vogliono ricordare sono i benvenuti. a me non entra nessun centesimo in tasca e non nè voglio.sono già ricco della vostra stima e di quei pochi minuti che mi dedicate, per cui mi sento il dovere sacrosanto di ringraziarvi.mentre le baracche crescevano, nelle tende la vita monotona riprendeva, il pulman, nome che so stituiva la parola corriera,portava gli uomini al lavoro o a recuperare i loro beni a santa ninfa o gibellina ,tornando con sacchi di juta pieni di cose, perfino fotografie incornicciate di persone in bunaca,il panciotto con l’ orologio a cipolla. ogni giorno arrivavano quelli che avevo chiamato babbi natale, i poveretti che portavano i loro ultimi beni in sacchi che rovesciavano sulle coperte dei letti,unica stanza, insieme al tavolo che la tenda permetteva.foto di matrimonio ,piatti, ninnoli e quel poco oro sfuggito agli sciacalli.ricordo nei vari rifuggi in cui sono stato,la famiglia eusebio, che aveva una casa appena costruita nel mio quartiere.discutevano tutti, quando arrivò la notizia che i parenti della signora, la sorella e i congiunti erano morti in campagna mentre cecavano di mettersi in salvo, inutilmente. durante questi spostamenti mie sorelle conobbero una ragazza di gibellina nenè,mentre mangiavamo riscaldando barattolo di pasta e fagioli sulla stufa a gas, arrivò la notizia tramite un volantino giallo che riferiva lsa storia di una bimba trovata a gibellina che era conosciuta anche da chi ci ospitava. la creatura era morta e la sua foto nel manifestino fu appesa in segno di lutto nella tenda. così quel pasto di barattoli diventò un cunsulu, un banchetto funebre. in silenzio..erano fuggite anche le mosche…un’altra sera mia madre e altre donne elemosinavano per le tende zucchero e latte per soccorrere una donna con un bambino.appena si diffuse la notizia che il bimbo era mutilato per il sisma , scattò un via vai di donne e ci privammo tutti di barattoli di pasta e chissà quale altra cianfrusaglia per nutrire quei disgraziati privi di tutto.quella sera ci sentimmo sazi non per il cibo ma esserci privati di tutto quel superfluo…
mamma, stanca di vedermi bighellonare tra le tende, impose alle mie sorelle di insegnarmi a scrivere e leggere, visto che l’anno scolastico ormai era perso. ma non dovevo per questo passarla liscia..libri e quaderni, le paperelle squestrate e guai a obiettare..prima lo studio e poi il gioco, le lacrime erano inutili…così tra aste, numeri e disegni, si imparava a leggere per ore. mamma era andata a riscrivermi a scuola, i miei fratelli erano tornati da genova, ma non volle più rimandarli lì. avrebbero continuato gli studi a casa.dopo un’estate torrida , il primo ottobre, impacchettato con un grembiulino azzurro, colletto bianco e fiocco rosso, stile bacio perugina, fui accompagnato a scuola, ma per errori di burocrazia, chissà perche cambiavo insegnanti uno dietro l’altro con il risultato che odiavo di più la scuola.quando riebbi finalmente l’ insegnante definitivo,solo molto più tardi capii che dietro l’ altisonante nome di metodo montessori, si celava la fregatura di una classe di derelitti di ragazzi difficili, per non dire di handicappati o peggio di cretini. io non lo ero per cui non volevo andare a scuola, terrorizzato anche dalla bacchetta nelle mani. quando stranamente, mi madre se ne accorse, chissà per quale miracolo divino, reaggì duramente… le cose si calmarono e la bacchetta sparì, e io diventai più calmo. così imparai a leggere meglio e a incominciare una vita normale e senza traumi. in poco tempo quella classe di sfigati cronici divenne una classe modello.montessori aveva vinto anche nel belice..miracolo del sapere…molti compagni ci vediamo ancora e sono affermati.uno è emigrato a nuova york, francesco sciaulino,di cui conservo una foto scolastica, è inutile , chissà se si ricorda di me…meglio non illudersi.con me la carrà rimane disoccupata…mi auguro che sia diventato importante, ma anche se non lo è un posticino rimane sempre nel mio cuore e prego che stia bene ,ogni giorno.mi capita di sognarlo e che sia un ambasciatore…che un giorno si ricordi di me…basta che stia bene..
capisco che i nostri amministratori non si degnano di dire la loro opinione, ma la chiesa.. faccia un miracolo .. parli.. tanto non ha nulla da dire ..lo scempio del belvedere e i silenzi sugli oltraggi a santa lucia, mentre tollera atti di culto con tradizioni non conformi alle usanze di castelvetrano, con santa rita e il culto di padre pio, che favorito dal polacco, ci avvelena da 27 anni , sono sotto gli occhi di tutti.vorrei sapere se facessi espellere l’ordine dei cappucini dalla magistratura che mi accadrebbe….l’unica cosa concreta che ho fatto è stata, strappare tutte le immagini della madonna di trapa ni che avevo e buttarle nella monnezza… santa lucia non era per me e chi ha tentato di umiliarmi è solo un emerito cretino, come dice gesù, chi fa male ad uno di questi piccoli, lo fa a me, e chissà se con ciò che sta accadendo ,sisma e acqua finalmente ha deciso di incaz e rendermi giustizia. in fondo, lo spero…….ciò che ho fatto lo ho fatto per i giovani castelvetranesi, dare un simbolo a cui dedicarsi e seguire come esempio, e per giunta era siciliana, figuriamoci se era turca.i nsultandola, hanno autentificato la sua interezza morale, ed attuando le parole di cristo- nessuno è profeta in patria.
passati i primi minuti di smarrimento,finalmente ebbi una classe degna di questo nome… gelmini, risarciscimi per la mia infanzia negata…imparai l’italiano,lingua che qui non parla nessuno, solo per leggere documenti o quei rari libri che prima arrivavano. ancora c’è in villaggi come il mio, l’ analfabetismo,ultimo retaggio di un’italia che non vogliono neanche i cani..dopo 150 anni,sempre le stesse cose, divisioni e controdivisioni. a che serve riesumare il vecchiume del passato, non si sà. nord e sud. dopo il male fatto a noi cittadini del belice, presi per zotici e anacronistici cafoni, i frutti del loro disprezzo verso di noi si cominciano a cogliere.vedi la riesumazione del nome di questa terra, sbandierato ad ogni catastrofe e i giovani italiani ormai non sanno sesiamo italia o qualche sperduta provincia del congo. per non parlare della spazzatura e dei crolli di napoli o i rifiuti dei bidoni in calabria. avete voluto l’ industralizzazione nordica, avete voluto scimmiottare il nord… pagatene le conseguenze, finalmente… vi ripudiamo come fratelli… non siete più nessuno..
avendo un pò di tempo prima di cenare e pensare ,oltre alla pancia anche ai miei genitori, scrivo qualche altra cosa, ma breve… una volta, mentre andavo a fare la spesa,ho visto una macchinona,una mercedes, bella, bianca,pulita.. ma mi ha incuriosito uno stemma, tipo reale, che avevo visto solo sui libri. – movimento neo- borbonico- questo ancora prima che esplodesse la lega di bossi. mi immaginavo il ritorno dei borboni e che belvedere, misero quartiere, sarebbe diventato la nuova versailles,.dopo tutto roma, era stata un misero villaggiucolo di zotici e rustici villici e pecorai.. sognare in grande non è peccato, dopo tutto è stato fondato da federico secondo.
La mattina fatidica del 5 Luglio del 1950, in un cortile di Castelvetrano, il “presunto” corpo di Giuliano viene trovato crivellato di colpi, in seguito, come recita la relazione del capitano dei carabinieri Perenze, ad un presunto conflitto a fuoco sostenuto dagli agenti del CFRB contro l’ormai leggendario e mitico Turiddu.
Il corpo di Giuliano viene scoperto bocconi per terra, gamba destra leggermente piegata, la sinistra distesa, braccio destro lievemente arcuato, il sinistro parzialmente sotto il bacino, la testa piegata a destra poggiata sulla guancia sinistra, accanto il mitra che avrebbe usato per difendersi dall’agguato, i pantaloni malamente stretti alla vita con una cintura che salta alcuni passanti, una semplice canottiera, scarpe non proprio lussuose a quanto pare neanch’esse bene allacciate, senza orologio, senza quasi niente in tasca escluso forse un taccuino d’appunti, in sostanza un corpo vestito alla meno peggio e chiaramente “apparecchiato” per la stampa e i fotografi.
Tra tutti, però, non sfugge al giornalista Tommaso Besozzi un piccolo e allo stesso tempo gigantesco particolare: la canottiera era infatti inzuppata di sangue tra l’ascella destra (punto di entrata di alcuni proiettili) e le spalle, un dettaglio che subito apparve a dir poco “inquietante” al solerte inviato dell’Europeo, in quanto la misteriosa circostanza contraddiceva clamorosamente le leggi della gravità: il sangue cola verso l’alto e non verso il basso come ci si dovrebbe aspettare, un dettaglio che immediatamente fece comprendere a Besozzi che il cadavere in realtà era stato “depositato e aggiustato” in quel cortile ad esecuzione già avvenuta, non si sa quando.
Il fatto che poi le braccia e i polsi di Giuliano presentavano abrasioni varie la diceva lunga sull’inattendibilità della relazione del capitano Perenze che aveva parlato di una sparatoria che si sarebbe protratta nelle strade di Castelvetrano per decine e decine di minuti. Il famoso giornalista andò ad intervistare alcuni abitanti di Castelvetrano i quali dissero al contrario di non avere sentito alcuna sparatoria, che si era trattato di una notte tranquilla. Quando però sentì il racconto di alcuni vicini del cortile dove il corpo era stato sapientemente modellato per la folla apparentemente ignara, questi corressero i propri concittadini affermando che in realtà avevano sentito quella notte come un rumore di tegole smosse, quasi che qualcuno armeggiasse sopra un tetto e quindi due colpi secchi di arma da fuoco.
Poi tutto si sarebbe tranquillizzato e la notte sarebbe proseguita nel silenzio più assoluto. C’è qualcosa che non quadra: se quel cadavere era davvero quello del famoso Turiddu, a quale scopo ordire tutta questa messinscena che persino un bambino avrebbe facilmente smascherata?
Le cronache parlano di Pisciotta nella veste di traditore e assassino del suo capo, ucciso nel sonno quella notte tra il 4 e il 5 Luglio, ma è una tesi che non convince più nessuno; intanto perché alcuni studiosi e ricercatori sostengono che l’uccisione di Giuliano sarebbe avvenuta addirittura in un casolare alle porte di Monreale dopo che lo avrebbero addormentato con del sonnifero; in secondo luogo, ammesso e non concesso che Pisciotta si sia recato davvero a Castelvetrano, appare davvero inverosimile, vista la sagace e feroce sospettosità che aveva sempre mostrato Giuliano, l’ipotesi che questi si sia potuto addormentare accanto a colui che molti dei suoi informatori (tra cui addirittura ispettori di polizia, mafiosi, politici e persino magistrati) gli dipingevano come “traditore” e pronto ad ucciderlo: un uomo come Turiddu, che non aveva mai avuto fiducia in nessuno, eccetto per la madre venerata, credo non avrebbe esitato un minuto ad uccidere Pisciotta non appena se lo sarebbe visto presentare, per giunta di ritorno a quanto dicono le fonti da una vicenda che lo aveva visto fallire l’ordine del suo capo, un fallimento che certamente avvalorava le soffiate ricevute da Giuliano sul conto del suo luogotenente.
Tre altri piccoli ma inquietanti particolari mi spingono a propendere per l’ipotesi della cospirazione: il rumore di tegole di cui parla Besozzi, che fa balenare l’ipotesi di entrata o fuga da una certa casa di persone o persona attraverso la copertura, anche se su questo dettaglio le “voci” ufficiali parlano di appostamenti delle squadre del CFRB in maniera tale da non permettere a Giuliano di evadere dalla trappola che gli era stata costruita attorno; l’ammissione dello stesso capitano Perenze secondo il quale quella notte Salvatore Giuliano sarebbe stato accompagnato da un gregario misterioso e mai identificato che avrebbe tenuto sul viso un berretto floscio (si sa che Giuliano soleva posizionare in questo modo il suo berretto); il guazzabuglio non ancora risolto delle due entrate della misteriosa casa dell’avvocato di Castelvetrano e infine il fatto che a quanto sembra non esiste uno studio approfondito sulla vera identità del corpo esanime composto nel cortile e quindi nell’obitorio di Castelvetrano, quasi ad avvalorare una sorta di congiura del silenzio per nascondere il dettaglio più terribile della presunta “uccisione” dell’imprendibile “Sire” di Montelepre. Alcuni studiosi parlano di riconoscimento formale del cadavere, mentre altri avanzano alcune perplessità. Su questo punto persino Besozzi tace: come non pensare ad una qualche forma di censura del suo articolo che tanto scandalo aveva provocato, fino al punto che si racconta che qualcuno a quel tempo gli dava la caccia per assassinarlo?
Infine, lui, l’ex Capo dell’Ispettorato di P.S. per la lotta al banditismo, Ciro Verdiani, colui che era stato estromesso dal suo incarico dopo la strage di Bellolampo del 19 Agosto del 1949 e sostituito, nella direzione del nuovo Comando Forze Repressione Banditismo (CFRB) istituito dal Ministro dell’Interno Scelba, dal colonnello dei carabinieri Ugo Luca, a quanto sembra appartenente ai servizi segreti italiani.
Ebbene, raccontano le cronache che questo misterioso personaggio era in stretti rapporti col ministro Scelba, che dopo la sua estromissione dalla sua precedente funzione gli propone, subito accettata dall’interessato, la carica di Direttore generale dell’Ispettorato delle Frontiere con sede a Roma, un incarico molto delicato anche nell’evenienza di un già molte volte ventilato espatrio del celebre ricercato.
Anche Verdiani, si dice, apparteneva a qualche apparato dei servizi segreti. Il ministro Scelba, in sostanza, sembra lo richiami per metterlo a giorno di certi segreti ancora caldi riguardanti la strage di Portella della Ginestra e per affidargli l’incarico di mettersi segretamente in contatto con Giuliano per vedere di spingere questi a stilare un o dei documenti che scagionino per sempre la politica dall’implicazione più o meno veritiera in questo evento criminoso avvenuto appunto nella piana di Portella il 1 Maggio del 1947.
Ciro Verdiani si presta al gioco (del resto non aveva mai digerito il suo licenziamento quale capo dell’Ispettorato antibanditismo) e comincia a intessere con Giuliano una fitta corrispondenza ancora avvolta nel mistero e addirittura mette in pratica veri e propri incontri a tu per tu con l’uomo più ricercato d’Italia, incontri avvenuti a Castelvetrano e forse in altri posti, durante i quali lo convince ad una pausa delle sue gesta in cambio di un allentamento dei feroci rastrellamenti già messi in opera dal suo collega Luca, che applica contro Giuliano la tattica della terra bruciata, facendo arrestare in circostanze rocambolesche diversi suoi gregari con l’ausilio determinante dei pezzi forti della mafia.
Verdiani chiede comunque una contropartita, propone in sostanza a Giuliano di stilare alcuni memoriali (almeno due vengono scritti mentre un terzo rimane avvolto nella leggenda e non si è mai trovato) in cui dichiari che a meditare e a portare a termine la strage di Portella era stato solo lui senza alcuna motivazione politica esterna in lui instillata da individui insospettabili.
Giuliano sembra acconsentire ed in effetti scrive il primo documento che giunge tempestivamente a Viterbo proprio in coincidenza con l’inizio del lungo processo contro la sua banda. Ne scrive un altro ancora più stringente ad autoaccusatorio e a questo punto sembra che l’opera di Verdiani possa dirsi conclusa, ma questo non succede; Verdiani, nonostante tutto, continua ad alimentare con Turiddu una strana trattativa confidenziale che presto si trasforma in vera e propria amicizia, evidentemente ricambiata dal ricercato numero uno delle forze dell’ordine. Quest’amicizia giunge fino al punto che il nostro personaggio arriva persino ad informare Giuliano delle mosse del suo collega Ugo Luca, gli fa presente di prestare attenzione al suo luogotenente Pisciotta in odore di tradimento ed in sostanza, in ultimo, gli propone l’espatrio, una promessa che lui, in quanto Ispettore Capo delle Frontiere, poteva benissimo mantenere e portare in porto con relativa facilità.
Tutto sembra pronto e del resto è risaputo che Giuliano, poche settimane prima di essere “soppresso”, si stava preparando alla sua “diplomatica” uscita di scena, mantenendo un comportamento assai guardingo ed in sostanza non uscendo più dal perimetro cittadino di Castelvetrano (dove abitava nella casa dell’avvocato De Maria ubicata proprio nel cortile in cui venne trovato assassinato), dove era risaputo esisteva un piccolo aeroporto abbandonato dalle forze aeree italiane e americane, capace di far decollare in qualsiasi momento un aereo con Giuliano vivo.
A questo punto siamo ormai al 3 o 4 Luglio 1950, diversi testimoni raccontano di aver visto Giuliano vivo proprio il 4, senonchè quella sera arriva Pisciotta. Tra questi e Giuliano c’è subito uno scontro verbale, il secondo accusa apertamente il suo luogotenente di volerlo tradire; Pisciotta, che effettivamente aveva avuto molti abboccamenti col la mafia e con Luca tesi a perdere per sempre il suo capo, si difende come meglio può e alla fine, stranamente, secondo le ricostruzioni fatte dalle cronache di allora, entrambi vanno a dormire nella stessa stanza al primo piano della casa dell’avvocato De Maria.
Qui si sarebbe consumato nel sonno l’epilogo sanguinoso di Turiddu, ma per quanto precede non credo che Giuliano dormisse sonni tranquilli in quella notte afosa di Castelvetrano, sapendo di avere accanto il suo carnefice, a meno che la sua già nominata e proverbiale diffidenza si sia per sempre spenta in lui come neve al sole, un’evenienza che io sono portato a scartare in quanto Giuliano, pur ancora giovanissimo (appena 28 anni), era risaputo in possesso di un’intelligenza e di un intuito del tutto fuori del normale, tanto che nessuno credo aveva il coraggio di affrontarlo apertamente, neppure il più incallito mafioso, e del resto le cronache ci dicono che il Sire di Montelepre non aveva esitato ad uccidere tempo prima diversi capimafia che non avrebbero mantenuto alcuni impegni presi con lui.
Il resto è cronaca e l’abbiamo già accennato. Subentrano altri interrogativi questa volta leggendari ma sui quali non si è mai indagato a fondo: Giuliano avrebbe avuto un sosia che proprio quella sera sarebbe stato con lui.
Questo spiegherebbe il rumore di tegole che quindi, in quest’ottica, potrebbe essere interpretato come la fuga del “vero Giuliano” attraverso i tetti delle case di Castelvetrano, mentre il suo omologo sarebbe stato lasciato in casa De Maria a confabulare con Pisciotta, che forse era all’oscuro di questo delicato dettaglio, come forse lo erano il colonnello Luca e il suo aiutante Perenze, in questo contesto “giocati” dunque dai “servigi” segreti di Verdiani. Pisciotta dunque spara davvero credendo di uccidere Giuliano, ma questi già sarebbe decollato indisturbato dall’aeroporto di Castelvetrano diretto fuori dai confini italiani.
E’ una tesi certo molto ma molto ardita che del resto trova un ostacolo apparentemente quasi insormontabile proprio nella morte “anomala” di Verdiani e di Pisciotta, il primo, recitano le cronache, “suicidatosi” o fatto suicidare nel 1952 e il secondo avvelenato nel 1954 nel carcere dell’Ucciardone di Palermo, due avvenimenti sinistri che effettivamente gettano un’ombra di forte incertezza sulla ricostruzione precedente.
Ma è proprio così? Perché proprio Pisciotta e Verdiani muoiono in circostanze tanto tenebrose? Non avevano forse entrambi prestato un grande servizio allo Stato, il primo accordandosi col colonnello Luca sulla neutralizzazione di Giuliano e il secondo lavorandolo ai fianchi nel tentativo di estorcergli dei segreti specialmente in riferimento alla strage di Portella della Ginestra, salvo poi divenirne un amico quasi affidabile e confidenziale? E allora perché avrebbero dovuto ucciderli (ad ogni modo la versione ufficiale sulla morte di Verdiani parla esplicitamente di “suicidio”), pur sapendoli in un certo senso “innocui”, specie a morte avvenuta del temibile ricercato di Montelepre?
Può darsi che la mia risposta sia un po’ pregiudiziale e quindi forzata e fantastica, e tuttavia non deve stupire se oso affermare la tesi che entrambi questi due uomini di capitale e cruciale importanza nella storia dell’ultimo periodo di Giuliano potrebbero essere stati eliminati proprio a causa della loro “conoscenza” del segreto della messinscena della sua “presunta” uccisione, un segreto che, se rivelato, avrebbe avuto terribili conseguenze per lo Stato italiano, che sarebbe stato sbeffeggiato da tutte le Nazioni del mondo per il fatto di essersi accordato con un individuo che forse nascostamente aveva foraggiato per loschi intrighi politici.
In conclusione una piccola postilla, la spia certo leggendaria che segnala tuttavia che il garbuglio della fine di Giuliano resta tuttora avvolto nel più fitto mistero: sono passati ormai moltissimi anni da quell’oscuro 5 Luglio 1950 e giunge la morte della madre di Giuliano, Maria Lombardo; ebbene, si vocifera che alcuni abitanti di Montelepre abbiano visto un uomo strano con occhiali scuri scendere da una macchina, entrare guardingo nella casa di Giuliano, presenziare per qualche minuto nella stanza in cui era posta la deceduta e quindi sgattaiolare furtivo fuori, entrare nell’automobile e dirigersi verso l’aeroporto di Punta Raisi; si dice che qualcuno si metta a seguire l’enigmatico uomo per un lungo tratto ma poi ritornano sui loro passi…. Leggenda, mito, invenzione?
Non lo so. Resta il fatto che la storia di Giuliano continua tuttora a far parlare ed ad alimentare la fantasia di coloro che non credono alla sua morte…
P.S. Ad ogni modo, quelle che precedono sono soltanto ipotesi e ricostruzioni cronacali basate su diverse pubblicazioni che naturalmente ho lette approfonditamente e sviscerate. Non si deve dimenticare comunque che molti documenti su Giuliano sono stati secretati fino al 2016.
La mattina fatidica del 5 Luglio del 1950, in un cortile di Castelvetrano, il “presunto” corpo di Giuliano viene trovato crivellato di colpi, in seguito, come recita la relazione del capitano dei carabinieri Perenze, ad un presunto conflitto a fuoco sostenuto dagli agenti del CFRB contro l’ormai leggendario e mitico Turiddu.
Il corpo di Giuliano viene scoperto bocconi per terra, gamba destra leggermente piegata, la sinistra distesa, braccio destro lievemente arcuato, il sinistro parzialmente sotto il bacino, la testa piegata a destra poggiata sulla guancia sinistra, accanto il mitra che avrebbe usato per difendersi dall’agguato, i pantaloni malamente stretti alla vita con una cintura che salta alcuni passanti, una semplice canottiera, scarpe non proprio lussuose a quanto pare neanch’esse bene allacciate, senza orologio, senza quasi niente in tasca escluso forse un taccuino d’appunti, in sostanza un corpo vestito alla meno peggio e chiaramente “apparecchiato” per la stampa e i fotografi.
Tra tutti, però, non sfugge al giornalista Tommaso Besozzi un piccolo e allo stesso tempo gigantesco particolare: la canottiera era infatti inzuppata di sangue tra l’ascella destra (punto di entrata di alcuni proiettili) e le spalle, un dettaglio che subito apparve a dir poco “inquietante” al solerte inviato dell’Europeo, in quanto la misteriosa circostanza contraddiceva clamorosamente le leggi della gravità: il sangue cola verso l’alto e non verso il basso come ci si dovrebbe aspettare, un dettaglio che immediatamente fece comprendere a Besozzi che il cadavere in realtà era stato “depositato e aggiustato” in quel cortile ad esecuzione già avvenuta, non si sa quando.
Il fatto che poi le braccia e i polsi di Giuliano presentavano abrasioni varie la diceva lunga sull’inattendibilità della relazione del capitano Perenze che aveva parlato di una sparatoria che si sarebbe protratta nelle strade di Castelvetrano per decine e decine di minuti. Il famoso giornalista andò ad intervistare alcuni abitanti di Castelvetrano i quali dissero al contrario di non avere sentito alcuna sparatoria, che si era trattato di una notte tranquilla. Quando però sentì il racconto di alcuni vicini del cortile dove il corpo era stato sapientemente modellato per la folla apparentemente ignara, questi corressero i propri concittadini affermando che in realtà avevano sentito quella notte come un rumore di tegole smosse, quasi che qualcuno armeggiasse sopra un tetto e quindi due colpi secchi di arma da fuoco.
Poi tutto si sarebbe tranquillizzato e la notte sarebbe proseguita nel silenzio più assoluto. C’è qualcosa che non quadra: se quel cadavere era davvero quello del famoso Turiddu, a quale scopo ordire tutta questa messinscena che persino un bambino avrebbe facilmente smascherata?
Le cronache parlano di Pisciotta nella veste di traditore e assassino del suo capo, ucciso nel sonno quella notte tra il 4 e il 5 Luglio, ma è una tesi che non convince più nessuno; intanto perché alcuni studiosi e ricercatori sostengono che l’uccisione di Giuliano sarebbe avvenuta addirittura in un casolare alle porte di Monreale dopo che lo avrebbero addormentato con del sonnifero; in secondo luogo, ammesso e non concesso che Pisciotta si sia recato davvero a Castelvetrano, appare davvero inverosimile, vista la sagace e feroce sospettosità che aveva sempre mostrato Giuliano, l’ipotesi che questi si sia potuto addormentare accanto a colui che molti dei suoi informatori (tra cui addirittura ispettori di polizia, mafiosi, politici e persino magistrati) gli dipingevano come “traditore” e pronto ad ucciderlo: un uomo come Turiddu, che non aveva mai avuto fiducia in nessuno, eccetto per la madre venerata, credo non avrebbe esitato un minuto ad uccidere Pisciotta non appena se lo sarebbe visto presentare, per giunta di ritorno a quanto dicono le fonti da una vicenda che lo aveva visto fallire l’ordine del suo capo, un fallimento che certamente avvalorava le soffiate ricevute da Giuliano sul conto del suo luogotenente.
Tre altri piccoli ma inquietanti particolari mi spingono a propendere per l’ipotesi della cospirazione: il rumore di tegole di cui parla Besozzi, che fa balenare l’ipotesi di entrata o fuga da una certa casa di persone o persona attraverso la copertura, anche se su questo dettaglio le “voci” ufficiali parlano di appostamenti delle squadre del CFRB in maniera tale da non permettere a Giuliano di evadere dalla trappola che gli era stata costruita attorno; l’ammissione dello stesso capitano Perenze secondo il quale quella notte Salvatore Giuliano sarebbe stato accompagnato da un gregario misterioso e mai identificato che avrebbe tenuto sul viso un berretto floscio (si sa che Giuliano soleva posizionare in questo modo il suo berretto); il guazzabuglio non ancora risolto delle due entrate della misteriosa casa dell’avvocato di Castelvetrano e infine il fatto che a quanto sembra non esiste uno studio approfondito sulla vera identità del corpo esanime composto nel cortile e quindi nell’obitorio di Castelvetrano, quasi ad avvalorare una sorta di congiura del silenzio per nascondere il dettaglio più terribile della presunta “uccisione” dell’imprendibile “Sire” di Montelepre. Alcuni studiosi parlano di riconoscimento formale del cadavere, mentre altri avanzano alcune perplessità. Su questo punto persino Besozzi tace: come non pensare ad una qualche forma di censura del suo articolo che tanto scandalo aveva provocato, fino al punto che si racconta che qualcuno a quel tempo gli dava la caccia per assassinarlo?
Infine, lui, l’ex Capo dell’Ispettorato di P.S. per la lotta al banditismo, Ciro Verdiani, colui che era stato estromesso dal suo incarico dopo la strage di Bellolampo del 19 Agosto del 1949 e sostituito, nella direzione del nuovo Comando Forze Repressione Banditismo (CFRB) istituito dal Ministro dell’Interno Scelba, dal colonnello dei carabinieri Ugo Luca, a quanto sembra appartenente ai servizi segreti italiani.
Ebbene, raccontano le cronache che questo misterioso personaggio era in stretti rapporti col ministro Scelba, che dopo la sua estromissione dalla sua precedente funzione gli propone, subito accettata dall’interessato, la carica di Direttore generale dell’Ispettorato delle Frontiere con sede a Roma, un incarico molto delicato anche nell’evenienza di un già molte volte ventilato espatrio del celebre ricercato.
Anche Verdiani, si dice, apparteneva a qualche apparato dei servizi segreti. Il ministro Scelba, in sostanza, sembra lo richiami per metterlo a giorno di certi segreti ancora caldi riguardanti la strage di Portella della Ginestra e per affidargli l’incarico di mettersi segretamente in contatto con Giuliano per vedere di spingere questi a stilare un o dei documenti che scagionino per sempre la politica dall’implicazione più o meno veritiera in questo evento criminoso avvenuto appunto nella piana di Portella il 1 Maggio del 1947.
Ciro Verdiani si presta al gioco (del resto non aveva mai digerito il suo licenziamento quale capo dell’Ispettorato antibanditismo) e comincia a intessere con Giuliano una fitta corrispondenza ancora avvolta nel mistero e addirittura mette in pratica veri e propri incontri a tu per tu con l’uomo più ricercato d’Italia, incontri avvenuti a Castelvetrano e forse in altri posti, durante i quali lo convince ad una pausa delle sue gesta in cambio di un allentamento dei feroci rastrellamenti già messi in opera dal suo collega Luca, che applica contro Giuliano la tattica della terra bruciata, facendo arrestare in circostanze rocambolesche diversi suoi gregari con l’ausilio determinante dei pezzi forti della mafia.
Verdiani chiede comunque una contropartita, propone in sostanza a Giuliano di stilare alcuni memoriali (almeno due vengono scritti mentre un terzo rimane avvolto nella leggenda e non si è mai trovato) in cui dichiari che a meditare e a portare a termine la strage di Portella era stato solo lui senza alcuna motivazione politica esterna in lui instillata da individui insospettabili.
Giuliano sembra acconsentire ed in effetti scrive il primo documento che giunge tempestivamente a Viterbo proprio in coincidenza con l’inizio del lungo processo contro la sua banda. Ne scrive un altro ancora più stringente ad autoaccusatorio e a questo punto sembra che l’opera di Verdiani possa dirsi conclusa, ma questo non succede; Verdiani, nonostante tutto, continua ad alimentare con Turiddu una strana trattativa confidenziale che presto si trasforma in vera e propria amicizia, evidentemente ricambiata dal ricercato numero uno delle forze dell’ordine. Quest’amicizia giunge fino al punto che il nostro personaggio arriva persino ad informare Giuliano delle mosse del suo collega Ugo Luca, gli fa presente di prestare attenzione al suo luogotenente Pisciotta in odore di tradimento ed in sostanza, in ultimo, gli propone l’espatrio, una promessa che lui, in quanto Ispettore Capo delle Frontiere, poteva benissimo mantenere e portare in porto con relativa facilità.
Tutto sembra pronto e del resto è risaputo che Giuliano, poche settimane prima di essere “soppresso”, si stava preparando alla sua “diplomatica” uscita di scena, mantenendo un comportamento assai guardingo ed in sostanza non uscendo più dal perimetro cittadino di Castelvetrano (dove abitava nella casa dell’avvocato De Maria ubicata proprio nel cortile in cui venne trovato assassinato), dove era risaputo esisteva un piccolo aeroporto abbandonato dalle forze aeree italiane e americane, capace di far decollare in qualsiasi momento un aereo con Giuliano vivo.
A questo punto siamo ormai al 3 o 4 Luglio 1950, diversi testimoni raccontano di aver visto Giuliano vivo proprio il 4, senonchè quella sera arriva Pisciotta. Tra questi e Giuliano c’è subito uno scontro verbale, il secondo accusa apertamente il suo luogotenente di volerlo tradire; Pisciotta, che effettivamente aveva avuto molti abboccamenti col la mafia e con Luca tesi a perdere per sempre il suo capo, si difende come meglio può e alla fine, stranamente, secondo le ricostruzioni fatte dalle cronache di allora, entrambi vanno a dormire nella stessa stanza al primo piano della casa dell’avvocato De Maria.
Qui si sarebbe consumato nel sonno l’epilogo sanguinoso di Turiddu, ma per quanto precede non credo che Giuliano dormisse sonni tranquilli in quella notte afosa di Castelvetrano, sapendo di avere accanto il suo carnefice, a meno che la sua già nominata e proverbiale diffidenza si sia per sempre spenta in lui come neve al sole, un’evenienza che io sono portato a scartare in quanto Giuliano, pur ancora giovanissimo (appena 28 anni), era risaputo in possesso di un’intelligenza e di un intuito del tutto fuori del normale, tanto che nessuno credo aveva il coraggio di affrontarlo apertamente, neppure il più incallito mafioso, e del resto le cronache ci dicono che il Sire di Montelepre non aveva esitato ad uccidere tempo prima diversi capimafia che non avrebbero mantenuto alcuni impegni presi con lui.
Il resto è cronaca e l’abbiamo già accennato. Subentrano altri interrogativi questa volta leggendari ma sui quali non si è mai indagato a fondo: Giuliano avrebbe avuto un sosia che proprio quella sera sarebbe stato con lui.
Questo spiegherebbe il rumore di tegole che quindi, in quest’ottica, potrebbe essere interpretato come la fuga del “vero Giuliano” attraverso i tetti delle case di Castelvetrano, mentre il suo omologo sarebbe stato lasciato in casa De Maria a confabulare con Pisciotta, che forse era all’oscuro di questo delicato dettaglio, come forse lo erano il colonnello Luca e il suo aiutante Perenze, in questo contesto “giocati” dunque dai “servigi” segreti di Verdiani. Pisciotta dunque spara davvero credendo di uccidere Giuliano, ma questi già sarebbe decollato indisturbato dall’aeroporto di Castelvetrano diretto fuori dai confini italiani.
E’ una tesi certo molto ma molto ardita che del resto trova un ostacolo apparentemente quasi insormontabile proprio nella morte “anomala” di Verdiani e di Pisciotta, il primo, recitano le cronache, “suicidatosi” o fatto suicidare nel 1952 e il secondo avvelenato nel 1954 nel carcere dell’Ucciardone di Palermo, due avvenimenti sinistri che effettivamente gettano un’ombra di forte incertezza sulla ricostruzione precedente.
Ma è proprio così? Perché proprio Pisciotta e Verdiani muoiono in circostanze tanto tenebrose? Non avevano forse entrambi prestato un grande servizio allo Stato, il primo accordandosi col colonnello Luca sulla neutralizzazione di Giuliano e il secondo lavorandolo ai fianchi nel tentativo di estorcergli dei segreti specialmente in riferimento alla strage di Portella della Ginestra, salvo poi divenirne un amico quasi affidabile e confidenziale? E allora perché avrebbero dovuto ucciderli (ad ogni modo la versione ufficiale sulla morte di Verdiani parla esplicitamente di “suicidio”), pur sapendoli in un certo senso “innocui”, specie a morte avvenuta del temibile ricercato di Montelepre?
Può darsi che la mia risposta sia un po’ pregiudiziale e quindi forzata e fantastica, e tuttavia non deve stupire se oso affermare la tesi che entrambi questi due uomini di capitale e cruciale importanza nella storia dell’ultimo periodo di Giuliano potrebbero essere stati eliminati proprio a causa della loro “conoscenza” del segreto della messinscena della sua “presunta” uccisione, un segreto che, se rivelato, avrebbe avuto terribili conseguenze per lo Stato italiano, che sarebbe stato sbeffeggiato da tutte le Nazioni del mondo per il fatto di essersi accordato con un individuo che forse nascostamente aveva foraggiato per loschi intrighi politici.
In conclusione una piccola postilla, la spia certo leggendaria che segnala tuttavia che il garbuglio della fine di Giuliano resta tuttora avvolto nel più fitto mistero: sono passati ormai moltissimi anni da quell’oscuro 5 Luglio 1950 e giunge la morte della madre di Giuliano, Maria Lombardo; ebbene, si vocifera che alcuni abitanti di Montelepre abbiano visto un uomo strano con occhiali scuri scendere da una macchina, entrare guardingo nella casa di Giuliano, presenziare per qualche minuto nella stanza in cui era posta la deceduta e quindi sgattaiolare furtivo fuori, entrare nell’automobile e dirigersi verso l’aeroporto di Punta Raisi; si dice che qualcuno si metta a seguire l’enigmatico uomo per un lungo tratto ma poi ritornano sui loro passi…. Leggenda, mito, invenzione?
Non lo so. Resta il fatto che la storia di Giuliano continua tuttora a far parlare ed ad alimentare la fantasia di coloro che non credono alla sua morte…
P.S. Ad ogni modo, quelle che precedono sono soltanto ipotesi e ricostruzioni cronacali basate su diverse pubblicazioni che naturalmente ho lette approfonditamente e sviscerate. Non si deve dimenticare comunque che molti documenti su Giuliano sono stati secretati fino al 2016.
Ma c’e un aeroporto a Castelvetrano……….ma un utilizzo, no??
da una testimonianza saputa da piccolo sò che il5. 07 . 1950 giuliano era come scalpellino nelle cave di tufo vicini l’aereoporto e ucciso lì.per coprire chi l’aveva in affitto, fu portato via.dove fu trovato nel cortile. il campo non è in funzione, ma sò che sarebbe stato affittato ad un club di deltaplanisti che lo custodiscono il sabato e la domenica.per portella sò che ad un suo compare , lu zu caliddu, rivelò che non era stato lui e che come disse lui- mi iucaru- mi hanno preso in giro. lu ziu dici chi nun fu iddu…io ritengo che è una strage voluta dalla mafia del trapanese per ricattare la palermitana per paura di perdere il potere con la creazione dei colleggi siciliani, venuti a patti, essi sono stati firmati con il sangue .. quello di giuliano,come agnello. non dimenticare che la mafia tp ha aiutato garibaldi, ed è ancora forte e non rinuncia al potere facilmente, neanche con mille riina, si piega ma non si spezza, qui mafia, stato e massoneria sono tuttuno, anche se ha ricevuto colpi fatali. compimenti per la forte conoscenza della storia di queste parti…
compimenti per la forte conoscenza della storia siciliana. continua.
Mario, ti suggerisco di scrivere sul sito….www.marsala.it!……..verifica!…ciao
grazie antonio
continua antonio a scrivermi
questi articoletti sono capolavori degni del gattopardo.. peccato perderli…
spero di risentirti ancora per via telematica, anche ivana che saluto.
vorrei salutare chi mi ascolta , ormai è tardi e sono stanco. grazie. ho letto il testamento di carnevale sui nostri politici, satira ben fatta degna della guzzanti, bellissima. ho riso tanto.
aspetto ancora risposte, si vede che non sanno chiesa, comune e castelvetranesi cosa dire…le mie parole sono solo per gli onesti, per tutta la provincia. i ricordi sono per tutti, e se non rispondete, interpreto il silenzio non come omertoso, ma per le emozioni suscitate, ciò ci rende umani ed è una bella cosa. comunque ringrazio la redazione e i miei 4 llettori. di vero cuore.
ho letto le risposte, per cui vi ringrazio ancora. sono commosso. vorrei che mi rispondessero anche dai paesi vicini, a cui tengo molto.in un articoletto, ho parlato delle elezioni del 1968, e avevo aggiunto, forse elezioni politiche, ma , e mi sono informato meglio , mi sono sbagliato ,perchè queste si sono svolte nel maggio 1968, e praga è stata occupata in agosto, essendo piccolo non potevo ricordare tutto e credo che era realmente un comizio. da alcuni uomini che vi lavoravano, circolava la voe che erano in costruzione le famigerate baracche che tutti ricordano. io imparavo a leggere e colmare le lacune ,avendo perso l’anno. tra i derelitti c’erano due fratelli con cui componevamo le parole con un abbecedario con le lettere mobili, seduti su una ex cattedra altissima da semprare dei pappagalli sui trespoli,in fondo alla stanza c’ era un camino finto. un giorno , la legna posta per completare lo sfondo, prese fuoco , appiccato da uno dei fratelli. la fantasia fu superata dalla realtà, con il risultato che , colpevoli o innocenti, fummo messi, dietro la lavagna dopo una bella ripassata di bacchetta.tutti e tre… i miei compagni a cui fui poi aggregato erano buoni, l’ unico difetto era che io , spiccavo in altezza, e loro erano i tappi stile banda bassotti, vasile, armato, pagano e craparotta.
Carissimo Franco è verissimo quello che dici, già ………………….capolavori!
quando si era piccoli si giocava con ciò che la fantasia permetteva. i soliti soldatini , le sassaiole, le freccie fatte con le stecche di ombrelli e la classica fionda, la ciunna, coin forcelle di sommacco, una pianta con le foglie puzzolenti.e naturalmente la discarica comunale dove c’era di tutto, copertoni, spinti da bacchette e latte di pomodoro che bucate e con manici di corda o lacci di scarpe facevano da trampoli.e si giocava ai cow boys, un cavallo di canna , le pistole dono del 2 novembre, il giorno dei morti, cappellacci di paglia. gli indiani con penne di gallina, il capo con penne di gallo, solo che il pennuto in questione non era defunto ma era stato spennato da vivo…. immaginatevi le urla della padrona e le botte….e poi i perenni inseguimenti di pecore per essere a sua volta inseguiti dall’ariete, lu crastu, imbufalito.d’estate il bagno nell’abbeveratoio delle vacche. le capanne dove si dormiva, leggeva, cantava, si arrostivano le patate nella cenere. e giacomino, lu scassatu, che piangeva sempre per un un nonnulla e ci scassava perennemente i cabbasisi.e sua madre , più veloce di nonna abelarda, si precipitava e ci accusava.. risultato, nessuno voleva giocare con lui…
quando pioveva, si stava in casa, ma appena scampava il cattivo tempo, tutti noi ragazzi andavamo a raccogliere li cincurani, le grosse lumache per fare la zuppa con le patate in brodo la sera. le più grandi raccoglievano le verdurine selvatiche, giri e cicoria, o quelle spinose come li burranii, le borraggini, ai piccoli era proibito , per l’inesperienza, raccogliere i funghi. si mettevano le poche lire a disposizione, per comprare lu seri, cioè il brodo della ricotta, ottimo con il pane nero e si faceva merenda collettiva, in silenzio, e guai a fare risucchi dal piatto o dalla gamella.l’educazione era impartita dai ragazzi più grandi e non è vero che nelle classi popolari non c’è norma di comportamento. forse non oggi, ma quando ero piccolo eccome se c’era….basta rappresentare le classi popolari come emeriti..cafoni.con mio fratello e altri piccoli , dopo avere studiato, andavamo dalla signorina anna gruppuso, una persona dolcissima con noi ragazzi del popolo,oppure come si dice , di bassa rugna o genti di fangu. dalle sue parole non abbiamo mai sentito parlare mai male di noi, tranne che a scuola, almeno all’inizio.dopo averla aiutata a pulire la casa, ci faceva giocare in alcune stanze a volta alta, antiche,dove c’erano cumuli di mandorle sgusciate che venivano vendute a secchi ai fornai per cuocere il pane, la vera ricetta della cottura del pane vuole le bucce di mandorla e non la legna come dicono i depliants finti popolari. il pane è piu aromatico.. come merenda pane e fichi secchi che ci dava un’ altra signora vicino, la signorelli, giunonica donna siciliana tutta di un pezzo, a lutto per la dolorosa perdita di un figlio , come se noi fossimo degli angeli mandati da lui a consolarla. e noi la aiutavamo a pulire la tomba e imparare finalmente a pregare sul serio. ormai oggi i ragazzi sanno la bibbia come se la succhiassero con il latte, ma allora non era così…la signorina, così era chiamata, guai a dire zitella o schetta arraggiata, era brava a tessere in casa con un telaio fatto da lei stessa, e disegnava tovaglie e lenzuola, che se venissero fatti ora varrebbero una barca di soldi.ora la signorina non c’è più, stoncata da un male incurabile, angelo fra gli angeli, forse migliore…
volevo dire stroncata, ogni mattina quando passo da quei luoghi non posso dimenticare lei e tutti gli altri che non ci sono pìù,persone umilissime, che non saranno mai nominate nei libri patrii, come cavour o garibaldi. ma meritano un ricordo , e gli storici e nobili amministratori storceranno il naso. forse lu zu vincenzinu non avrà avuto nobili natali,ma come mungeva le capre lui non lo sapeva fare marta marzotto.. o come preparava le corna delle capre girgentane con l’acqua calda, che sembravano fresche di marturana, con il pelo pettinato, meglio di una permanente, come quelle che faceva alle donne nelle tende, per guadagnare qualcosa, ora tutti vanno da sparacia…allora bastava la pulizia, e in mancanza di meglio ci si arrangiava, ora farsi i capelli è solo moda che una primaria necessità.vorrei ritornare a lu zu caliddu, che poi divenne amico di famiglia di cui ho parlato altre volte. era pensionato con tanti mestieri, vedovo, con il figlio professore,cantante. lui ci narrava le favole e la sua vita, trascors in guerra in spagna , alle battaglie con le forze del duce, la guerra fra italici, che la mattina si sparava, fra urla e parolacce italiane per farsi riconoscere, e la sera tutti intorno al fuoco a parlare nei pressi di guadalajara o malaga. dovunque andiamo siamo sempre italiani, ci facciamo riconoscere, per la simpatia però…e perchè siamo umani.
ricordo quando tutti noi bambini eravamo impegnati a fare le conserve in casa, stile catena di montaggio, ognuno con il proprio compito. pulire frutta, spezzarla, zuccherarla, fregandone qualche pezzo, era un compito gravoso, ma la marmellata di prugne rosse o di arancia ora ce li sognamo. e fare la caponata…. bravi a spezzettaree le mnelenzane lunghe non quelle tonde come vedo fare, pulirle, a tocchi quanto mezzo pollice, non troppo grossi,nè piccoli,friggerle con leggera doratura, non a carbonizzarle, e i vari odori fino a riempirci la pancia di accia, il sedano, fino alla nausea, bello carnoso e bianco, sodo e scrocchiante, ora i sedani sono di serra, mollicci e durano lo spazio di un mattino..a compito finito, un bel profumo di fritto ci avvolgeva e poi la salsa di pomodoro calda. e gorgoglianze con migliaia di bolle al basilico.. da usare per la pasta.un bel profumo…. kaponat numero 5. come bevande la gazzosa o l’aranciata con le fialette di don montalbano, il pizzicagnolo di via garibaldi.
altre persone da ricordare, ma sono tante,sono la scarperia, anziana, la vecchia marietta che cuciva con la mamma, la superba gentile con un mefistofelico gatto nero guercio di un occhio giallo, la giliberti, perennemente vestita a lutto, lu zu nanà.il vecchio bulgaro che ci dava le ruote a palline, i cuscinetti a sfera, per fare i go kart per scivolare nel fango.i valenti, emigrati in svizzera, e poi una coppia celebre, commare concetta e lu zu attilio con cui trascorrevo interi pomeriggi a parlare..
e poi lu zu pippinu, vicino di lu zu caliddu,vestito sempre con un berrettino tondo e un vestito grigio stile signor bonaventura, fabbricante di cestini e canne per il caccamo ,sempre a prezzo fisso, cento lire,lavoro appreso nel celebre carcere di pianosa… era ex ergastolano,,,, famosa la zia santina, cugina di papà, abitante in una fattoria e sposata con tre mariti… e fiina li causi che puliva sempre la casa anche se l’acqua mancava. essa arrivava con l’ autobotte del comune anche in pieno inverno, se non arrivava o per non sprecare acqua pulita si mettevano i secchi o cati, sotto le grondaie , si usava per i bagni o i pavimenti. a volte passava il somarello per il sale o il mulo spazzino per la raccolta di barattoli di metallo e pezzi di ferro, scambiati con palloncini colorati..lu siggiaru e in due minuti le sedie erano riparate, ora si buttano.in iverno entrava in funzione il fast food condominiale, fagioli, fave, ceci e tonnellate di verdure, con rispettivo scambio di piatti e gamelle.papà andava a lavorare in campagna e mentre mangiava alle cinque precise,di pomeriggio, io aiutavo la mamma a preparare lu portacumpanaggiu, la ciotola di plasica e coperchio con il cibo per l’indomani. un giorno vidi preparare tant a roba per il comizio e il pranzo con tanti villici. comizio uguale sciopero agrario, a trapani, prefettura, polizia e ci poteva scappare il morto… allora sui sindacalisti si sparava.. altro che patti e sorrisi. ricordo le parole di quel giorno, sapiddu si tornu cchiù….era meglio che partiva in america, e i giorni di sciopero agrario erano funesti… altro che canti e bandiere…se il padrone ti vedeva gornali e bandiere comuniste ti licenziava in tronco e noi bimbi non dovevamo parlare… se no niente cose per i morti, niente soldi niente dolci o scarpe, roba di lusso. oggi si buttano per una fesseria..
sono sola e leggendo questi componimenti, ricordo il mio passato. oggi i giovani castelvetranesi non ne hanno. ma leggeteli nelle scuole questi romanzetti e rifletteteci.altro che marx e camilleri. quest’ultimo impazzirebbe a leggerli. il sindacalismo siciliano, i morti per i diritti, ipatti agrari, e io che credevo che fossero cose di 60 anni fa, passato remoto… e invece sono freschi..grazie per i tuoi ricordi che da oggi sono i miei..pubblicateli, perchè il passato non deve avere dimenticanze. segnalateli nellescuole anzicchè imparare a fare la pizza. giovani svegliatevi.. anche a cannonate…
tolte le tende e abitate le baracche, rimanevano le tracce che a poco a poco venivano distrutte per ritornare ad essere coltivate a grano. un giorno ,mentre noi piccoli eravamo radunati nel campo, vedemmo lu patruni, prima si diceva lu curatulu,ma ormai a scuola imparavamo l’italiano,che bellezza.. mi viene il vomito a solo pensarci… alle bacchettate… noi non avevamo paura , ma lu patruni non gridava, strano… ma che strano, per forza non gridava… aveva la bocca tappata da un limone e legato ad un ‘asse sul dorso di mulo..occhi spiritati , stecchito e sangue al petto… un delitto mafioso….e i vecchi a calmarci.. lo portano all’ ospedale, sta male… forse nel cimitero vicino sarebbe guarito…