Un duro colpo al patrimonio riconducibile alla famiglia mafiosa di Castelvetrano e’ stato inferto dai carabinieri del R.O.S. e del Comando Provinciale di Trapani, che questa mattina hanno dato esecuzione al sequestro emesso dal Tribunale di Trapani a carico dell’imprenditore castelvetranese Girolamo Calogero MURANIA, condannato per estorsione nell’ambito dell’indagine “mandamento” che, nel dicembre 2012, aveva portato all’arresto di esponenti di primo piano del mandamento mafioso di Castelvetrano, inseriti a vario titolo nella struttura di supporto economico al latitante.
L’odierno provvedimento di sequestro, richiesto dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, ha interessato i comuni di Castelvetrano, Partanna e Pantelleria, colpendo l’ingente patrimonio accumulato dal predetto, per un valore complessivo di circa 6 milioni di euro.
L’intervento segue le progressioni investigative sulla ricerca di Matteo Messina Denaro che, nell’ambito dell’indagine “mandamento”, avevano già portato al sequestro, a gennaio e dicembre 2015, di consistenti patrimoni ingiustamente accumulati attraverso le contestate attività illecite.
L’indagine aveva documentato le infiltrazioni di COSA NOSTRA nella gestione delle attività economiche nella provincia di trapani ed accertato come la struttura criminale diretta dal latitante Matteo Messina Denaro esercitasse un rigido controllo territoriale finalizzato, tra l’altro, all’acquisizione sistematica dei lavori per la realizzazione degli impianti di produzione delle energie rinnovabili, attraverso l’operato di Sacco Santo, già consigliere provinciale e presidente della commissione lavori pubblici, nonché grazie ad una fitta rete di società controllate, in modo diretto o indiretto, dall’imprenditore salemitano Salvatore Angelo, già sottoposto ad analogo provvedimento ablativo.
In tale contesto, MURANIA Girolamo Calogero, odierno proposto, veniva indagato e in seguito condannato per estorsione aggravata, realizzata in concorso con il citato Sacco Santo ed attraverso i metodi di intimidazione tipicamente mafiosi, ovvero mediante l’utilizzo di bottiglie incendiarie e la consegna di una testa di vitello all’indirizzo della vittima.
Tale condotta, in particolare, veniva realizzata col proposito di acquisire i lavori di realizzazione di un impianto energetico nella provincia di Catania, per cui doveva essere favorita una delle aziende del Murania.
L’indagine patrimoniale svolta dal R.O.S. e dal Comando Provinciale di Trapani, ha permesso di ricondurre al Murania la disponibilità di aziende attive nel settore agricolo, del turismo e delle energie rinnovabili, tra cui la “agro verde s.r.l.”, la “geo expert s.r.l.”, nonchè l’associazione “agro verde cult”, proprietaria, tra l’altro, dell’immobile in cui e’ ospitato il “museo dell’olio e delle olive” di Castelvetrano. Approfondite analisi bancarie e reddituali hanno permesso di acquisire elementi di riscontro circa l’origine sospetta dei capitali impiegati dal Murania per la creazione delle predette realtà economiche, nonchè per la conduzione dei successivi investimenti.
La forte sperequazione tra le ricchezze accumulate e quanto dichiarato al fisco, permetteva inoltre di rilevare l’ingiustificato possesso di ulteriori beni mobili ed immobili, evidentemente acquisiti grazie alle attività illecite.
Il sequestro, ha avuto quindi per oggetto 4 imprese operanti nei settori agricolo, del turismo e delle energie rinnovabili, 29 beni immobili tra appartamenti, uffici, magazzini e terreni; circa 12 rapporti bancari e finanziari e 1 autoveicolo.
Comando Legione Carabinieri “Sicilia”
Comando Provinciale di Trapani
COMUNICATO STAMPA
un semplice suggerimento, quando si parla di tali individui andiamoci piano con la qualifica “imprenditore”, forse è meglio definirli in altra maniera, l’imprenditore è una figura sana di un’economia nella quale organizza i fattori di produzione per produrre reddito per lui e per la societa’ in cui opera, non credo che sia questo il caso…
Appare necessario eseguire delle precisazioni in ordine all’articolo giornalistico in questione che parrebbe di provenienza di “pubblica accusa” processuale. Proprio a tal fine, sarebbe opportuno conoscere la provenienza del “comunicato stampa”. Il piglio accusatorio utilizzato nel redazionale lascia trasparire almeno una insufficiente conoscenza dell’evoluzione della vicenda processuale. Intervengo quale difensore d’appello di Santo Sacco, per precisare che quanto sottolineato nello scritto sul concorso di reato con il proposto di prevenzione Murania, sebbene inizialmente corretto, trova una sostanziale differenza nella divaricazione delle scelte processuali dei due coimputati: Murania attraverso la definizione processuale con richiesta di pena concordata, Sacco attraverso la scelta diversa di un processo col rito abbreviato che ancora non è definitivo, rimanendo in attesa dell’udienza di cassazione fissata per il mese di maggio prossimo. Quindi affermare “metodi di intimidazione tipicamente mafiosa”, sebbene in concorso, addebitabili al mio assistito, non tiene in debito conto del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza sino ad una sentenza definitiva avente autorità di cosa giudicata. Così non è ancora per la sentenza di condanna impugnata nell’interesse di Sacco. Infine, appare strano un riferimento di una testa di vitello addirittura mozzata che possa in qualche modo riguardare una condotta specifica del mio cliente. Avrò guardato con distrazione il corposo incarto processuale e mi sarà sfuggito l’ingombrante fardello intimidatorio, almeno non riferibile a Sacco. Appena poi definita la sentenza e solo allora, sulla motivazione sull’ultimo grado di giudizio, potrà quindi discutersi su tutti gli aspetti giuridici di un pronunciamento giudiziario definitivo.
Avv. Franco Messina
Precisando che la notizia riportata è un comunicato stampa e non un articolo giornalistico , devo ammettere che ho trovato più interessante ciò che è stato scritto dall’ Avv. Messina che dal comunicato stampa. Concordo pienamente.
Caro Franco, premesso che non voglio esprimere giudizi né ho preconcetti di sorta riguardo ad alcuno. Mi pare però assai strano che si possa invocare il principio della “presunzione di innocenza” nel citare atti addebitati ad un imputato, quando egli si trova in carcere proprio per questi addebiti. Tale principio costituzionale non pare sufficiente a impedire la carcerazione ma dovrebbe “proteggere” da affermazioni assolutistiche di colpevolezza senza che si sia ancora concluso l’iter giudiziario. Suppongo che se io mi trovassi in una situazione simile preferirei che il principio di innocenza mi fosse riconosciuto per non andare in carcere piuttosto che per non far parlare la gente.