Una task-force per salvare dall’abbandono l’antico acquedotto di Selinunte: una rara opera di ingegneria idraulica del IV secolo avanti Cristo scoperta nel 1882 da Salinas e dimenticata nonostante il suo uso fino al secolo scorso per il rifornimento idrico di Castelvetrano. Oggi, i volontari del Gruppo archeologico Selinunte con altre associazioni di Castelvetrano e il placet dell’assessore regionale ai Beni culturali, Sebastiano Tusa, sono scesi in campo per ridare lustro a questo monumento indicato dal Fai come “luogo del cuore”.
“Da Castelvetrano, percorrendo la provinciale per Partanna, una trazzera conduce a ciò che rimane della medievale Torre di Bigini – dice Antonio Barone, responsabile del Gruppo archeologico Selinunte – e poco distante, nascosta dalla vegetazione, si trova la “vasca Selinuntina”: costituita da blocchi intagliati di pietra arenaria, serviva agli abitanti di Selinunte per raccogliere l’acqua che in quel luogo si trova ancora oggi in abbondanza e incanalarla verso la città, con un percorso di una dozzina di chilometri.
Lungo tale percorso è ancora possibile riscontrare alcuni elementi dell’antico acquedotto e i resti di un sistema di vasche che doveva consentire di raccogliere e far proseguire per la città le acque provenienti dalla vasca maggiore”. Era questa quella più grande con un diametro di 10 metri e un altezza di quasi 3 metri, con ciottoli di fiume sul fondo necessari per filtrare l’acqua. La vasca di Selinunte fu utilizzata in età spagnola e, nel secolo scorso, per l’acquedotto di Castelvetrano poi è finita nel dimenticatoio e oggi rischia di crollare. Da qui l’impegno dell’assessore Tusa a intervenire per recuperare il monumento e farlo conoscere a siciliani e turisti con l’aiuto dei volontari di Castelvetrano.
di ISABELLA DI BARTOLO
per Repubblica