referendum trivelle

Lo scorso mese di febbraio, Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha firmato il decreto sulle norme in materia ambientale che indice il referendum popolare sulle trivelle per il 17 aprile.

In particolare, si tratta dell’abrogazione del comma 17, terzo periodo, dell’articolo 6 del dlgs n. 152 del 2006, limitatamente alle parole: “Per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”.

Il referendum non modifica quindi la possibilità di compiere nuove trivellazioni che entro le 12 miglia è già vietato dalla legge ma una vittoria dei SI al referendum impedirà l’ulteriore sfruttamento degli impianti già esistenti una volta scadute le concessioni.

Greenpeace ha lanciato una campagna di sensibilizzazione per dire NO alle trivelle e votare “SI” al referendum.

L’impatto sull’ambiente delle trivellazioni in mare può essere devastante: nessuno può escludere incidenti gravi e la portata di uno sversamento di petrolio, in un mare chiuso come il Mediterraneo, che impiega circa 90 anni per il ricambio completo delle proprie acque, potrebbe danneggiare gli ecosistemi in modo irreparabile.

Mentre tutti abbiamo ancora negli occhi e nella mente le immagini dei numerosi disastri che hanno costellato la storia dell’estrazione di petrolio in mare – a partire da quelle dell’incidente nel Golfo del Messico del 2011 – in Italia il legislatore ha deciso che le trivelle sono al 100% “sicure per legge”. Infatti una norma del 2005 (l’art.1 della legge 238) esclude le piattaforme petrolifere dalla categoria di impianti a rischio di incidente rilevante. Questo significa che le compagnie non hanno l’onere di dimostrare quali accorgimenti sono in grado di adottare per scongiurare, contenere o mitigare sversamenti di ingenti quantità di idrocarburi in mare. Semplicemente perché, secondo il legislatore, non possono avvenire in ogni caso!

È chiaro inoltre come le trivelle possano avere impatti negativi sul turismo e sulla pesca sostenibile, settori vitali della nostra economia che andrebbero tutelati da ogni rischio. Si pensi che il turismo costiero fa registrare ogni estate oltre 40 milioni di presenze di turisti stranieri nei nostri mari; e che la pesca oggi, senza contare i suoi indotti e la maricoltura, impiega circa 25 mila persone.

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