michele serra

Caro Michele, seduta su una panchina guardo la piazza del mio paese e penso alle parole di Gian Antonio Stella al Festival di Sanremo: «Chi vive nel brutto è più facile che diventi brutto; le mafie hanno bisogno del brutto e del degrado per prosperare e creare consenso ».

Il mio paese è Castelvetrano, un tempo ha dato i natali a Giovanni Gentile, oggi a Matteo Messina Denaro. Il mio paese è brutto ma ha una sola cosa bella, anzi bellissima, una piazza pedonale che abbraccia tutto il piccolo centro storico, realizzata con i fondi della comunità europea. È lo spazio dei nostri bambini, l’unico in cui possono correre, giocare e andare in bicicletta; per il resto il nulla, un intero paese non dedica né progetti né pensiero ai propri figli. Adesso però i commercianti si lamentano, perché con il traffico chiuso non guadagnano abbastanza.

Il nostro giovane e illuminato sindaco dà loro ragione e ha fatto sapere che farà di tutto per accogliere la loro richiesta e riaprire la piazza al traffico. Tu mi dirai: qual è la novità? I nostri bambini sono italiani, ancora di più siciliani, ed è giusto che imparino presto che da noi tutto ciò che è bello non va difeso e tutelato in quanto bene prezioso, e di tutti, ma ignorato, sporcato, cancellato. In fondo andare a piedi in edicola a comprare il giornale è troppo faticoso, meglio andare in auto e parcheggiare in tripla fila.

Simona Pizzo – Castelvetrano (Trapani)

Ecco la replica pubblicata sull’ultimo numero del supplemento del venerdì de “La Repubblica”

Cara Simona, per farti sentire meno sola e meno «siciliana» ti dirò che anche la piazza del paesino emiliano nel quale oramai passo la maggior parte della mia vita è bellissima, tutta di pietra e di luce che ne cambia il colore a seconda delle stagioni; ma è rimasta chiusa al traffico solo per un tempo breve, qualche anno fa, perché anche lassù la gente ama andare all’edicola e al bar in macchina, preferibilmente lasciando il motore acceso, e i sindaci – quasi tutti – si guardano bene dal contrariare i loro elettori.

E dire che in molte città europee non la piazza centrale, ma l’intero centro storico è chiuso al traffico; e i commercianti fanno a gara ad aprire negozi in piena isola pedonale perché lo shopping, senza le auto, prospera. Solo da noi, per ragioni per me misteriosissime, i commercianti considerano rovinoso chiudere al traffico le strade dove operano. A Bologna più di vent’anni fa un referendum comunale che proponeva la chiusura alle auto del centro storico passò con una maggioranza schiacciante. Ma non se ne fece mai nulla. I commercianti protestavano. A Milano sono soprattutto i commercianti (non tutti, per fortuna) a battersi contro l’Area C, che limita il transito delle auto nel centro storico. Non c’è statistica sulla salute pubblica (tumori, asma bronchiale, eccetera), che valga a dissuaderli. Per fortuna Milano si è data un sindaco tosto, su questi problemi capace anche di impopolarità.

Ma sarà rieletto? Oppure – come è capitato per esempio a Recco, cittadina ligure, alla prima giunta che ha osato varare un piano regolatore per contrastare gli abusi edilizi – sarà bocciato dai cittadini infastiditi nei loro traffici e nei loro porci comodi? Penso spesso, cara Simona, che la vera Casta siamo noi cittadini: è il cumulo nefasto e immane dei nostri egoismi, dei nostri piccoli interessi, della nostra pigrizia e della nostra ignoranza. E la peggiore colpa dei politici è che non sono migliori di noi, come sarebbe loro dovere essere, e anzi fanno di tutto per assecondarci e per assomigliarci.

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