Amore mio, i bambini stanno crescendo bene e l’ultima arrivata ci riempirà di gioia e d’amore.
Finalmente abbiamo risolto tutti i nostri problemi economici e la tua malattia evolve positivamente verso una lenta ma continua guarigione. Ci aspettano momenti di assoluta spensieratezza e nulla al mondo potrà impedirci di essere felici
Queste parole sono rimaste impresse nell’anima e nel cuore di Filippa Valenti, moglie di Vincenzo Vento. Pochi giorni dopo aver pronunciate queste parole, Enzo cadeva vittima di un agguato mafioso a Castelvetrano, colpevole, semplicemente, di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Enzo, Filippa con i figli Francesco e Alessandro
Nel pronunciare quelle parole alla moglie che si trovava in cura per una brutta malattia, Enzo non aveva fatto i conti con una realtà devastante del nostro territorio, la mafia, che continua ad arrogarsi il diritto di appropriarsi dell’altrui destino.
Il 28 aprile del 1984, due killer si trovavano a Castelvetrano per uccidere Epifanio Tummarello, ex sorvegliato speciale. Enzo si trovava solo per caso all’interno dello stesso furgone di Tummarello. I mafiosi non lasciano scampo ai testimoni di un omicidio e per questo motivo, quel giorno è stata spezzata la vita ad una persona che mai nulla aveva avuto a che fare con la mafia. Enzo, dopo essere stato ferito, aveva implorato i killer di lasciarlo stare perché aveva figli piccoli che lo aspettavano. I killer sono stati subito arrestati e sono stati loro stessi a raccontare gli ultimi momenti di vita di Enzo, durante il processo per il duplice omicidio.
Enzo aveva appena 36 anni, quella mattina con lui ci sarebbe dovuto essere anche il figlio Francesco di appena 11 anni. Non aveva voglia di andare a scuola e voleva “andare a lavoro” con suo padre che aveva una concessionaria di auto usate. Per evitare un dispiacere alla madre, Francesco si è convinto di andare a scuola altrimenti l’epilogo dell’agguato sarebbe stato ancora più tragico.
Anche l’altro figlio, Alessandro, di appena 6 anni, era a scuola. La figlia più piccola, Rosamaria, invece non conserva alcun ricordo di papà Vincenzo perchè quel terribile giorno non aveva nemmeno due mesi di vita.
Una giornata terribile per la comunità Castelvetrano perché Vincenzo con il suo carattere era riuscito a conquistare la stima e l’affetto di gran parte della città. Tra le tante imprese di Vincenzo ricordiamo il Lido Tintarella, una struttura balneare storia di Marinella di Selinunte, borgata della quale era follemente innamorato.
Ed è stato proprio per il Lido Tintarella che Enzo si trovava in quel dannato furgone. Lo aveva chiesto in prestito perché avrebbe dovuto portare a Marinella il materiale necessario per preparare la struttura all’imminente stagione estiva.
Vincenzo merita di essere ricordato per comprendere quanto male ha fatto la mafia nel nostro territorio. Solamente nel 2012, è stata inaugurata a Castelvetrano la “Via Vincenzo Vento”, 28 anni dopo la sua morte. E pensare che lo status di vittima innocente della mafia è stato riconosciuto circa due anni dopo il terribile fatto.
Abbiamo chiesto alla moglie di raccontarci quel terribile giorno perché Vincenzo merita la memoria della nostra comunità. Sicuramente non merita una stradina di città con un’insegna poco chiara o magari una targa sul luogo dell’omicidio, coperta però dalle sterpaglie.
In quel periodo io ero malata e dovevo accudire mia figlia Rosamaria, per questo motivo mi trovavo a casa di mia madre. I maschietti erano a scuola, mia madre stava stirando ed io ero sul divano. Ad un tratto, una vicina entra a casa e scoppia a piangere perché diceva che suo marito aveva avuto un incidente.
Erano le 11.30 del mattino e subito dopo iniziò un via vai di persone che non voleva farmi capire nulla. Poi arriva mio fratello che con faccia sconvolta mi dice la verità, senza altri giri di parole: “Enzo non c’è più”.
Oggi pomeriggio, ci sarà un momento in memoria di Vincenzo Vento. L’appuntamento è per le ore 16:30 presso la Chiesa di Santa Lucia a Castelvetrano.
una persona molto alla mano con noi, giovani di un tempo, che affollavamo il lido tintarella.