Una strage di cani a Sciacca, uccisi da da ali e cosce di pollo avvelenati in una contrada a pochi chilometri dal centro storico. Fino a ieri sera erano stati rinvenuti 33 cani morti, alcuni dei quali cuccioli, ma il numero è destinato a salire perché altri potrebbero essersi allontanati da quella zona dopo avere mangiato le esche.
Il sostituto procuratore Michele Marrone ha disposto ieri sera il sequestro dell’area. Il veleno utilizzato sarebbe uguale a quello impiegato, nello scorso mese di gennaio, in via Sacro Cuore, sempre a Sciacca, dove un altro cane è stato avvelenato e due si sono salvati.
La Procura della Repubblica di Sciacca ha aperto un fascicolo per l’ipotesi di reato di uccisione di animali. Nella zona, ormai da qualche anno, c’era un concentramento di decine di cani randagi e qualche passante era stato aggredito.
Sul fatto è intervenuto anche il Presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci:
L’avvelenamento cani a Sciacca è un atto di grave inciviltà che merita la condanna di tutti. Amare un animale d’affezione non è un dovere, ma rispettarlo sì. Confidiamo nel lavoro degli inquirenti e, ove venissero individuati gli autori del vile gesto, il governo della Regione non esiterebbe a costituirsi parte civile nei relativi giudizi.
Al tempo stesso non può eludersi il fatto che questa triste vicenda ponga l’accento sul dilagante fenomeno del randagismo in Sicilia. Servono iniziative, anche legislative, immediate e risolutive. Per la prossima settimana, ho fissato un incontro con le autorità veterinarie regionali e con le più rappresentative associazioni di volontariato per trovare soluzioni condivise.
Confermo che, a mio parere, la notizia relativa all’uccisione dei cani di Sciacca sia un grave atto di inciviltà. Ma le istituzioni farebbero meglio a recitare un sano “mea culpa” per non saper gestire il fenomeno del randagismo. Poi proprio Musumeci ci farebbe più bella figura se stesse zitto dopo il grave atto di inciviltà commesso dalla sua amministrazione regionale nel sollevare dall’incarico Giuseppe Antoci, strenuo difensore della legalità e degli interessi dei siciliani onesti nel salvaguardare, rischiando la vita, un patrimonio che appartiene a tutti noi, il Parco dei Nebrodi. E ciò nell’esplicito silenzio dei tanti candidati che sbandierano, durante questa “civile” campagna elettorale, volontà di cambiamento che sarà per la Sicilia, ancora una volta, di lá da venire.