Murales Messina Denaro - CastelvetranoLe recenti indagini ci dicono che il «pensiero» mafioso di Messina Denaro è lo stesso di quello che anni addietro confidava ad una delle sue donne. A Sonia scriveva: «Devo andare via, non posso spiegarti le ragioni della mia scelta. In questo momento le cose depongono contro di me, sto combattendo per una causa che non può essere capita. Ma un giorno si saprà chi stava dalla parte della ragione».

La filosofia dell’uomo forte della nuova mafia, quella che ha adottato, dopo stragi e omicidi, la strategia della sommersione è tutta qui. Per Matteo Messina Denaro la guerra di Cosa Nostra allo Stato è una guerra giusta. A 14 anni già sparava. A 18 uccideva. A 31 metteva le bombe al Nord, prima a Roma, contro Maurizio Costanzo e la Chiesa, poi a Firenze e Milano.

Oggi è a capo di una holding imprenditoriale: donne, affari, appalti, e grandi imprese. Matteo Messina Denaro è un mafioso di altra generazione, è soprattutto un gran viveur. Qualcuno lo ricorda mentre scorazzava in Porche verso Selinunte. Pantaloni Versace, Rolex Daytona, foulard. Quando Riina lo incaricò di pedinare Falcone, Martelli e Maurizio Costanzo a Roma, a fine ’91, lui -racconta uno dei boss ora pentito che lo accompagnava, il mazarese Vincenzo Sinacori – trovava sempre il tempo di fare una buona scorta di camicie nel negozio più esclusivo di via Condotti e andava a mangiare nei locali più «in». Confuso fra la bella gente, aiutato, ieri come oggi, dal fatto che lui non ha la faccia da vecchio mafioso siciliano. Ma il volto è quello della nuova mafia, fatta da professionisti e «colletti bianchi».

Matteo Messina Denaro è tra i criminali più ricercati dalle polizie di tutto il mondo. Si colloca infatti al quinto posto nella speciale classifica di «Forbes» dedicata ai latitanti appartenenti al «gotha» del crimine planetario, dove il primo in assoluto è Osama Bin Laden. Cos’è oggi la mafia trapanese guidata da Matteo Messina Denaro è scritto in una delle relazioni conservate in una stanza del Parlamento, presso la Commissione nazionale antimafia. Nel capitolo riguardante Trapani si attesta che qui Cosa nostra ha chiuso il cerchio e completato la fase di intromissione nel tessuto sociale ed imprenditoriale.

A Trapani ha preso piede il predominio di quel livello mafioso «dove non ci sono per forza “punciuti”, ma soggetti comunque in grado di gestire grandi risorse», il «terzo livello» degli uomini d’onore, dove restano in auge i vecchi «consigliori» e a disposizione i gruppi di fuoco, che però è come se fossero stati invitati, per ora, a non esporsi. Matteo Messina Denaro si è accertato ha contatti diretti col Sudamerica – e questo significa potere gestire affari del narcotraffico – e ha ripreso i contatti con le «famiglie» americane. «Il fatto grave – si legge in una relazione depositata negli archivi della commissione nazionale antimafia – è quello che si faccia finta di non assistere ad uno stravolgimento delle regole di mercato». In questo contesto c’è chi invece di mafia preferisce parlare dell’antimafia, che può avere fatto degli errori ma che non sono mai gravi quanto quelli commessi da quanti ai boss hanno tenuto, e tengono, bastone e cappello come maggiordomi.

Nel giorno del compleanno del boss latitante, la caricatura raffigurante il giovane “padrino”, che punta l’indice in alto, quasi fosse un santo, e tiene vicino il bocciolo di un fiore, è comparsa a Castelvetrano, sovrapposta ad uno dei graffiti realizzati dai giovani che lo scorso dicembre parteciparono alla carovana antimafia di Libera. Il volto che chiaramente rassomiglia a quello di una delle foto segnaletiche del capo mafia latitante dal 1993 è stato riprodotto su un muro interno del parcheggio comunale Salina di via Cordova, in pieno centro storico e a poche decine di metri dal Municipio.

«Mi addolora profondamente pensare – ha commentato il sindaco Gianni Pompeo – che ci possa essere qualche mio concittadino che possa idolatrare un boss che ha dimostrato la sua ferocia ed il suo sprezzo dei valori più alti che animano il nostro operato» «Non so se in questo vile atto si possa leggere un messaggio intimidatorio o semplicemente uno stupido desiderio di mitizzare un personaggio totalmente negativo – aggiunge -. In entrambi i casi non posso che condannare con fermezza l’episodio ed auspicare che la sinergica azione delle forze dell’ordine possa dare presto un volto all’autore del gesto». Esattamente un anno fa un altro graffito riproducente la faccia del latitante, ricercato da 16 anni, venne ritrovato su una parete dei nuovi uffici comunali di contrada Giallonghi realizzati su un fondo confiscato alla mafia.

Rino Giacalone
per antimafiaduemila.com

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