Vedi MiFID e cambi vita, o se non altro cambi modo di investire. A gennaio 2018, quando venne approvata all’unanimità la nuova direttiva con le nuovissime disposizioni su costi ed oneri, giubilo e tanta attesa. Poi, però, tradita dalle aspettative.
Occorre fare un passo indietro: cosa è la MiFID II che, appunto, da gennaio 2018 regola i mercati finanziari in Europa? Una nuova normativa che regola il mercato dei servizi finanziari. La MiFID II stabilisce, per tutti gli intermediari finanziari, degli obblighi relativi alla trasparenza nella comunicazione dei costi dei servizi di investimento alla clientela interessata. Nient’altro, si fa per dire, che una misura che ha voluto interrompere la particolarità e la frammentarietà dell’industria del risparmio gestito: insomma, con la MiFID II, un risparmiatore sa come e dove finiscono i suoi risparmi e soprattutto per cosa. Un ausilio, per aiutare l’investitore a prendere decisione in merito a investimenti consapevoli.
Quando si parla di investimenti finanziari, si sa, si entra in un campo dove la comunicazione è fondamentale ed il ruolo degli intermediari centrale per l’investitore: aiutano a capire strutture spesso complesse, che caratterizzano l’industria dei servizi finanziari. Ma in Italia? Piove sul bagnato, come dimostrato da una analisi condotta da Moneyfarm in sinergia con la School of Management del Politecnico di Milano, per capire la qualità delle comunicazioni ricevute dagli investitori. E molti, in Italia, non hanno consapevolezza di quanto spendono per investire. La ricerca è stata condotta, in una prima fase, per esaminare le comunicazioni precedenti all’investimento e dopo per analizzare l’invio della rendicontazione annuale che riassume i costi che ogni cliente, nel 2018, ha sostenuto.
I risultati sono drammatici: solo quattro intermediari su un campione di diciotto ha inviato i documenti in formato ridotto, con cinque pagine, e con una comunicazione quantomeno chiara e lineare. La maggioranza ha scelto un’altra strada: quella di inviare corposi documenti, anche di quaranta pagine, stravolgendo completamente il senso della normativa, usando ed abusando di parole tecniche, spesso complicate da comprendere ad una prima lettura da chi non è impiegato nel settore finanziario. Le raccomandazioni delle Autorità e delle associazioni di categoria, insomma, non sono state seguite da nessuno.
L’indagine è stata inoltre condotta su tre livelli di valutazione distinti e separati: il primo, circa i requisiti obbligatori minimi che imponeva la normativa primaria e i regolamenti attuativi di secondo livello; il secondo, con le indicazioni dell’ESMA, l’Autorità Europea degli strumenti finanziari e dei mercati (best practices). Infine, altri parametri qualitativi come la chiarezza delle raccomandazioni, oltre che gli obblighi previsti dalla normativa, devoluta alla trasparenza e alla chiarezza, come soprindicato. Il risultato ottenuto, come sottolinea un articolo pubblicato da ilSole24Ore, è stato del tutto imbarazzante: nel 50% dei casi la comunicazione, seppur preceduta da chilometri di pagine, era presente, nel 44% del totale invece appariva il solo costo. E nel 6% che chiude il campione era del tutto assente. Il tutto è andato peggio poi sulle tempistiche: anche qui nessun intermediario è riuscito in tempi brevi, come previsto: su diciotto consulenti solo 2 hanno inviato il report a maggio 2019, 2 a giugno, 11 a luglio, 2 in agosto e 1 addirittura a settembre. Una tragedia…
AUTORE. Claudia Bianco