A largo della costa orientale della Sicilia c’è un motore sommerso che fa scivolare l’Etna nelle acque dello Ionio. Come se nel versante di Sud-Est il vulcano ‘non avesse i piedi’. Il motore principale di questo movimento, che nel maggio 2017 è stato di 4 centimetri in soli 8 giorni, non è legato alla camera magmatica, come ritenuto finora, ma è in mare, come se l’Etna stesse collassando sotto il suo stesso peso. Per gli esperti, è impossibile dire se questo movimento in futuro causerà tsunami.

È quanto emerge dallo studio pubblicato sulla rivista Science Advances, coordinato dal Centro tedesco Helmholtz per la ricerca oceanografica Geomar di Kiel, che ha tra gli autori anche tre ricercatori italiani dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) di Catania: Alessandro Bonforte, Francesco Guglielmino e Giuseppe Puglisi.

Lo scivolamento del vulcano verso il mare è stato studiato per due anni a circa 15 chilometri dalla costa e 1.200 metri di profondità. “È la prima volta che misuriamo deformazioni sottomarine dell’Etna”, ha spiegato all’ANSA Alessandro Bonforte. Da circa 20 anni i vulcanologi monitorano i movimenti del fianco Sud-Est del vulcano, ma finora solo sulla superficie. Per Bonforte, “questi nuovi dati – ha aggiunto – spostano adesso la causa del movimento in mare, dove si trova la scarpata ibleo-maltese. È come se il vulcano lì non avesse i piedi”.

Abbiamo chiesto il parere di un esperto, il dott. Mario Mattia dell’INGV di Catania, queste le sue parole:

“Mi giungono numerose richieste di chiarimento da parte di amici e parenti riguardo il rischio di collassi improvvisi di pezzi interi di Etna in mare e conseguenti tsunami. Poche cose da dire (anche perchè si tratta di lavori scritti da eminenti colleghi):
1 i fenomeni di deformazione diffusa nel versante orientale dell’Etna sono noti e studiati dagli anni ’80
2 Le “accelerazioni” di questi movimenti sono anch’essi ben noti e ampiamente studiati da almeno 4 anni
3 Sono personalmente contrario ai toni catastrofistici utilizzati senza l’adeguato supporto di evidenze nella passata attività etnea ma solo attraverso confronti con realtà totalmente differenti da quella etnea (Hawaii, etc.). A mero titolo di esempio, lungo i piani di scivolamento del Kilauea si verificano terremoti con componente compressiva di elevata magnitudo (anche fino a 7), legati ai movimenti di enormi masse lungo i citati piani profondi fino a 10 km. All’Etna questo tipo di terremoti sono totalmente assenti, a testimonianza dell’insostenibilità di confronti col gigante hawaiano.

Nota finale: in periodi nei quali la verifica delle notizie è uno dei punti critici del rapporto tra media e cittadini, se ad alimentare paura ed allarme si aggiungono coloro i quali dovrebbero essere deputati alla verifica delle informazioni, si è creato un corto circuito dal quale si può uscire in un solo modo. Tornando, ciascuno di noi, a fare il proprio mestiere.”

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