Domenica 10 marzo la sede del Richemont Club Italia a Brescia è stata teatro dell’evento “C’è del tenero in Sicilia”. Protagonisti del corso sono stati il docente (e socio del club) Renato Flaborea e Filippo Drago, esperto di grani antichi e titolare dell’azienda “Molini del Ponte” di Castelvetrano.

Ad aprire l’evento è stato il docente Flaborea, che ha iniziato la lavorazione del “Pane nero di Castelvetrano”, caratterizzato da un’alta percentuale di acqua (83%) e dalla presenza del lievito madre. La parola è pero subito passata a Filippo Drago che ha iniziato il suo racconto dalle origini. Il mulino nasce nel 1967 e fin da bambino egli ha sempre amato osservare l’attività del nonno.

Dal 1991 vi partecipa in prima persona, iniziando a lavorare nell’azienda. Un’innovazione che ha portato è stata quella di dare alla farina il medesimo nome della tipologia di grano dalla quale era stata prodotta, cosa affatto scontata per il tempo. Di Filippo colpisce particolarmente la grandissima passione e l’amore che mette nel proprio lavoro, che va ben oltre il semplice profitto.

Come ha spiegato lui stesso: “Non si lavora solo per il guadagno, ma anche per le soddisfazioni”.

Ci basti pensare che sulla parete della propria azienda è affisso il discorso di Luigi Einaudi sugli imprenditori, che esprime proprio il concetto sopra riportato. A questo punto l’attenzione si è nuovamente spostata su Renato, che ha illustrato ai presenti la preparazione del pane “Perciasacchi”, il quale si compone del 70% di acqua e del 20% di lievito madre liquido.

Il proprio nome deriva da quello della farina utilizzata per realizzarlo, integrale e macinata a pietra. Una volta ripresa la parola, Filippo ha spiegato che non è affatto vero che la Sicilia produce solo grano duro come spesso si pensa. Ha così riportato diversi esempi, tra i quali il Farro Monococco e varie tipologie di grani teneri prodotti nella catena montuosa delle Madonie. Una cosa che gli sta particolarmente a cuore e che ritiene di fondamentale importanza, afferma Drago, è il fatto che venga sempre fatta una distinzione tra contadino, mugnaio e fornaio. Spesso si tende a considerare i lavoratori appena elencati come figure in comune o addirittura medesime ma bisogna ricordarsi che non è possibile svolgere tutte e tre le attività contemporaneamente.

 

 

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