Pensare al battesimo come figura della teologia, e come spunto per una messa in scena teatrale, significa – a mio avviso – descrivere un passaggio epocale e simbolico: quello che traccia un arco dall’acqua come semplice rito a quello dell’acqua come rinascita.
Per questo ho pensato che una regia dotta in simbolismo, quella dell’amico Leonardo Seidita, potesse conferire a questo dramma uno spessore universale, che – vicino e lontano al contempo dal vissuto di fede che ognuno conserva nel proprio intimo – raccontasse la storia di un fiume, il Giordano, e delle sue acque destinate a ribollire di sangue, ad essere scenario di evocazione arcaica ed, al contempo, di messianismo futuro.
La forza del cristianesimo è tutta nel Dio che si fa tempo ed è accolto dalla storia come un figlio dalla madre. Così, la terra del mito arcaico, è qui trasposta in acqua, acqua che salva, che straripa, che culla, che inonda, che esonda, che atterrisce… L’acqua del Battista, il segno più bello della rinascita che prepara al fuoco dello spirito. In teatro, questo è diventato un coacervo di azioni sceniche, a corredo di un testo ispirato, poetico a tratti, innovativo per alcuni frangenti, coraggioso addirittura in altri scenari. Gesù deve arrivare in questo Giordano a compiere ciò che Giovanni e il suo Fiume, stanno tessendo, in una movenza come erotica, amorosa. Non c’è traccia di bacchettonismo in questo Giordano, nella sua struttura testuale, così come non c’è traccia di leziosità nella regia rigorosa che rimette al centro della scena, l’intera navata, un racconto. Il bene e il male si fronteggiano sullo stesso margine sdrucciolevole che esiste tra acqua e sabbia, tra sete e arsura, tra fluire e solidificarsi. Nel deserto ogni carne è viva e morta, al contempo.
L’universo reclama il suo posto nell’ordine di giustizia, mentre Satana ritorna ad essere non già il Lucifero della rivolta a Dio, ma un essere vincolato alla potente mano del creatore. Angelo tra angeli pronti a donargli la parola tentatrice ma anche a zittirne il deliro. L’amore per l’uomo straripa, infatti ed infine, in questo dramma; e come ogni amore, esso si fa anche martirio e silenzio, poiché ciò che salva l’uomo è proprio l’umano. “Va… la tua fede ti ha salvato”, infatti, dirà Gesù a chi è riuscito a far della propria vita un segno concreto di “tesuvah”, di conversione del cuore. Giordano, per questo, non è solo un fiume, nè solo una storia, ma un simbolo di vita che procede vittoriosa sulla tentazione inter-temporale del male, messo in scena da Seidita come una voce dalla folla, uno di noi, quindi, cui il pensiero autoreferenziale ha creato un “vulnus”, un dolore, una malvagità. L’uomo vince, se supera la propria chiusura, se si fa carne tra la carne, se condivide il lutto e la luce, che dal suo cuore erompono copiosi.
GIORDANO
Dramma sacro di Marco Maria Renda
Chiesa di San Giovanni Battista – Castelvetrano
Mercoledì 22 giugno 2011 – ore 21:00
REGIA DI LEONARDO SEIDITA
Direzione artistica di Giacomo Bonagiuso
con
VITA DI STEFANO
PEPPE PIPITONE
LEONARDO SEIDITA
e con
FEDERICA BUCCA
LUCREZIA PACE
LETIZIA CALCARA
VALTER SARZI SARTORI
MARTA QUINCI
MIRIAM BUTERA
SABINE DUBOURG
SILVIA CASOLA
VITALBA SCIACCA
SALVINO MARTINCIGLIO
AUTORE. Giacomo Bonagiusonota di regia
Concepire la Regia di Giordano, a partire dal “Dramma sacro del Battesimo di Nostro Signore Gesù Cristo nel fiume Giordano” di Don Marco Maria Renda, ha significato la costruzione di un “Laboratorium” di ricerca attoriale che coniugasse corpo, parola ed azione da un lato e rappresentazione logodrammatica dall’altro; “Laboratorium” in cui ci si potesse accostare, silenziosi e in ascolto, alla potenza trasformativa delle Immagini archetipiche e dei Simboli della Trasformazione presenti nel testo complesso e vivo del Dramma sacro. Immagini e Simboli fondanti la nostra Identità e che ai tempi dell’Homo Oeconomicus, rischiano continuamente di essere ridotti meramente alla loro valenza storica di Segno.
L’Acqua del Giordano come simbolo trasformativo, sarà elemento fondante e strutturante la messa in scena. Acqua che nel suo scorrere si dipana nell’Ichthýs, che traccia e disegna lo spazio scenico e stabilisce traiettorie all’azione. Acqua che si perde, collima, tracima ed inonda, in una “Conjuntio oppositorum”, l’elemento Deserto, che nelle sue accezioni terrifiche di prosciugamento della Vita, rimanda al senso dell’Ombra, dell’Oscuro, del Leviatano onnivoro. Ed è all’interno di questa cornice amplificante di corpi, suoni, immagini e luci che Giovanni ed il Cristo adempiono al sacrificio pattuito.
Personaggio complesso per la definizione “moderna” emergente dal testo di Don Marco Maria Renda è il Satana. Questo in Giordano, attraverso il Logodramma, diviene voce indefinita, insidiosa e potente proprio perché irrintracciabile, della Folla. Folla che quando costituita tende a far disperdere irrimediabilmente il senso del pensiero cosciente in una deresponsabilizzazione collettiva che diviene espressione del “male”.
Lasciare che il discorso narrativo prendesse corpo e forma in rappresentazione ha comportato quindi, continuamente, l’attraversamento di quel processo unificatore del Synballein quale portatore di un plusvalore semantico: un “segno” speciale che si distingue per un “più senso”. Ed ecco perché la spiegazione totale del discorso rappresentativo rischierebbe, in definitiva, di produrre un simbolo “morto”, che sopravvivrebbe ancora una volta come segno.Leonardo Seidita
l’anno scorso ho visto quello su Erode, nella Chiesa, ed è stato meraviglioso, bravissimi gli attori, bellissimo lo spettacolo. Spero che quest’anno le emozioni di questa Festa del Nostro Patrono San Giovanni possano essere sempre forti e convolgenti. Viva Castelvetrano Viva San Giovanni.
Presi come siamo dal pragmatismo assoluto della quotidianità è molto bello assistere a manifestazioni di questo tipo, che fanno pensare, e che dovrebbero farci riflettere sul motivo della nostra esistenza, e sulla reale necessità di pensare agli altri.
Non perchè siamo “buoni”, ma per confrontarci, per cercare di diventare migliori di quanto siamo: che l’acqua del Giordano possa scendere su ciascuno di noi, e che possa sempre illuminare il nostro cammino.
Bravi, bravi, bravi….
Luigi
Lo scorso anno, sono rimasto turbato ed esterefatto per lo spettacolo presentato da Giacomo Bonagiuso, su Erode e la sua pazzia. Ricordo che sono uscito dalla chiesa coi brividi per l’interpretazione dell’attore protagonista davvero molto bravo ma di cui non so il nome. Ricordo i commenti positivi sull’idea innovativa proposta da Don Renda, e su come questa sia stata resa magistralmente e fruibile per gente che magari non è abituata al teatro impegnato. Ho letto con attenzione le note del direttore artistico Bonagiuso e del regista Seidita, e lasciano entrambi ben sperare in un’ennesima bella ed intensa serata. In bocca al lupo al cast, al regista e a chi permette tutto questo a Castelvetrano. Grazie.
Carissimo Michele, il nome dell’attore è Leonardo Seidita, che è il regista dello spettacolo di quest’anno. Grazie infinite per i tuoi complimenti e speriamo che il nostro lavoro non ti deluda mai. Giacomo Bonagiuso
Da quando è iniziato questo modo nuovo di fare il teatro a Castelvetrano, magari sopporto meglio l’isolamento culturale che spesso abbiamo come paese. A volte, però, ho visto cose al teatro Selinus così avanti, che mi fanno respirare. L’anno scorso io non dimenticherò il dramma sacro di don rende, e la versione che il bonagiuso ne ha dato dentro la chiesa. Spero che tutto questo aiuti i nostri giovani a trovare lo spazio che meritano, perché il teatro può aiutare davvero tutti a crescere, specialmente se è un teatro così sofisticato, colto, ma contemporaneamente che arriva dritto alle emozioni e al cuore della gente semplice. Io a volte ho visto il cosiddetto teatro impegnato che fa dormire; e credevo che anche questo facesse lo stesso effetto. Poi ho capito che – come ha detto ad una conferenza al Liceo Scientifico lo stesso Bonaggiuso – esiste solo il teatro bello e il teatro brutto. Io ci sarò ad applaudirvi, in chiesa. Bravi tutti.
…e anche questa volta, gentile Giacomo Bonagiuso, il vostro lavoro non ha deluso. La mia famiglia ed io non potevamo mancare e ho visto inchiodato alla panca della splendida chiesa di San Giovanni, il Giordano del regista Leonardo Seidita. Lo spettacolo è stato a mio umile parere come una grande macchina, con molti ingranaggi che giravano meravigliosamente bene; ognuno di questi ingranaggi ero uno spettacolo a se. Messi insieme era così complesso cogliere l’enormità di quella macchina che ci si emozionava solo nel tentativo di farlo. Ci ha colpito quel telo tra i nostri piedi, quell’acqua che schizzava, quei satana messi in mezzo a noi, che confondevano e facevano perdere l’orientamento, quegli effetti sonori e visivi con le belle musiche e le luci. Ma la parte che più ci ha commosso e lasciato quasi a bocca aperta è stato l’incontro e l’abbraccio tra il fiume e giovanni battista e poi quei ragazzi a terra facevano davvero terrore. Ho riconosciuto il bravissimo attore che ha fatto Erode e la sua follia, la sua voce era molto piena ed emozionante. Bravo e coraggioso anche come regista. Mi è dispiaciuto non vedere il Nostro Sindaco e coloro che dicono di fare cultura a Castelvetrano, a questi ultimi avete dato un grande esempio. Speriamo al prossimo anno!