Mentre i contenziosi nella formazione professionale si moltiplicano, il dirigente generale di questo dipartimento della Regione siciliana, Ludovico Albert, sminuisce il fenomeno. O almeno si sforza di farlo. E, quel che è peggio, si è diffusa una strana ed incontenibile rincorsa, per certi versi sfrenata, a chi la racconta più grossa. Tutto “fa brodo” pur di distrarre l’opinione pubblica dalla perdita di un miliardo di euro, soldi destinati alla Sicilia da Bruxelles con il Fondo sociale europeo e finiti chissà dove.
“Il Fondo sociale europeo funziona ad accantonamento”, ricorda il dirigente generale del dipartimento regionale Istruzione e Formazione professionale tutte le volte che qualcuno osa affrontare il tema. La Sicilia perde un miliardo di euro e tutto va bene. Tanto c’è sempre tempo per recuperarne una parte.
Ma se oggi Raffaele Lombardo, presidente della Regione siciliana, si dovesse dimettere a chi dovremmo trasferire la responsabilità di avere causato un danno irreparabile all’intera Sicilia? Proviamo a fare qualche calcolo.
All’esordio del tandem formato da un duetto super tecnico e composto da Mario Centorrino – già assessore regionale all’Istruzione e alla Formazione professionale (oggi carica ricoperta da Accursio Gallo) – e da Ludovico Albert – esperto dirigente al dipartimento Istruzione e Formazione professionale, la Sicilia comincia a perdere pezzi. Gli avvisi n. 7 e n. 8 vengono ritirati in autotutela. Perché?
Oggi gli enti titolati da una graduatoria definitiva che ne aveva finanziato il progetto presentano il conto con una sfilza di azioni risarcitorie. Alla faccia della verità circa il numero irrisorio di ricorsi contro l’Amministrazione Attiva! Il danno è stato calcolato in 320 milioni di euro. Somme del Fondo sociale europeo che attendevano di essere spese dopo il vaglio della Corte dei Conti. E’ pur vero che sono posti diversi rilievi dalla magistratura contabile. Ma i tecnici, anziché prodigarsi per superarli, hanno optato per la strada più breve: ritirarli.
In tanti si sono chiesti: ma c’era bisogno di scomodare tecnici super pagati per azzerare due bandi pubblici? Qualcuno ha ipotizzato – in epoca recente – che servissero per “rastrellare” denaro “pronto uso” per la copertura al mega bando triennale, da circa 900 milioni di euro, conosciuto come Avviso 20. Ma neanche questo è vero. I fatti hanno sconfessato questa corrente di pensiero.
Altri allora, più audaci, hanno pensato che servissero per racimolare un miliardo di euro da stornare ad altre regioni più bisognose della Sicilia. Ma neanche questo risulta a verità. Infatti, l’Avviso 20 è ancora senza copertura per il primo anno. Le successive annualità sono totalmente sprovviste di copertura finanziaria. Ma c’è tempo.
E il miliardo di euro perso – stando alle parole di Albert – non è preoccupante, tanto una parte la si recupera. Ma a che gioco giochiamo? La Sicilia affossa e le istituzioni regionali cincischiano?
La verità, siamo nella terra di Pirandello, è proprio quella che non si dice. Ovvero, per citare un passo del maestro siciliano: “…non esiste una verità, che ci sono tante verità quanti sono gli uomini in ogni distinto momento della loro vita. Un caos quindi. E anche questo si sa. Ma noi, ed ecco il dramma, viviamo come se non si sapesse e predichiamo la coerenza, la fermezza dei principi, la forza della coscienza, l’accordo sul significato delle parole…”.
La rilettura di un passo dello scrittore siciliano appare coniugarsi fedelmente con “il dire” del piemontese Ludovico Albert e con il caos. Sì, il caos amministrativo che regna nella gestione del dipartimento Istruzione e Formazione professionale da due anni. E se qualcuno volesse curiosamente capirne il perché, lo invitiamo pazientemente a leggere il seguito dell’articolo.
In un comunicato diramato il 30 luglio 2012 dall’ufficio stampa della presidente della Regione si legge: “Il Dipartimento Regionale dell’Istruzione e della Formazione Professionale rende noto che, ad oggi, sono 15 i ricorsi al Tar presentati contro l’Avviso 20 (2011) da parte di altrettanti Enti di Formazione Professionale e, in proposito, non è stata registrata alcuna pronuncia sfavorevole nei confronti dell’Amministrazione. Ogni altra notizia al riguardo è pertanto infondata, compresa quella, diffusa nei giorni scorsi, relativa all’Enaip di Caltanissetta”.
Come mai, allora, il Tar Sicilia ha riammesso, in via cautelare, l’Ente di formazione di Caltanissetta?
Sul quotidiano online www.normanno.com, dello scorso 28 luglio, la redazione messinese paventa il rischio che vada in fumo anche l’Avviso 20. E motiva l’affermazione: “Le prime anticipazioni agli enti stanno avvenendo con prenotazione di spesa e senza copertura economica”.
Siamo sempre di più a pensarla alla stessa maniera. Al caos pirandelliano presto potrebbe sostituirsi il dramma sociale di 7.300 lavoratori siciliani senza lavoro.
Giuseppe Messina
AUTORE. Giuseppe Messina
È nota la domanda che Ponzio Pilato rivolse a Gesù nel pretorio: “Che cos’è la verità?”. Dal Vangelo di Giovanni (18, 37-38) sappiamo che non ci fu una risposta. Forse perché mancò il tempo a causa dell’affanno del magistrato romano (“E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei…”) o perché quell’Uomo che di lì a poco verrà crocifisso aveva già detto tutto. Fatto sta ancora oggi cerchiamo di rispondere al quesito, senza trovare un accordo.
I filosofi greci chiamarono la verità “episteme”, una parola che, dal verbo “istemi” che vuol dire “sto” e da “epi” che vuol dire “su”, vuol dire “ciò che sta su”, ciò che si impone da sé, e che quindi non ha bisogno di appoggiarsi all’autorità di chi parla come accade nel linguaggio religioso, né alla persuasione seduttiva a cui ricorre il dire retorico, né alla mozione degli affetti come accade al linguaggio poetico.
Nella pòlis di Atene del V secolo avanti Cristo si contrappone alla parola autoritaria il dialogo in cui si confrontano le opinioni dei partecipanti e alla tirannide la democrazia dove nell’agorà si confrontano le opinioni dei cittadini. La democrazia ateniese fu definita in modo del tutto esplicito come una costituzione (politeia) che garantisce: l’isegoria che è il diritto di parola, l’isonomia che è il diritto per tutti di partecipare all’esercizio del potere, e la parresia che è il diritto-dovere di dire la verità. Nella parresia si suppone che non ci sia differenza tra ciò che uno pensa e ciò che dice. Per un corretto impiego della parresia è necessario che chi vi ricorre abbia delle qualità morali e soprattutto il coraggio di correre un rischio o un pericolo conseguente a ciò che dice.
Usare la parresia, dire la verità, quando non diventa un gioco di vita e di morte come nel caso di Socrate, resta pur sempre una sfida al potere. Per il greco antico questo esercizio è autentico solo quando chi lo esercita corre qualche rischio, in caso contrario è cattiva parresia, un facile gioco in cui ciò che si esprime non è tanto la verità quanto la propria irritazione che, non prevedendo costi, può essere detta gratuita.
Lombardo ha tradito oltre otto mila lavoratori della formazione professionale. Non merita fiducia ne’ consenso.