«Me l’aspettavo». Furono le ultime parole pronunciate con un filo di voce da padre Pino Puglisi davanti alla pistola impugnata da Giuseppe Grigoli. Era la sera del 15 settembre 1993.

Dopo 17 anni la memoria e il coraggio del parroco di Brancaccio vengono ricordati a Palermo con una fiaccolata che si è svolta ieri sera per le strade del quartiere e una messa presieduta oggi dal cardinale Salvatore De Giorgi, ex arcivescovo della città. I killer erano attesi dal sacerdote che era perfettamente consapevole del pericolo al quale si era esposto con la sua azione di recupero dei giovani del quartiere sottratti al dominio del clan dei Graviano. Fu proprio quest’opera di rigenerazione delle coscienze ma anche di affermazione della legalità che decretò la condanna a morte di don Puglisi, divenuto subito il simbolo dell’impegno sociale della chiesa in un territorio controllato dalla mafia.

E per questo nel 1999 il cardinale De Giorgi ha aperto la causa di beatificazione proclamando padre Puglisi «servo di Dio». La prima fase del processo si è conclusa nel 2001; da allora il fascicolo è all’esame della Congregazione per le cause dei santi in Vaticano. Ora un gruppo di associazioni cattoliche ha lanciato al papa, che verrà in visita a Palermo il 3 ottobre, un appello perchè il processo vada avanti con il riconoscimento che la figura di don Pino era illuminata dalla fede.

«In questa nostra terra di Sicilia – scrivono le associazioni nella lettera inviata al segretario di Stato Tarcisio Bertone – il riconoscimento ecclesiale di questo martirio ha valore di segno e costituisce una svolta verso una pietà popolare orientata alla esemplarità evangelica». Padre Puglisi era stato nominato parroco della chiesa di San Gaetano, a Brancaccio, il 29 settembre 1990. Nel gennaio 1993 aveva aperto il centro «Padre Nostro», diventato in breve tempo punto di riferimento per i giovani e le famiglie del quartiere. Aiutato anche da un gruppo di religiose, tra cui suor Carolina Iavazzo, e dal viceparroco, Gregorio Porcaro, aveva avviato una collaborazione con i laici dell’Associazione Intercondominiale per rivendicare i diritti civili della borgata, denunciando collusioni e malaffari e subendo minacce e intimidazioni. Don Pino fu ucciso sotto casa, in piazzale Anita Garibaldi, nel giorno in cui compiva 56 anni. La sua attività pastorale – come è stato ricostruito anche dalle inchieste giudiziarie – ha costituito il movente dell’omicidio.

Gli esecutori e i mandanti mafiosi, legati alla cosca mafiosa di Filippo e Giuseppe Graviano, sono stati condannati con sentenze definitive: ergastolo per i Graviano, Gaspare Spatuzza (che spalleggiava il killer e poi ha raccontato i retroscena del delitto), Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro e Luigi Giacalone. Oltre a Spatuzza anche Grigoli è diventato collaboratore giustizia: la sua scelta, che ha preceduto quella di Spatuzza, gli Š valsa una condanna a 16 anni. A partire dal 1994 il 15 settembre, anniversario del delitto, segna l’apertura dell’anno pastorale della diocesi di Palermo. E anche un «Archivio Puglisi» di scritti editi e inediti, registrazioni, testimonianze e articoli è stato costituito presso il Centro diocesano vocazioni in via Matteo Bonello a Palermo.

(ANSA)

AUTORE.   ANSA