«Ha puntato il muso tra le macerie, si è fermato e mi ha lanciato il segnale: qui sotto, sepolto da detriti di cemento, c’è una persona…». Queste le parole di Benedetto Pirrello, di Alcamo, 55 anni, da 30 nel Corpo dei Vigili del Fuoco durante una pausa di riposo dopo ore di lungo lavoro alla ricerca di sopravvissuti col suo fido pastore tedesco, Zora.

unita cinofile amatrice

Negli scorsi giorni, hanno scavato tra le macerie con la speranza di trovare persone vive. Lui e Zora sono una delle sole sette unità cinofile dei Vigili del Fuoco in Sicilia: per il ministero dell’Interno sono una cosa sola.

Insieme vengono chiamati «unità cinofila », cioè il cane e il suo conduttore. Ma dietro questo nome che la burocrazia ha imposto, c’è la storia indissolubile di un amico a quattro zampe e del suo padrone. Ed è una storia che in questi giorni si intreccia col dolore del terremoto che ha colpito Amatrice, fatto di sopravvissuti e di morti, di speranze svanite e di solidarietà.

«Il Comando regionale ci ha chiamati e con altri due colleghi di Palermo ed Enna siamo arrivati in macchina qui l’indomani delle scosse terribili – racconta Pirrello– noi e i nostri cani». Sono arrivati nell’inferno delle macerie per cercare, disperatamente, di trovare persone vive. È il respiro dell’uomo, quello che sentono questi cani addestrati come Zora, sette anni, una femmina di pastore tedesco che ha percorso chilometri sui ruderi al comando di Benedetto. La prima volta per questo cane su un sito colpito dal terremoto.

«Loro vengono addestrati nella ricerca di uomini, donne, bambini e anziani – spiega Benedetto –, fiutano e quando avvertono qualcosa rimangono fermi sul posto abbaiando insistentemente per attirare la nostra attenzione». In questa , dove la notte si è fatta giorno, la speranza di Zora e il suo conduttore di trovare persone vive è stata vana: il pastore tedesco ha localizzato, purtroppo, solo cinque vittime poi estratte dalle macerie:

«Ha iniziato a girare sul posto e abbiamo subito capito che sotto i detriti c’era qualcuno», dice con l’amaro in bocca Benedetto. Non si stanca mai Zora, sempre a fianco al suo padrone. Dal 2009 è ufficialmente un cane brevettato per il soccorso.

«L’addestramento deve essere basato tutto sul gioco – racconta Pirrello–, si inizia col tradizionale lancio delle palline o di cosa piace a lui poi associandolo alla persona. Di seguito sui campi con la presenza di umani sotto cumuli di macerie creati apposta e lui che deve muoversi ai comandi. Per ogni azione compiuta bisogna premiarlo con qualcosa da mangiare». Nascono così i cani soccorritori che, spesso lontano dai riflettori, aiutano concretamente i Vigili del fuoco nelle emergenze e nelle calamità naturali. Il loro linguaggio è l’abbaio ma c’è anche una mimica che solo il padrone riesce a interpretare.

«Sembrerà strano ma noi riusciamo a capire i nostri cani dai movimenti che fanno una volta avvistata qualcosa – dice Benedetto – ed è quella l’ora di intervenire». Scavare subito tra le macerie oppure entrare nelle grotte dove qualche persona si è dispersa. Come successo a Zora nel 2014 nella zona di Catania per cercare un uomo che, andato lì per raccogliere funghi, non si trovava più. O, nel 2015, nell’Ennese per trovare un disabile mentale che era finito in una grotta. Interventi riusciti con successo e per Zora è bastata una manciata di croccantini. Chissà se per i cani addestrati salvare una vita umana resta un gioco. Loro dal padrone non si allontanano mai. «Ecco, c’è una ragione sul perché si dice che l’amico a quattro zampe è fedele al padrone» racconta Benedetto. Fra qualche giorno torneranno in Sicilia, ad Alcamo, lì dove vivono.

«Stiamo di stanza presso il distaccamento di Alcamo – dice Pirrello– dove ho creato un mini campo di addestramento. Poi, per qualsiasi emergenza che richieda l’interven – to delle unità cinofile, ci muoviamo in tutta la Sicilia». Finito l’orario di lavoro, Benedetto torna a casa col suo cane. Il ministero glielo ha affidato in comodato ed è l’ente a garantire cibo e veterinario . «Zora vive con la mia famiglia, non la lasciamo mai da sola e, in casi davvero eccezionali, la affidiamo ai colleghi di Palermo. I miei cani in pensione non ci andranno mai…».

Lo sguardo di Benedetto ad Amatrice si è incontrato con tante persone: sopravvissuti, colleghi, volontari, «in queste occasioni non ti stanchi mai, non vorresti fermarti se pensi al valore di una vita da salvare e la migliore gratificazione è nelle parole delle persone, nelle silenziose strette di mano». Per Zora bastano, invece, le carezze. Poche ore di riposo e, quando il comando del padrone si fa vivo, di nuovo sulle quattro zampe per tornare a cercare tra le pietre e i ruderi. Perché la speranza è una candela che non si spegne mai.

di Max Firreri
per GdS

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