L’Istituto Einaudi per l’Economia e la Finanzia ha previsto un modello statistico secondo cui la fine dei contagi dovrebbe aggirarsi in Italia attorno al 14 Aprile e, verso i primi di Maggio, si dovrebbe giungere alla situazione di zero diagnosi. Da quanto emerge dai calcoli elaborati dall’Istituto, che si basano sui dati forniti giornalmente dalla Protezione Civile, il periodo di azzeramento si dovrebbe attestare tra il 5 e il 16 Maggio.

Nella fattispecie,  sulla base dei dati raccolti il 29 Marzo, è anche possibile fornire delle stime riguardo le singole regioni e per la Sicilia, la data indicata dalla previsione è quella del 14 di Aprile.
Le regioni che dovrebbero uscire per prime dal tunnel Coronavirus sono quelle del Trentino Alto Adige, della Liguria, l’Umbria, la Basilicata e la Valle d’Aosta (attorno il 7-9 Aprile); la Puglia, il Friuli Venezia Giulia e l’Abruzzo vedranno la fine tra il  9 e l’11 Aprile; seguirà poi il Veneto e la Sicilia (il 14) e in successione Piemonte, Lazio, Calabria (tra il 15 e il 17). Più tardivo sarà invece l’azzeramento per la Campania e la Lombardia ( 20-22 Aprile) e, come fanalino di coda, rimarranno Emilia Romagna e Toscana ( rispettivamente 28 Aprile e 5 Maggio).

Questo azzeramento ipotizzato sarà reso possibile solo se nei 14 giorni antecedenti a queste date non ci saranno ulteriori contagi e, per questo motivo, la proiezione verrà rivista e ripubblicata giornalmente sul sito dell’Eief in modo tale da garantire una misurazione più accurata e aggiornata e, grazie a questo, sarà possibile  fornire al governo una stima utile al fine di stabilire una eventuale nuova data per la riapertura del Paese.

«Va notato – ha detto Franco Peracchi, nonchè l’autore dello studio, citato da Corriere.it – che il numero dei casi in questo momento non è pari al numero degli abitanti del Paese attualmente infettati, ma solo a quello di coloro che sono risultati positivi al test. La quantità di persone attualmente infettate è probabilmente maggiore di un intero ordine di grandezza. Inoltre, la proporzione fra i casi positivi e il numero di persone infettate in ogni momento dato non va considerata costante, perché i criteri e l’intensità dei test variano nel tempo e fra regioni».

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